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Quante bugie sull'Europa, pure mentre brucia Notre-Dame

Alastair Campbell

I brexiteers, Trump, Bannon. Qualcuno di questi leader ha espresso la propria partecipazione vedendo il rogo a Parigi? No, perché era uno choc della Francia

Mentre Notre-Dame bruciava, il ministro degli Esteri inglese, Jeremy Hunt, ha diplomaticamente tuittato la sua partecipazione: “Penso a tutti i nostri amici in Francia dopo l’incendio devastante… straziante per i milioni di persone in tutto il mondo che amano questa grande cattedrale e questa grande città”. Si sono riversati da tutto il globo messaggi simili, dal consiglio monomaniacale di Donald Trump su come spegnere l’incendio ai pensieri più compassionevoli ed empatici, come quello di Angela Merkel che, cosa rara per lei che preferisce sempre parlare in tedesco pure se parla bene molte lingue, ha espresso il suo sostegno in francese.

  

 

Qualche ora prima, Jeremy Hunt aveva dato un senso molto diverso ai suoi sentimenti per la Francia. Era in Giappone, cercava di spiegare la Brexit a degli studenti. “Molti paesi nell’Unione europea – ha detto – hanno una visione dell’Ue che prevede che un giorno l’Europa diventi un paese unico, come gli Stati Uniti d’America. E pensano che così l’Europa possa essere più forte. Ma il Regno Unito ha una visione diversa della propria storia: saremo sempre indipendenti”. Ci sono due cose da notare in questa frase. La prima: è una bugia. La seconda: anche prima che il rogo di Notre-Dame diventasse una notizia, pur essendo una bugia le frasi di Hunt non erano quasi presenti nei notiziari inglesi. Benvenuti nell’Inghilterra di Trump, dove la verità di una dichiarazione di un politico importa meno delle sue intenzioni e del suo impatto.

 

Anche con il tweet di Hunt, possiamo continuare su questo filone, come probabilmente hanno fatto alcuni parlamentari quando si sono uniti a un raro applauso per la laburista Rosie Cooper, quando ha parlato delle minacce di morte che ha ricevuto: “Stavo per essere uccisa per aver mandato un messaggio al governo, per aver mandato un messaggio a tutti voi. Le nostre libertà, il nostro modo di vivere, la nostra democrazia sono minacciate e dobbiamo fare tutto ciò che è possibile per difenderli”. L’unità dei Comuni in quell’applauso è stata un raro attimo di luce in una politica assediata dal buio. Non c’è luce quando il nostro sistema giudiziario viene definito “nemico del popolo”. 

 

Non c’è luce quando chiunque metta in discussione la Brexit viene definito “sabotatore o traditore” dalla destra e dai media; non c’è luce quando i funzionari vengono attaccati dai parlamentari, e anzi c’è ancora più buio quando i ministri non li difendono; c’è qualche barlume quando il comitato elettorale dice che il Vote Leave ha violato la legge, ma la luce scompare quando il premier e il leader dell’opposizione decidono che non è importante; non c’è luce quando la difesa (fallimentare) del quotidiano Daily Telegraph sulle comprovate bugie di Boris Johnson, che era agli Esteri prima di Hunt, dice che si tratta di “analisi chiaramente polemiche e ironiche, empiriche e approfondite di questioni di fatto”; non c’è luce quando la Bbc gioca al gioco di Nigel Farage dandogli ampio spazio mentre dice, lanciando il suo nuovo partito Brexit, che “è il momento di gettare il timore di Dio sui nostri parlamentari”. I parlamentari amano Rosie Cooper, la sua vita salvata da un’operazione dell’intelligence nel mondo dell’estrema destra? I parlamentari amano Jo Cox, uccisa da uno di questi estremisti prima del referendum del 2016, quando Farage celebrò la vittoria ottenuta “senza che fosse sparato nemmeno un colpo”? Lui sapeva benissimo cosa stava facendo. E la Bbc?

 

Se ogni generazione ha la sua ora più buia, il suo mese più buio, il suo anno più buio, ecco credo che questo sia il nostro. Ed è quello che molti vogliono. “Il buio è un bene”, ha detto il suprematista bianco Steve Bannon, architetto dell’America di Trump, al cui cospetto si accucciano Johnson e Farage, ossequiosi.

 

Non metto Hunt nello stesso calderone di Farage o Johnson. Ma la sua “lezione sulla Brexit” agli studenti giapponesi mostra che c’è tutto il potenziale per finirci, in quel calderone, visto che sei mesi fa ha fatto il paragone grottesco tra l’Ue e l’Unione sovietica. Come i suoi colleghi di governo, come i suoi ex colleghi Johnson e Dominic Raab, e altri ancor meno adatti a diventare premier, Hunt è coinvolto in una gara di pseudo-leadership, mentre siamo in una crisi nazionale. La sua reale visione, come aveva detto durante la campagna referendaria, rimane questa: “Credo che staremo meglio e più sicuri se rimaniamo nell’Ue”. Ma questa visione, soprattutto ora, è un anatema per i membri dei Tory che decideranno il nostro nuovo premier quando le mani di Theresa May saranno finalmente tolte dalla corona.

 

Qualcuno di questi leader ha espresso la propria partecipazione all’Europa vedendo il rogo di Notre-Dame? No, perché era uno choc della Francia. Emmanuel Macron è andato a Notre-Dame come un “One Nation European”? No, è andato come presidente della Francia.

  

“Vorrebbero che un giorno l’Europa diventasse un unico paese”. Chi sono questi che vorrebbero tale cosa? Fanno parte della panoplia euroscettica di bugie, assieme ai burocrati non eletti che secondo loro prendono tutte le decisioni, assieme alle “enormi somme di denaro” che mandiamo in Europa e che dovremmo invece spendere per il nostro sistema sanitario, la bugia che più di tutte ha contribuito a determinare l’esito del referendum del 2016. Hunt ha mostrato che, se c’è bisogno, si schiererà con i bugiardi, quando dei veri leader dovrebbero piuttosto metterli in discussione.

 

Può fare il nome di un politico francese disposto a rinunciare a “liberté égalité fraternité” per far parte di un unico paese europeo? Può fare il nome di un tedesco che voglia considerare Bach, Beethoven, Einstein, Bauhaus, il Bayern Monaco, la Volkswagen, il Bratwurst o la Weizenbier europei invece che tedeschi? E questa caricatura come si combina con l’ascesa di Matteo Salvini in Italia o di Viktor Orbán in Ungheria, che vogliono spezzare l’Ue in nome di un nazionalismo di estrema destra?

 

Une mensonge, signor Hunt. Eine Lüge. Una bugia. Egy hazugság. うそ

 

Mr Hunt, lei ha mentito. Possiamo dirla come vogliamo: ha mentito. Lei è andato fin in Giappone a mentire a degli studenti per soddisfare le pretese dei Tory. Lo ha fatto in parte perché Trump e la Brexit le hanno mostrato che si può fare. Menti e non succede nulla. Menti e anzi hai successo. Come diceva John F. Kennedy: “Il grande nemico della verità non è la bugia, deliberata, pianificata, disonesta, ma il mito, persistente, persuasivo e irreale”. Come il mito che “un no deal è meglio di un brutto deal”, nonostante innumerevoli report sui pericoli, compreso l’innalzamento del 10 per cento dei prezzi del cibo, la reimposizione di regole sulla Irlanda del nord, una recessione e una svalutazione della sterlina più gravi di quanto accaduto nel 2008. La May può fare un inchino e guardare al caos in cui si è ritrovata.

 

La stessa cosa vale per la mancanza di responsabilizzazione dei politici agli estremi convinti di poter mentire senza che ci siano conseguenze. Presenta il mito e astieniti dal dire la verità. Come piace a Bannon. Ma come accade con Trump o con gli architetti della Brexit, questi politici non sono più ai margini, sono nel centro del palco. E gli Hunt di questo mondo hanno chiaramente deciso: “Se non puoi batterli, unisciti a loro”. Questo è triste, è pericoloso e deve essere denunciato e sconfitto a ogni passo.

 

Alastair Campbell è ex capo della comunicazione di Tony Blair, oggi fa campagna per un nuovo referendum sulla Brexit