Una chat sull'Europa con Marion Van Renterghem
Storica giornalista del Monde, ora a Vanity Fair, ci spiega l'ansia, la soddisfazione e i viaggi che servono a capire la trasformazione dell'Ue
Abbiamo chattato delle elezioni francesi, del cuore franco-tedesco e di molto altro con Marion Van Renterghem, storica giornalista del Monde ora a Vanity Fair, autrice di un libro appena uscito, "Mon Europe, je t'aime moi non plus. 1989-2019", che è bello e anche doloroso. Nel 2017 aveva pubblicato "Angela Merkel, l'ovni politique", un libro sulla cancelliera tedesca pieno di aneddoti.
Prima di tutto, che succede se la Le Pen vince le elezioni?
Che ci piaccia o no, queste europee saranno una riedizione del secondo turno delle presidenziali del 2017. Sarebbe molto grave, simbolicamente e politicamente, per Emmanuel Macron se il Rassemblement National superasse la République En Marche. Sarebbe anche un colpo contro le forze pro Europa. La sfida di queste elezioni è cruciale: i partiti populisti nazionalisti hanno la dimensione per entrare con forza dentro all'Europarlamento e la loro unica ambizione, anche se dicono il contrario, è di distruggere l'Unione europea. Tutti i cittadini europei si devono mobilitare e andare a votare: quel che c'è in gioco è determinante per la nostra vita e per quella dei nostri figli.
E' agitata anche lei, insomma. E del cuore franco-tedesco che ne pensa?
Come racconto nel mio libro, Angela Merkel è un'europea vera, per quel che è stata la sua storia, per quel che è il suo destino e perché ha salvato l'onore degli europei offrendo asilo ai rifugiati (di questi, più di due terzi ha già trovato lavoro in Germania). Ma non è una buona manager dell'Europa. Non è più in una posizione di forza al governo e non ha né la visione né la volontà di appoggiare Macron nel suo piano ambizioso per l'Europa. La Karrenbauer ancora meno, non ha nemmeno il carisma della Merkel.
Secondo Marion siamo di fronte a un appuntamento mancato.
E' la prima volta che noi francesi abbiamo un presidente così sinceramente europeo, ed è la prima volta che la Germania è così poco europeista. E' un appuntamento mancato ed è grave, perché l'Ue non ha mai avuto tanto bisogno di essere forte e unita, di fronte alla potenza economica della Cina, a una Russia che ci vuole sabotare e agli Stati Uniti che non sono più nostri alleati.
L'Europa è cambiata molto. Nel suo ultimo libro, Marion fa un viaggio nello spazio e nel tempo per raccontare questa trasformazione.
Sono trent'anni che viaggio molto in Europa. Ritornando in alcuni posti per il mio libro, e ritrovando molte persone – famose e no – che avevo conosciuto in passato, ho realizzato che questo ciclo personale di 30 anni corrisponde a un ciclo politico. Trent'anni è una generazione, un tempo chiave nella storia. Dalla caduta del Muro di Berlino nel 1989 a oggi, nel 2019, siamo scivolati da un momento di gioia e di grande fiducia democratica al suo contrario: un'onda di risentimento e di ripiegamento nazionalista.
La rabbia, il risentimento. Ma è per via dell'economia o c'è qualcosa di più profondo, di culturale?
Si sommano e si incrociano molti fattori. La crisi finanziaria del 2018 ha portato a un impoverimento generale. L'arrivo dei migranti nel 2015 ha creato angoscia e un sentimento di insicurezza culturale. Ma c'è soprattutto questa ondata più profonda, associata alla caduta del Muro: la speranza dei paesi dell'ex blocco sovietico si è progressivamente tramutata in disillusione, a causa del passaggio brutale da un'economia dirigista a una di mercato. L'allargamento dell'Ue a questi paesi dell'est, che era moralmente inevitabile vista l'ingiustizia di cui erano rimasti vittime per 40 anni, ha sconvolto l'equilibrio interno dell'Ue: le diseguaglianze hanno portato a un dumping sociale dentro alla stessa Europa. In questi trent'anni, il confronto est-ovest ha dato luogo a una nuova opposizione, quella tra democrazie liberali e democrazie illiberali. In questi trent'anni poi, un nuovo arrivato sul pianeta terra ha mosso i suoi primi passi: non lo conoscevamo ancora e non sapevamo che avrebbe sconvolto le nostre vite e dato uno slancio irreversibile alla globalizzazione: la chiamavamo allora “www”, la rete. Era l'inizio di Internet.
Questo ultimo libro è fatto di persone, di incontri, di scoperte. L'incontro più bello, l'incontro più angosciante e quello più emozionate? Fa quattro nomi: il suo ex capo che oggi è ministro della Giustizia in Ungheria, László Trócsányi; l'ex presidente della Lettonia, Vaira Vike-Freiberga; il commerciante di Dublino John Corcoran; l'amico di Steve Bannon, Benjamin Harnwell
L'incontro più sorprendente, il primo che racconto nel libro, è quello con il mio ex capo avvocato a Budapest, 25 anni fa, che oggi è il ministro della Giustizia di Viktor Orbán! La persona che mi ha più impressionato è l'ex presidente della Lettonia, che mi ha raccontato i suoi incontri ufficiali e ufficiosi con Vladimir Putin, del quale descrive con coraggio e in modo esilarante la perversione machiavellica. La persona che più mi ha commosso e il commerciante di scarpe di Dublino, colpito dalla crisi finanziaria, uno che non si lamenta mai. L'incontro più angosciante è stato quello con questo inglese amico di Steve Bannon e simpatizzante di Matteo Salvini che si è stabilito in un monastero della campagna romana per preparare pazientemente l'unione dei populisti nazionalisti d'Europa.
Un grande classico di EuPorn, per finire. Se potesse mandare all'inferno qualcuno come Donald Tusk ha fatto con i brexiteers, chi ci manderebbe?
MVR: Non credo né all'inferno né al paradiso e preferisco che ci si dedichi sulla terra a non distruggere il paese che abbiamo costruito con così grande fatica e tempo. Mitterrand aveva ragione quando diceva: “Il nazionalismo è la guerra”. L'Ue è imperfetta ma è l'insieme di regioni con meno diseguaglianze al mondo, dove le norme sociali, sanitarie, ambientali sono le più elevate del mondo, l'unica che può tener testa alle crisi globali, come il riscaldamento climatico, l'immigrazione – e le guerre tra nazioni, sempre possibili. Non bisogna distruggere l'Ue ma farla progredire, quindi rinforzare. E bisogna votare!