Il manuale di Momentum e dei sandersiani, spiegato da due di loro
Sinistre radicali alla riscossa. Ma come si vince? Più porta a porta che tweet & social, ci spiegano due attivisti anglo-americani
Roma. È tutto un parlare di cambiamento, parola, slogan, necessità, brama che da destra e da sinistra, accomuna tutti gli schieramenti politici. A tratti un’ossessione, sicuramente un bisogno. Parola ormai abusata e anche bistrattata – nel 2015 il partito populista polacco PiS vinse le elezioni con lo slogan dobra zmiana, “buon cambiamento”, cambiamento è la promessa anche dell’attuale governo gialloverde, cambiamento è lo slogan della sinistra europea – il cambiamento è un’ansia che sentono anche gli attivisti progressisti. Per rispondere a questa necessità l’organizzazione americana Social change assieme all’italiana Ti candido, a Momentum, il gruppo di attivisti a sostegno del Labour britannico, con i responsabili della campagna di Bernie Sanders ed esperti di comunicazione politica e sostenitori del Green New Deal hanno organizzato oggi e domani un evento a Roma, all’Istituto europeo di design, dal titolo “Mo’ ti vengo a cercare”.
Chi cercano gli attivisti sono “agitatori del cambiamento”, giovani sotto i trentacinque anni – ne hanno trovati cento – pronti a rivoluzionare, ricostruire, cambiare, impegnarsi agitare e soprattutto a fare tutto questo ora, subito. L’evento è una chiamata urgente all’attivismo progressista costruito attorno a due parole d’ordine: cambiamento e gioventù. “Ho trentuno anni e la mia formazione politica è iniziata quando il Regno Unito ha deciso di bombardare l’Iraq assieme agli Stati Uniti – dice al Foglio Emma Rees, cofondatrice di Momentum – è proseguita con la crisi finanziaria del 2008, allora avevo ventuno anni, stavo terminando l’università. Queste esperienze accomunano tutta la mia generazione. Siamo cresciuti pensando che il futuro sarebbe stato più difficile e credo che questo abbia contribuito alla formazione di piattaforme come Momentum”. Questa sensazione, come scrivono in un articolo sull’Atlantic Niall Ferguson e Eyck Freymann, di essere la generazione a cui è stato dato meno e a cui viene richiesto di più, sta trasformando le sinistre occidentali.
Il clivage generazionale sta sostituendo le differenze tra gli schieramenti, tra destra e sinistra, tra liberali e conservatori, i millennial entrano in politica per rifare il mondo consegnato dalle generazioni precedenti “negli Stati Uniti – dice Becky Bond, senior adviser per la campagna elettorale di Bernie Sanders nel 2016 – i quattordici millennial eletti nelle elezioni di midterm lo scorso anno stanno spostando la conversazione all’interno del Partito democratico, stanno portando nuovi temi che i democratici non consideravano una priorità: il cambiamento climatico, la sanità gratuita, l’istruzione”, battaglie che nascono come guerre generazionali soprattutto contro il centrismo. “La Terza via, quello che si fa chiamare centrismo, con le sue politiche ha creato delle condizioni poco favorevoli per le generazioni successive”, dice Emma Rees, che al nostro dubbio se il centrismo sia morto da solo di morte naturale o se sia stato ucciso dalle nuove sinistre sorride e risponde: “Ha fatto tutto da solo, non poteva funzionare”.
I programmi di Momentum per il futuro sono vincere le elezioni con il Labour di Jeremy Corbyn e poi trasformarlo, ovvero deblairizzarlo: “Tony Blair ha cambiato radicalmente l’identità del partito e vogliamo farlo tornare a come era prima”. Gli attivisti progressisti si propongono di unirsi, di creare un futuro insieme, un movimento globale perché questo mondo non si salverà da solo, né sarà un solo paese che avrà la forza di salvarlo. “Unirci – riprende la Rees – ci dà la possibilità di farci sentire di più, di essere capillari. Diseguaglianze e cambiamento climatico sono problemi che riguardano tutti”.
Più che una lotta sinistra contro destra, sembra che quella che i progressisti portano avanti sia una battaglia per l’identità della sinistra e per vincerla gli attivisti, soprattutto negli Stati Uniti, hanno la loro strategia: “La gente in America – dice Becky Bond – non vuole sentir parlare delle tasse di Trump, per vincere le primarie e pensare poi alle presidenziali bisognerà che si parli di contenuti, di numeri per rendere la società più equa, di piani per garantire la sanità gratuita”. E il progetto è creare una rete fitta di attivismo in grado di portare il progressismo al potere. Come? “Oltre alla collaborazione con Momentum – riprende Becky – abbiamo contatti anche in Australia e in Canada e abbiamo capito che le campagne non si fanno su internet, non si fanno sui social, o non soltanto, ma bisogna dare alle persone idee grandi, coinvolgerle in progetti importanti. Creare una rete di volontari che parli con le persone per strada, che bussi casa per casa. Quando la gente sente che può fare qualcosa di importante si mobilita, bisogna soltanto fare in modo che se ne renda conto”. Il cambiamento c’è già, dicono, va solo insegnato.