Quel meeting su Huawei che Londra voleva tenere segreto
Chi è il ministro della Difesa licenziato dalla May per la fuga di notizie su un incontro di massima sicurezza
La pessima fama di Gavin Williamson, mal sopportato dai suoi colleghi di governo, è stata la sua condanna. L'ex ministro della Difesa, licenziato da Theresa May per avere rivelato a un giornalista l'esito di un vertice dell'Agenzia nazionale della Sicurezza (Nsa) su Huawei, ha chiamato alcuni giornalisti politici britannici per negare le accuse. “Giuro sui miei figli che non sono stato io...è una caccia alle streghe”, avrebbe detto. Ha perfino chiesto di essere indagato dalla polizia – Downing street ha risposto di no, ma Williamson avrebbe rischiato il carcere – per provare la sua innocenza. Nel frattempo, i suoi colleghi di governo ridono sotto i baffi: “La sua assenza sarà una grave mancanza per i cronisti parlamentari”, dice un ministro anonimo al Times. Williamson era famoso per i suoi “leak” ai giornalisti, a cui raccontava nei minimi particolari tutto ciò che avveniva dietro le quinte.
Quando il governo ha dovuto identificare il responsabile della fuga di notizie sul caso Huawei, tutti hanno pensato a lui. L'indagine eseguita dal capo dell'Nsa Mark Sedwill, un acerrimo rivale di Williamson, è stata scrupolosa: i ministri hanno dovuto fornire i tabulati telefonici, e spiegare nei dettagli tutto ciò che hanno fatto dopo l'incontro da cui è uscito il leak. Williamson ha ammesso di avere avuto una telefonata di undici minuti con Steven Swinford, il giornalista del Daily Telegraph che ha pubblicato lo scoop su Huawei. L'ex ministro ha negato di avergli rivelato i particolari dell'incontro, ma non c'è stato più nulla da fare e la May ha silurato il suo ministro.
Williamson ha la fama di essere una figura machiavellica, un'oscuro manovratore che ha rapidamente scalato le rigide gerarchie dei Tories fino a diventare ministro della Difesa a novembre 2017. Prima di entrare nel governo, era il capogruppo dei conservatori a Westminster ed era a conoscenza di tutti i segreti dei deputati. “Williamson sa dove sono sepolti i cadaveri”, ha detto un deputato anonimo a Politico: “E sa come aggiungerne anche altri”. L'ex ministro è un politico scafato, e ha scalato il partito all'insegna dell'opportunismo. È stato segretario privato di Cameron per tre anni; dopo il referendum del 2016, ha promesso all'ex premier che avrebbe fatto di tutto per impedire a Boris Johnson di diventare capo del partito. Ha individuato in Theresa May il cavallo vincente, ed è diventato il direttore della sua campagna alle primarie, che si è rivelata una grande intuizione. “L'assassino con la faccia d'angelo”, così viene soprannominato Williamson, raccontava ai suoi colleghi che la May non sarebbe andata da nessuna da parte senza di lui, che la teneva nel pugno. Quando la premier ha dovuto nominare un capogruppo, ha subito pensato a Williamson. Un anno dopo, quando ha dovuto trovare un sostituto di Michael Fallon, l'ex ministro della Difesa travolto dagli scandali su #metoo, ha pensato sempre a lui.
Le polemiche su Williamson hanno oscurato la scelta controversa del governo May di affidare una parte delle proprie infrastrutture per il 5G a Huawei. L'azienda cinese sarà esclusa dal “core”, ovvero le strutture e i network in cui sono conservate le informazioni più sensibili. Londra così spera di evitare ogni rischio per la sicurezza pubblica. Gli Stati Uniti e l'Australia hanno impedito all'azienda cinese di lavorare sul 5G per questo motivo, e speravano che anche Londra facesse lo stesso. L'America era contraria alla scelta della Gran Bretagna, e ha fatto presente la propria posizione anche se non l'ha mai resa pubblica. L'ambasciatore cinese a Londra, Liu Xiaoming, aveva chiesto alla Gran Bretagna in una lettera sul Sunday Telegraph di resistere alle pressioni e di prendere la scelta giusta sulla base dei propri interessi nazionali”. Il governo della May era diviso sulla questione: cinque ministri, tra cui Williamson, erano contrari e temevano di rompere lo storico sodalizio con Washington. L'ex ministro avrebbe parlato per ripicca, per dare sfogo al suo dissenso. Se ci avesse pensato due volte, sarebbe ancora al suo posto.