Un frame del video dell'incontro di Strache e Gudenus a Ibiza pubblicato dallo Spiegel e dal Süddeutsche Zeitung (Immagini prese da Youtube)

I mediatori della trama sovranista in Europa – Austria edition

Paola Peduzzi

Gli agenti del nazionalismo. Quel che abbiamo scoperto guardando il video di Strache (oltre ai russi, ovviamente)

Milano. Il video che ha costretto il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, a spezzare la sua alleanza di governo con l’estrema destra dell’Fpö e ad andare a elezioni anticipate rivela molte più cose rispetto alla (nota) vicinanza di buona parte dei partiti nazionalisti europei alla Russia. Nei progetti di Heinz-Christian Strache, che ai tempi dell’incontro ripreso nel video (il 2017, a Ibiza) era il capo dell’Fpö e ora si è appena dimesso da vicecancelliere, non ci sono soltanto i buoni legami con la Russia ma ci sono anche altri interlocutori e altri obiettivi, che passano attraverso personaggi che sentiamo citare raramente ma che nel tessuto sovranista hanno un ruolo importante: li chiamano “middle man”, sono mediatori che non

">hanno la visibilità dei Bannon, per dire, ma che sono cruciali per capire come si costruisce la trama nazionalista in Europa. 

  

 

Uno di questi è quello che molti giornali di inchiesta hanno definito in questi anni “l’austriaco elegante”: Heinrich Pecina. Pecina, un investitore condannato per truffa in Austria, ha preso il controllo del maggior giornale d’opposizione ungherese, il Népszabadság, che ha chiuso all’improvviso, nell’ottobre del 2016, in seguito al passaggio di proprietà. Prima di allora, Pecina, 68 anni, era conosciuto in Ungheria soltanto per investimenti nel settore dell’energia e della chimica: nel 2014, dopo l’acquisto del Népszabadság attraverso la sua società di private equity Vienna Capital Partners, si presentò alla redazione – tutti ricordano i suoi baffi curatissimi – e disse di voler portare stabilità nel giornale, che economicamente non andava bene.

   

  

Nel 2016, Népszabadság è stato chiuso e Pecina ha venduto i suoi asset nei media a Lorinc Meszaros, costruttore nato nella stessa città del premier ungherese, Viktor Orbán, che fa parte di quella cordata di imprenditori che controlla l’80 per cento dei media dell’Ungheria. Pecina, contattato dallo Spiegel (che assieme alla Süddeutsche Zeitung ha pubblicato il video di Strache), ha detto di non aver mai avuto né interesse né ambizione nei confronti del giornale di cui Strache parla molto nel video, la Kronen Zeitung. Pecina rappresenta però un modello per l’ex vicecancelliere austriaco perché fa parte di quei ricchi mediatori che permettono di accentrare il controllo, a partire dai media: Strache vorrebbe che l’informazione in Austria fosse come quella in Ungheria, “vogliamo costruire un tessuto mediatico come quello fatto da Orbán”, dice, cioè di fatto i media controllati dal governo (sulla questione dei media si è consumata una delle lotte che hanno scandito il governo Kurz-Fpö: è circolata una lista dei media non graditi al governo, stilata dal ministero dell’Interno che è di un uomo dell’Fpö, l’agguerritissimo Herbert Kickl che ieri è stato licenziato; Kurz l’ha condannata e annullata).

 

Uno dei giornalisti di Politico Europe si interroga sull’insistenza di Strache nei confronti della Kronen Zeitung: “Perché facilitare la vendita di metà del tabloid più importante dell’Austria – ha chiesto in un tweet Matthew Karnitschnig – se questo giornale è un sostenitore del suo partito?”. Fa parte delle domande che secondo il giornalista non trovano risposta nel video sul divano di Strache. L’ossessione nei confronti dei media e del loro controllo è un tratto comune ai nazionalisti, l’ispirazione massima come si sa è in America, dove Donald Trump considera “fake” e “falliti” tutti i principali media del paese (in questi giorni il presidente americano è curiosamente molto critico anche nei confronti della finora amatissima Fox News: scopriremo presto il perché). Strache parte anche da una convinzione che non applica evidentemente soltanto ai media, sembra semmai una visione del mondo, della politica in particolare, anche della sua: “I giornalisti sono le più grandi puttane del pianeta”, dice Strache, ed è per questo che, con qualche ritocco nelle redazioni, secondo lui si possono ottenere risultati ottimali.

 

Uno dei middle man più rilevanti di questo scandalo (ce ne sono parecchi, ce ne occuperemo nei prossimi giorni: uno è un ideologo identitario che ha moltissimi legami con l’Fpö e con la rete di suprematisti bianchi internazionale, Martin Sellner) compare nel video: è Johann “Joschi” Gudenus, che era vice di Strache nell’Fpö, prima delle dimissioni di sabato, che è l’uomo di contatto con la Russia – nel video fa anche l’interprete dal russo. Lo Spiegel lo definisce “uno dei più importanti intermediari dell’Fpö”, in particolare nei confronti della Russia e dell’est Europa e racconta che è stato invitato in Cecenia da Ramzan Kadyrov e in Crimea da uno dei leader russi locali, e nella cattedrale del Cristo Salvatore di Mosca ha tenuto un discorso contro l’Unione europea descrivendola come un rifugio “della lobby omosessuale”. Gudenus è anche l’organizzatore dell’incontro sul divano a Ibiza: mentre si discute di imprenditori da cui farsi finanziare, di giornali da comprare e di come si aggirano i vincoli legali ai finanziamenti ai partiti, Strache ha un attimo di lucidità. “È una trappola, è una trappola”, ripete, ma Gudenus lo rassicura in fretta: “Stai tranquillo, non lo è”. Ora che tutta l’Fpö è a caccia dei responsabili di questa trappola – prima del licenziamento il ministro dell’Interno Kickl ha detto che sono “forze e paesi stranieri”, ma molti credono che sia un lavoro tutto interno – anche il middle men dovrà con tutta probabilità fornire qualche spiegazione.

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