Il nuovo impero giapponese
Inizia oggi la successione al Trono del Crisantemo in Giappone. I royal antidoto ai populismi
Alla fine quel giorno è arrivato. Oggi ha inizio la transizione imperiale, domani il Giappone avrà un nuovo imperatore e con lui inizierà la nuova èra Reiwa. Dalla “pace ovunque” alla “bellissima armonia”, e il senso ciclico della tradizione giapponese è tutto qui, in queste cerimonie che da secoli vengono riproposte con la stessa solennità, anche se fuori il mondo è cambiato.
Dopo trent’anni sul Trono del Crisantemo, l’imperatore Akihito abdicherà in favore di suo figlio Naruhito, in una cerimonia che non si teneva dal 1817. Alle cinque del pomeriggio nel Palazzo imperiale ci saranno le telecamere e la diretta televisiva (e tutto ricorda il 2 giugno del 1953, quando per la prima volta l’incoronazione della Regina Elisabetta II d’Inghilterra fu trasmessa in tv), Akihito consegnerà i sigilli e due dei tre “sacri tesori”, cioè i simboli dell’impero – la spada, il gioiello e lo specchio, quest’ultimo è conservato però nel santuario shintoista più importante, quello di Ise. Poi Akihito parlerà per l’ultima volta pubblicamente.
Il principe Akihito e sua moglie Michiko in una foto del 1959 (foto LaPresse)
Mercoledì ci sarà il passaggio al nuovo sovrano e poi, soltanto il prossimo 22 ottobre, la cerimonia di intronazione, alla presenza di capi di stato e di governo stranieri, che si concluderà a novembre con il Daijōosai, l’offerta di riso agli antenati da parte del nuovo imperatore. Sono cerimonie codificate dal tempo, ma con qualche aggiustamento: per la prima volta nella storia una donna – Satsuki Katayama, membro del governo giapponese – sarà presente alla cerimonia di consegna delle “eredità” al nuovo imperatore, una cerimonia segretissima, la più esoterica, alla quale le donne della famiglia imperiale non possono assistere. E negli ultimi mesi si è parlato molto di questo, di un cambio di passo necessario anche per quanto riguarda la successione imperiale che in Giappone è soltanto maschile. Ma si è parlato anche di denaro: cioè del budget che il governo di Tokyo è stato costretto a mettere a disposizione per i costosissimi eventi che iniziano oggi e finiscono il prossimo anno. Circa 132 milioni di euro, un conto spalmato sul budget di tre anni e che la famiglia imperiale si è impegnata a ridurre, invitando meno ospiti ai banchetti e riducendo le fastosità. Il problema è che la tradizione costa, è un lusso difficile da spiegare ma considerato necessario per mantenere viva l’identità giapponese. E c’è quotidianità: in un paese ossessivamente produttivo, i giorni di passaggio imperiale sono stati fatti coincidere con la golden week, e la settimana di festività primaverili si è trasformata in una vacanza lunga dieci giorni. Ma non tutti possono permettersela, scriveva ieri il Washington Post: spesso in Giappone si lavora anche durante le feste, e la colpa è dell’abnegazione lavorativa e della mancanza di forza lavoro, che costringe i lavoratori dipendenti a turni massacranti.
L'imperatore Akihito in un'immagine scattata il 28 novembre 1990 (foto LaPresse)
Ma qui c’è in ballo il simbolo della nazione che cambia, e la nuova èra, Reiwa, che potrebbe essere una rivoluzione. Da quando nel novembre del 2017 Akihito ha annunciato l’abdicazione, stanco e piegato dalle formalità di una vita privilegiata ma tra le più recluse in confronto allo status degli altri monarchi nel mondo, i giapponesi sono tornati a sentirsi vicini a quella figura fino ad allora lontanissima e quasi dimenticata. E la forza straordinaria della figura imperiale riguarda il suo rapporto con i sudditi, o meglio, con i cittadini, che disgustati dalle mediocrità della politica contemporanea sono tornati ad ascoltare lui, il vecchio saggio, retorico e allo stesso tempo di conforto, che vola altissimo, non ha bisogno di voti, e soprattutto non parla come l’uomo della strada.