"Moriremo tutti", urlano i migranti in mezzo al mare. Ma in Libia non risponde nessuno
Almeno otto dispersi, altri venti alla deriva. Ma il centro di coordinamento dei salvataggi di Tripoli è investito dai combattimenti di questi giorni
Stamattina un'altra imbarcazione con a bordo una ventina di migranti ha comunicato di essere in difficoltà. Il barcone si trova a 23 miglia dalle coste della Libia ed era partito da Abu Kammash, a pochi chilometri dal confine con la Tunisia. Il motore si è rotto, almeno otto persone sono cadute in acqua e attualmente sono disperse. Moonbird, l'aereo dell'ong tedesca SeaWatch, ha individuato il barcone alla deriva (vedi mappa in basso) e ha comunicato la sua posizione anche alle autorità tunisine. Nessuno al momento ha risposto alla segnalazione inviando dei soccorsi.
10 ore fa abbiamo informato le autorità della barca in pericolo ! A quanto riferito 8 persone sono disperse. Nessuno sforzo è stato fatto per cercarle e soccorerle. Senza dubbio, se i dispersi fossero europei e bianchi una #operazionedisalvataggio sarebbe già stata effettuata. pic.twitter.com/yOuDkgLNfP
— Alarm Phone (@alarm_phone) 10 aprile 2019
Un'altra ong, Mediterranea - Saving Humans, ha condiviso sui social network un audio molto inquietante, con la registrazione della telefonata fatta dalle persone a bordo del barcone ad AlarmPhone, la piattaforma che riceve gli allarmi lanciati dai migranti. "Stiamo morendo. Moriremo in mare. Moriremo in Libia e in Tunisia. Se non arriveremo in Italia moriremo tutti", grida qualcuno al telefono.
La disperata supplica di uno dei naufraghi del gommone in avaria a largo della #Libia ricevuta da @alarm_phone. Il mare vuol dire morte, la Libia vuol dire morte. L'unica speranza di queste 20 persone, tra cui donne e bambini, è arrivare in Europa. Vorremmo essere là per salvarli pic.twitter.com/OGE3bya9za
— Mediterranea Saving Humans (@RescueMed) 10 aprile 2019
In Libia negli ultimi giorni i combattimenti tra il governo riconosciuto dalla comunità internazionale, quello guidato da Fayez al Serraj, e il generale Khalifa Haftar, leader della Cirenaica, sono arrivati a Tripoli. Solo nelle ultime 24 ore, le Nazioni Unite hanno contato altri 1.675 sfollati, tra cui diversi migranti. Il totale dei profughi sale così a circa 4.500 persone e tende ad aumentare. Anche l'aeroporto a sud della capitale (oltre a quello di Mitiga, che ora è stato parzialmente riaperto) è rimasto coinvolto dagli scontri e dai bombardamenti dell'aviazione di Haftar. Proprio qui ha sede il JRCC libico (foto in basso), cioè la sala di coordinamento della cosiddetta Guardia costiera di Tripoli ed è difficile immaginare che questa sia ancora operativa.
Da mesi il JRCC ha dato prova di una notevole inefficienza. Le ong che operavano nel Mediterraneo hanno denunciato più volte che i loro tentativi di entrare in contatto con la sala operativa libica spesso sono falliti: o non rispondeva nessuno o il personale parlava solo lingua araba. I componenti della Guardia costiera sono dei miliziani che hanno garantito la loro fedeltà al presidente Serraj, pur restando indipendenti dal governo. Proprio l'autonomia di queste milizie e lo scarso controllo su di esse da parte delle istituzioni hanno permesso che i crimini compiuti nei confronti dei migranti nei campi di detenzione andassero avanti col passare dei mesi.
La mappa dei combattimenti in Libia al 9 aprile 2019 e dei movimenti interni degli sfollati (fonte: Ocha - UN)
Dell'approssimazione con cui sia stato messo in piedi il comando della Guardia costiera libica è cosciente anche l'Unione europea, che da tempo sostiene il piano dell'Italia di delegare la sorveglianza del Mediterraneo in modo esclusivo ai libici. Per farlo, l'Italia e l'Ue hanno tentato di potenziare i miliziani di Tripoli fornendo motovedette (quelle usate dalle milizie arrivano tutte dall'Italia), garantendo finanziamenti in ambito Eurosur (il sistema di sorveglianza delle frontiere terrestri e marittime dell'Ue) e contribuendo a creare entro il 2020 un vero comando di coordinamento MRCC, come quelli operativi in molti paesi membri dell'Organizzazione marittima internazionale (Imo). Fino a oggi, però, l'indirizzo mail dell'MRCC di Tripoli è un account Gmail (l'indirizzo è [email protected]) con un livello di protezione assolutamente non idoneo alla condivisione di informazioni con le autorità del resto del Mediterraneo. Probabile allora che le telefonate alla Guardia costiera libica resteranno inascoltate ancora per molto tempo.