Joseph Mifsud, il docente maltese che secondo l’indagine del procuratore Mueller ha avuto un ruolo chiave nel Russiagate.

L'avvocato di Mifsud ci spiega cosa c'entra la Link con il Russiagate

Luciano Capone

La conferma (con copertura) dell’incontro con Papadopoulos nell’università romana. Parla il legale del Prof. scomparso nel nulla

Roma. “Mifsud non è una spia russa, è una vittima. Si è nascosto ed è in silenzio perché sotto minaccia. E’ ancora in pericolo”. E poi: “E’ Vincenzo Scotti che gli ha chiesto di gestire la cena con Papadopoulos. Ma lui non ha mai parlato delle email della Clinton”. E ancora: “I suoi amici della Link Campus gli hanno organizzato un posto fuori Roma per nascondersi nel novembre/dicembre 2017 e sono stati in contatto con lui almeno fino a gennaio 2018. Abbiamo chiesto molte volte alla Link delle spiegazioni sulla sua scomparsa, ma non abbiamo ricevuto una risposta”. Infine: “Io non ho nulla a che fare con il ‘Gruppo’ di società di consulenza, intelligence e sicurezza che appartiene ed è gestito dagli altri azionisti della Link e da Mifsud”. Sono risposte una più pesante dell’altra quelle che Stephan Rohl’avvocato di Mifsud, il “Professore” del Russiagate – dà in esclusiva al Foglio, ognuna delle quali apre tanti altri interrogativi che ora forse anche altri media non internazionali si porranno e a cui probabilmente qualcuno dovrà rispondere in maniera chiara. Perché si tratta dell’inchiesta più importante al mondo: il cosiddetto “Russiagate”, l’indagine sulle interferenze russe nelle elezioni americane e sulla possibile collusione con i russi di Donald Trump, l’inchiesta che da anni sta lacerando la politica e le istituzioni statunitensi.

   

  

 

   

Stephan Roh è un personaggio cruciale per capire il Russiagate, e in particolare cos’è successo qui da noi. Perché è a Roma, alla Link Campus, l’università dell’ex ministro dell’Interno Vincenzo Scotti, che c’è stato il primo contatto tra Joseph Mifsud e George Papadopoulos. Mifsud è il docente maltese scomparso nel nulla che, secondo l’indagine del procuratore Mueller, ha riferito al consigliere di Donald Trump che i russi erano in possesso di “migliaia di e-mail” imbarazzanti di Hillary Clinton e che poi ha messo in contatto Papadopoulos con un personaggio legato alla diplomazia russa. L’avvocato svizzero Stephan Roh, dicevamo, conosce molto bene questa vicenda perché ha una duplice veste: quella di azionista della Link Campus e soprattutto di avvocato di Mifsud, il professore che secondo quanto ha rivelato nei giorni scorsi il Foglio si è nascosto in una casa a Roma pagata dalla Link Campus. L’idea di Roh è che il “fake Russiagate” sia stato in realtà un complotto dei servizi segreti occidentali contro Trump. La tesi è acrobatica, non coincide con le evidenze raccolte da Mueller (secondo questa vulgata il procuratore sarebbe parte del complotto), ma l’avvocato può fornire elementi fattuali importanti per ricostruire cosa è accaduto. Prima di rispondere alle domande del Foglio, Roh fa alcune premesse sul suo duplice ruolo. La prima: “Abbiamo il 5 per cento della Global Education Management (Gem), la società che gestisce la Link University. Lo scopo del nostro investimento era di contribuire a sviluppare l’università e di venderla a un investitore di professione”. La seconda: “Non siamo coinvolti nel separato Gruppo di società di consulenza/intelligence/sicurezza gestite o appartenenti ad altri azionisti della Link e a Mifsud: Link International, Link Consulting, SudgestAid, Consortium for Research on Intelligence”. Infine: “Due mesi dopo la pubblicazione del nostro libro The Faking of Russia-Gate (scritto con un altro autore, ndr), a fine maggio, Mifsud si è recato nel nostro studio legale a Zurigo e ci ha dato il mandato di rispondere alla stampa e intervenire nei casi di diffamazione. Per questo rispondiamo alle vostre domande”.

Qual è la sua versione?Mifsud sostiene di essere una vittima, si è nascosto ed è in silenzio perché sotto minaccia. Conferma il nostro libro al cento per cento. Ha detto di essere stato falsamente accusato di essere una ‘spia russa’ per distrarre l’opinione pubblica e per sostenere il finto Russiagate. Al contrario, Mifsud è sempre stato un accademico rispettato e un membro dei circoli diplomatici e di intelligence occidentali. La Link ha rapporti e forma l’intelligence occidentale, e Mifsud è stato un insegnante fidato e un partner della Link per anni”.

    

 

  

Dov’è Joseph Mifsud? “Non sappiamo dove si trovi. L’ultima volta che l’abbiamo visto è stata nel nostro studio a Zurigo, alla fine di maggio 2018. Non abbiamo contatti con lui dalla fine dell’anno scorso”. Perché si nasconde? “Ha detto che gli è stato chiesto di stare in silenzio e nascosto finché il procuratore speciale Mueller non avesse finito il suo lavoro. Ha spiegato di essere stato costretto a restare in silenzio e a non parlare con la stampa, e per questo temeva per la sua vita. Abbiamo chiesto molte volte alla Link delle spiegazioni sulla sua scomparsa, ma non abbiamo ricevuto una risposta”. C’è qualcuno che lo sta aiutando qui in Italia? “Lui ha detto di sì”. Nell’indagine di Mueller, Mifsud è “il Professore” che ha riferito a Papadopoulos delle mail della Clinton. “Mifsud ha negato di avere parlato o di avere offerto le mail hackerate della Clinton a Papadopoulos. Lo ha testimoniato a Mueller, a Repubblica (in un’intervista prima di sparire, ndr) e a noi”. E allora com’è andata? “Mifsud ha detto che Scotti gli ha chiesto di gestire la tavola dove era seduto Papadopoulos a cena. E’ così che si sono conosciuti Mifsud e Papadopoulos. Ha detto che il Lcilp (il London Centre of International Law Practice, l’oscura organizzazione londinese per cui lavoravano sia Mifsud che Papadopoulos – ma i due non si conoscevano, ndr) e Scotti gli hanno suggerito di presentare Papadopoulos ai suoi contatti russi. Mifsud ha accettato perché pensava fosse il suo dovere sulla base dei suoi accordi con il Lcilp e la Link. Non sapeva il motivo per cui gli era stato chiesto”. Da qui nascono i due contatti russi che il Professore presenta a Papadopoulos: l’uomo vicino al ministero degli Esteri russo, Timofeev, e la cosiddetta “nipote di Putin”. “Mifsud ha scritto una sola mail di presentazione: a Ivan Timofeev. La ‘nipote di Putin’ era una studentessa di un master alla Link, ma non aveva alcuna parentela col presidente Putin. Mifsud ha detto che è stato il Lcilp a inventarsi quella finta storia sulla ‘nipote di Putin’. La Link l’ha mandata a fare domanda per un tirocinio all’Lcilp, sapendo perfettamente chi lei fosse”. Con chi ne ha parlato? “Nel febbraio 2017, mentre era stato invitato dal Dipartimento di stato americano per fare un discorso al Campidoglio, Mifsud ha parlato con l’Fbi nella sala dell’hotel. Poi ci ha spiegato che è rimasto in contatto con le autorità statunitensi durante il 2017 e oltre, a Londra, per mail e attraverso lo studio legale londinese Howard Kennedy”, dice Stephan Roh.

  

   

   

Ma perché Papadopoulos, che poi è finito in carcere, avrebbe dovuto inventare quella frase di Mifsud sulle email della Clinton che ha dato avvio al Russiagate e ai suoi guai? “Dall’8 aprile 2016, era di dominio pubblico che il server della Clinton era stato violato dall’hacker Guccifer (legato ai servizi russi, ndr). Mifsud sostiene che Papadopoulos ha avuto l’idea dai media, non da lui. Mifsud ha detto che potrebbe aver parlato con Papadopoulos di questioni generiche di cybersecurity e Papadopoulos ha mischiato le cose”. Il primo incontro tra i due avvenne alla Link Campus, il 12/14 marzo 2016. Mifsud le ha detto chi partecipò, chi lo presentò a Papadopoulos e qual era il tema di quell’incontro? “Secondo il nostro libro Papadopoulos è stato a Roma tre volte, a febbraio, marzo e maggio 2016. Nella visita di marzo Papadopoulos faceva parte della delegazione del Lcilp, composta da britannici e statunitensi, che doveva incontrarsi a Roma con la delegazione della Link guidata da Scotti”.

  

Un altro nascondiglio segreto

E’ Mifsud che l’ha portata a Roma come investitore della Link? “Mifsud rappresentava la Link e ci ha presentato l’università. Inizialmente, alla fine del 2015, ci è stato chiesto di aiutare a vendere la Link o trovare un investitore. Solo nell’estate del 2016 ci è stato chiesto di comprare il 5 per cento di Gem”. L’università dice di conoscere Mifsud a malapena, che avrebbe dovuto iniziare come professore nel 2017/2018 ma non ha mai tenuto una lezione. “Mifsud ha avuto molti incarichi e responsabilità alla Link dal 2010 al 2017. Insegnava nel 2016/2017 ed era responsabile dei corsi estivi, di eventi e progetti con università straniere e altri partner. Il suo titolo era ‘Direttore internazionale’. Nel 2016/2017 aveva un ufficio alla Link, un assistente, una macchina aziendale e un appartamento. Non siamo a conoscenza del suo lavoro per il separato Gruppo di consulenza e intelligence o per la Link International, di cui Mifsud è azionista”. Il Foglio ha rivelato che anche dopo la sua scomparsa è stato in un appartamento pagato dalla Link. Chi lo sapeva? “Pensiamo che i dirigenti e l’amministrazione della Link che pagavano l’affitto, le spese e l’elettricità fossero consapevoli che Mifsud usasse quell’appartamento, ma non possiamo confermarlo”. Nel libro lei scrive che nel gennaio 2018, mentre era in visita alla Link Campus, lei telefona a Mifsud su richiesta degli “amici del Professore”. Chi sono questi amici? La Link ha mantenuto contatti con lui dopo la scomparsa? “Mifsud ci ha spiegato che i suoi ‘amici’ sono i suoi ‘colleghi alla Link a Roma’: ci ha detto che gli hanno organizzato un posto fuori Roma per nascondersi nel novembre/dicembre 2017, e sono stati in contatto con lui almeno fino a gennaio 2018. Questi ‘amici’ ci hanno messi in contatto con Mifsud a gennaio 2018 e avevano molta paura per la sua vita”. Sempre nel vostro libro Mifsud dice che quando il suo coinvolgimento nel Russiagate diviene pubblico “i servizi segreti italiani contattano il presidente della Link Campus, Vincenzo Scotti, raccomandandogli che il professore deve sparire e restare per un po’ in un luogo sicuro”.
E’ credibile questa versione? “Mifsud l’ha riconfermato quando è venuto nel nostro ufficio a Zurigo e ci ha detto di essere stato preso con la forza dal suo ufficio alla Link Campus e portato al nascondiglio fuori Roma, dove è stato da novembre a dicembre 2017. Ripetiamo solo ciò che ci ha detto Mifsud”. Scrivete anche che nel periodo di clandestinità Mifsud ha viaggiato da Malta a Roma e poi a Zurigo. Ma com’è possibile che un uomo così ricercato viaggi liberamente, senza essere visto? “Non siamo al corrente di alcuna autorità che stia ricercando Mifsud. Pensiamo che non abbia commesso reati. Crediamo che sia libero di viaggiare, cosa che ha fatto. Viveva a Roma nel 2018, e si spostava. Ha spiegato di essere sotto pressione, minacciato e costretto a nascondersi e stare in silenzio: questo spiega il suo silenzio e la sua sparizione. Gli abbiamo sempre suggerito di parlare con la stampa e con gli investigatori statunitensi, Congresso e Senato, ma per la sua sicurezza ha preferito aspettare, come gli era stato chiesto, che finisse l’inchiesta di Mueller”.

  

    

   

Dice che Mifsud non è una “spia russa”, ma un asset dell’intelligence occidentale. “Non c’è alcun dubbio su questo”. Ma Mifsud incontra Papadopoulos dopo un viaggio a Mosca dove insieme a lei, avvocato Roh, parla al Valdai Club, la “Davos di Putin”, il più importante evento dell’establishment e della diplomazia russa. E, come dice Papadopoulos, Mifsud riferisce di aver saputo delle mail hackerate della Clinton proprio in quel viaggio. “Mifsud nega questa versione”. Pochi giorni dopo Mifsud presenta Papadopoulos a Timofeev, un personaggio legato al ministero degli Esteri russo che proprio insieme a lei ha incontrato al Valdai Club. E poi conosce l’ambasciatore russo a Londra ... “Mifsud, che è anche direttore della London Academy of Diplomacy, conosceva molti ambasciatori e politici provenienti da vari paesi. Il mio cliente ha incontrato molti ambasciatori a Roma, e anche ministri italiani. Per quanto ne sappiamo Mifsud non ha avuto più contatti con l’ambasciatore russo in Gran Bretagna, lo ha incontrato una sola volta per un selfie”.

  

“Non è una spia russa, ma è in pericolo”

Inoltre, secondo il rapporto Mueller, Mifsud era in contatto con diversi russi coinvolti in attività di interferenza nella campagna elettorale americana. Come lo spiega? “Non ho ancora letto la versione integrale del rapporto Mueller, ma pare che la sua affermazione sia sbagliata. Il rapporto Mueller sostiene che Mifsud non conosceva ‘molti russi’, ma aveva un solo contatto: ‘Un ex dipendente dell’Ira’ (la Internet Research Agency, la “troll factory” di San Pietroburgo che usava sui social network account falsi di propaganda nell’interesse del Cremlino per condizionare le elezioni americane. E per questo incriminata negli Usa, ndr). Dobbiamo capire il contesto e il rilievo di questo contatto, che non sembra essersi sviluppato in un incontro. Era accidentale, una missione?”. Ma non pensa che da ciò che lei dice, in ogni caso – che abbiano lavorato per azzoppare la Clinton o per complottare contro Trump – il suo cliente, Mifsud, e la sua università, la Link, abbiano danneggiato le elezioni democratiche di un paese alleato come gli Stati Uniti? “Non credo che Mifsud possa essere accusato di questo. E’ una vittima, è stato minacciato, ha temuto per la sua vita e non ha potuto difendersi. E’ stato presentato a Papadopoulos da altri, e ha seguito la loro richiesta di fargli conoscere un russo. Quando si è sviluppato il Russiagate, Mifsud è stato presentato all’opinione pubblica come ‘un’oscura spia russa’. Lo ha negato alla stampa, ma nessuno se n’è accorto. E la mia università non è coinvolta in operazioni di intelligence! E’ una struttura separata dal ‘Gruppo’ di società di consulenza, intelligence e sicurezza appartenenti e gestite dagli altri azionisti dell’università e da Mifsud”.


Siete ancora preoccupati per la sua vita? “Mifsud è una chiave per capire la finta del Russiagate. E sì, potrebbe essere ancora in pericolo”.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali