Il premier ungherese Viktor Orbàn (Foto LaPresse)

Quel giornale d'opposizione (flebile) che fa dire a Orbán: siamo pluralisti

Micol Flammini

Il premier ungherese annuncia che non sosterrà Manfred Weber come presidente della Commissione

Roma. Quel gioco equilibrato che si chiama democrazia, quel sistema di leve e di simmetrie tra partiti, idee e libertà che assicura che uno stato si regga sui princìpi democratici è fatto di maggioranza e opposizione, è fatto di tante voci, molte rimostranze e pluralismo. Così la maggioranza ha bisogno di un’opposizione, anche in un paese come l’Ungheria dove il primo ministro Viktor Orbán alla parola democrazia ha affiancato l’aggettivo illiberale. Nel paese, totalmente orbanizzato, esistono timide forme di opposizione, i partiti, fuori da Fidesz che governa, sono poco convincenti, non hanno successo. Non riescono ad emergere. L’opinione pubblica è depoliticizzata, intellettuali e giornalisti preferiscono parlare di altro, per la critica a Orbán non c’è spazio, anche se gli argomenti non mancano.

 

  

Alla fine dello scorso anno oltre quattrocento testate ungheresi sono state assorbite da una fondazione, la Central European Press and Media Foundation, che fa capo a Gabor Liszkay, miliardario amico di Orbán che ha guidato per anni la Mediaworks, un’altra azienda mediatica orbaniana o orbanizzata. A questo conglomerato sono sfuggite alcune piccole testate, siti di poco conto, radio e televisioni. Ma all’ansia di controllo sui media è sfuggito anche Nepszava, un quotidiano fondato nel 1873, resistito a tutto, anche alle guerre mondiali, che è di posizioni molto distanti da quelle del primo ministro. Nepszava sopravvive perché deve, perché il governo deve dimostrare che il pluralismo in Ungheria esiste ancora, un pluralismo morbido e stanco che ha trasformato il quotidiano in un organo di opposizione un po’ scordato e sicuramente senza fiato. Il giornale vende sempre meno, la redazione è ridotta a una manciata di giornalisti, non è in vendita e per il momento non verrà assorbito o comprato o rilevato da nessun miliardario orbaniano, Nepszava deve esistere così com’è.

  

 

L’opposizione tollerata però rimane spesso senza voce perché l’orbanismo è riuscito a penetrare nel resto della vita pubblica e per i giornalisti di Nepszava criticare il governo è sempre più difficile, non sono molte le persone disposte a raccontare, anche gli intellettuali o gente del mondo dello spettacolo o professori preferiscono non apparire sulle colonne di un quotidiano di opposizione. Orbán è molto attento a far vedere e sottolineare che la pluralità in Ungheria esiste, che ci sono artisti o giornalisti che su YouTube o sui social criticano il suo operato, sa che queste forme di dissenso rimarranno ben confinate nella capitale, che non colpiranno la popolazione rurale e le zone più periferiche del paese. Mantiene in vita l’opposizione senza però che l’opposizione sia in grado di alimentarsi: le copie scendono, gli argomenti scarseggiano. E’ l’arte di Orbán, l’arte dell’artificio, del maquillage, dell’equilibrio tra realtà e finzione. La democrazia si chiama illiberale ma resta sempre democrazia. La stampa indipendente esiste ma non riesce ad esprimersi, l’Unione europea è un nemico ma meglio non combatterla e rimanerci dentro.

 

Raccontare l’Unione europea

 

Anche su Bruxelles i media ungheresi hanno raccontato la versione dei fatti di Fidesz. Hanno raccontato una versione simile anche sul Partito popolare europeo, la famiglia conservatrice che secondo Viktor Orbán sta tradendo le sue origini spostandosi sempre di più a sinistra, che però i sovranisti ungheresi non vogliono abbandonare, hanno preferito accettare una sospensione che raggiungere le fila degli altri sovranisti. Ieri il primo ministro ungherese ha annunciato che non sosterrà Manfred Weber il candidato bavarese del Ppe alla Commissione europea, non lo farà perché è un antiungherese, secondo il premier. Niente di nuovo, nemmeno nel 2014 aveva votato per Jean-Claude Juncker che pure presidente è diventato lo stesso. Ma i media racconteranno un altra storia, quella della forza del loro primo ministro che lotta per l’Ungheria. Nepszava, se riuscirà, potrà fornire un’altra, inascoltata, versione.

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