Sovranisti assenteisti
I lepenisti in Europa non hanno combinato nulla (se non inveire contro l’Ue e postare video) e hanno molti debiti
Parigi. E’ il contingente più numeroso tra i deputati francesi al Parlamento di Strasburgo, eppure il Rassemblement national (Rn) di Marine Le Pen ha un’influenza quasi insignificante nelle attività europee, i suoi membri amano fare interventi appariscenti ma si distinguono principalmente per il loro assenteismo, e quando si toccano i temi storici delle loro battaglie, come l’immigrazione e la sicurezza, votano sistematicamente contro, anche se le idee sono le stesse che difendono ogni giorno a Parigi con clamore. E’ un “bilancio indigente” quello del Rn, come ha scritto il Monde martedì, al termine di un quinquennio di barricate e schiamazzi più che di proposte concrete, durante il quale il principale obiettivo è stato presentarsi nell’emiciclo per inveire contro l’Ue e diffondere il tutto sui social network.
“Su quale testo il suo contributo ha pesato maggiormente in questi trent’anni di mandato?”, ha chiesto il Monde a Bruno Gollnisch, veterano dei corridoi europei e amico di lunga data di Jean-Marie Le Pen. “Pfui, devo prendere i miei appunti. Il distacco dei lavoratori, direttiva Bolkestein (relativa ai servizi nel mercato europeo, ndr). Vi invio tutto nel pomeriggio”, ha risposto Gollnisch in maniera un po’ confusa. I dettagli del bilancio gollnischiano non sono mai arrivati al giornalista del Monde, nonostante le rassicurazioni: a conferma di un atteggiamento di pressapochismo assai diffuso in seno al partito sovranista francese.
Gli scarsi risultati ottenuti durante i trent’anni di mandato rispecchiano la situazione di molti eurodeputati del Rn, più occupati a osteggiare le iniziative dell’Ue che ad avanzare controproposte. Un modo di fare e di essere all’Europarlamento che Jean-Marie Le Pen, il fondatore del Front national, ha riassunto in questa frase: “Il ricordo che porterò con me di questa casa è un senso di inutilità”. Eppure, soprattutto dopo le elezioni del 2014, che hanno permesso al partito lepenista di ottenere uno storico 29 per cento, la possibilità di rendersi utile c’era, grazie anche alla visibilità, e al tempo di parola associato, garantiti dal gruppo Enl (Europa delle nazioni e delle libertà), formato dopo un anno di trattative assieme alla Lega di Matteo Salvini e al Pvv dell’olandese Geert Wilders. Sull’ambiente, i ventiquattro eurodeputati Rn hanno votato quasi sempre contro i testi europei che proponevano di ridurre le emissioni di gas a effetto serra e di sviluppare le energie rinnovabili, nonostante a Parigi la Le Pen si fosse professata nuova paladina dell’ecologia contro “la religione green dei bobò”. In materia di diritti sociali, si presentano come i grandi fustigatori del dumping sociale, ma si sono stranamente astenuti durante il voto sulla revisione della direttiva sul lavoro distaccato promossa da Emmanuel Macron, e hanno rifiutato il pilastro europeo dei diritti sociali, che incoraggia l’armonizzazione delle regole del lavoro e della protezione sociale attraverso il continente. In tema di immigrazione, si sono opposti al sistema di ripartizione per quota dei migranti arrivati in Italia, in Grecia e in Ungheria durante la crisi del 2015, ma anche al rafforzamento dei mezzi economici per proteggere le frontiere esterne in Europa, brandendo l’argomento della sovranità degli stati.
Sulla sicurezza, infine, hanno rigettato la creazione del Pnr, il registro dei passeggeri aerei, giudicandolo “inefficace” e suscettibile di diventare un “meccanismo di sorveglianza di massa”.
Accanto all’ostilità permanente verso i testi firmati dall’Ue, ci sono i problemi interni: a partire dagli addii in polemica. Quello di Aymeric Chauprade, intellò e grande intermediario tra la Le Pen e la Russia di Putin, quello di Florian Philippot, lo stratega della “dédiabolisation”, e quello di Sophie Montel, che ha pubblicato un libro velenosissimo lo scorso 13 marzo, dove racconta le serate opulente a ostriche e champagne grazie ai fondi dell’Europarlamento. Inoltre, c’è il problema dell’assenteismo, legato a doppio filo a quello dell’influenza nelle istanze europee. Nessun eletto del Rn figura nella classifica dei “100 eurodeputati più influenti” stilata dal sito specializzato Votewatch, nei cinque anni di mandato hanno presentato soltanto 13 rapporti, e in Commissione, lì dove gli eurodeputati sono più efficaci per orientare i testi, sono stati poco assidui. “Marie-Christine Arnautu era presente alle nostre riunioni della commissione, Bruno Gollnisch, invece, molto più raramente. Gli eletti del Rn non hanno certo fatto la rivoluzione. E quando dicono che erano in minoranza e non potevano fare nulla, dicono il falso, perché avevano comunque un gruppo politico”, ha detto al Mondo Karima Delli, presidente della commissione Trasporti.
C’è infine la grana dell’inchiesta sugli impieghi fittizi, che mostra come il Parlamento di Strasburgo sia stato in realtà utilizzato dal Rn come una specie di secondo quartier generale del partito. Per aver assunto come assistenti parlamentari la sua guardia del corpo, Thierry Légier, e la sua segretaria, Catherine Griset, la Le Pen dovrà rimborsare 341 mila euro a Strasburgo (per ora, ne ha rimborsati soltanto 52 mila). Come lei, anche il padre, Jean-Marie, è debitore di 68 mila e 900 euro, e secondo l’Europarlamento, sono ventinove su sessantatré gli assistenti suscettibili di lavorare illegalmente per l’ex Fn.
Nonostante tutto, i sondaggi mostrano che Rn veleggia attorno al 22 per cento, sgomitando per il primo posto con la République en marche macronista – una riedizione dello scontro al secondo turno delle presidenziali del 2017. Il partito sovranista – che sabato è atteso a Milano per la giornata sovranista organizzata da Matteo Salvini – non invoca più l’uscita dall’Ue né dall’euro e conta sulla costituzione di un grande gruppo nazionalista per essere almeno in “posizione di arbitro” in alcuni voti. A condizione che i futuri eurodeputati non siano assenteisti e barricaderi come i loro predecessori.