Sánchez raddoppia
Il socialista spagnolo esce da un’elezione vittoriosa e si ributta in altre due. I sondaggi sono rosei, i rischi grandi
Milano. Negli ultimi mesi l’agenda di Pedro Sánchez, leader del Partito socialista spagnolo (Psoe) e primo ministro facente funzioni, è stata più che affollata: campagna elettorale massacrante per le elezioni generali di fine aprile; vittoria alle suddette elezioni, benché senza la maggioranza assoluta; inizio dei negoziati per la formazione del governo, che tuttavia i partiti hanno affrontato con poco slancio perché nel frattempo è cominciata la doppia campagna elettorale per le europee e le amministrative (regionali e municipali), che Sánchez, libero da gran parte degli impegni governativi, ha affrontato con ritmi salviniani, saltando per tutte le regioni spagnole di città in città, comizio dopo comizio. La campagna elettorale è stata interrotta da un evento tragico per il Psoe (il 10 di maggio, a 67 anni, è morto Alfredo Pérez Rubalcaba, che aveva guidato il partito dopo Zapatero e che molti socialisti giovani consideravano come un mentore) e da un evento istituzionale per la Spagna: ieri si è insediato il nuovo Parlamento uscito dalle elezioni del 28 di aprile, probabilmente il più diviso della storia della democrazia spagnola, tra gli sberleffi e le trovate degli estremisti di Vox e dei secessionisti della Catalogna.
In questo gran turbinìo di eventi, Sánchez ha in mente un solo obiettivo: ripetersi e raddoppiare.
Il 28 aprile il leader socialista è apparso nel panorama della sinistra europea come il salvatore tanto atteso. Assaltato da nazionalisti, populisti, e da partiti d’establishment che erano stati morsi dagli zombi e infettati dal virus populista (lo storico Partito popolare guidato da Pablo Casado), Sánchez ha ottenuto una vittoria inaspettata (in realtà era stata pronosticata dai sondaggi, ma chi ci crede più ai sondaggi), ha fatto del Psoe il primo partito di Spagna e probabilmente il più importante partito nella famiglia socialista europea e ha dato qualche speranza a chi dice che l’ondata populista forse si può battere, o quanto meno gestire.
Dopo una prova così, doversi ripetere alle elezioni europee e in quelle amministrative può essere una benedizione o una condanna: se Sánchez riesce a raddoppiare allora il suo posto nell’empireo socialista è assicurato. In caso contrario, perfino i negoziati per la formazione di un nuovo governo potrebbero essere messi in pericolo. Le votazioni di fiducia del Parlamento appena insediato cominceranno dopo le elezioni e un Sánchez indebolito avrebbe meno possibilità di attrarre alleati o sostenitori nel suo tentativo di diventare premier di un governo di minoranza composto esclusivamente da membri del Partito socialista.
Per ora, i sondaggi dicono che Sánchez avrà successo, perfino più che alle politiche (tanto le europee quanto le amministrative sono sempre state elezioni favorevoli per i socialisti). Un sondaggio del Mundo dice che alle europee il Psoe sarà il primo partito e potrebbe doppiare il secondo classificato, il Partito popolare: 32 per cento dei consensi ai socialisti, 16 per cento dei consensi ai popolari, 15 per cento dei consensi a Ciudadanos, 10 per cento a Podemos e 8 per cento a Vox.
Le previsioni alle elezioni amministrative sarebbero ancora più rosee. Secondo un sondaggio del Cis, delle 17 comunità autonome spagnole (grossomodo equiparabili alle nostre regioni), 12 sono in gioco in queste elezioni e 10 sarebbero conquistate dal Psoe: tutte tranne Cantabria e Navarra. In Extremadura, feudo storico, il Psoe otterrebbe il 45 per cento dei voti. I socialisti potrebbero perfino conquistare assieme alla sinistra la comunità di Madrid (che è la regione che attornia la capitale, non la città), che da 24 anni è in mano al Partito popolare.
Si vota inoltre per le elezioni in 8.131 comuni e anche qui il Psoe potrebbe ottenere buoni risultati. Potrebbe ottenere la maggioranza assoluta nella città di Siviglia (in quell’Andalusia dove Sánchez aveva perso miseramente soltanto pochi mesi fa e dove Vox aveva cominciato la sua scalata nazionale), recuperare Saragozza e diventare partner di governo della sindaca Manuela Carmena a Madrid in caso di riconferma.
I sondaggi inoltre presentano due dati che dovrebbero deliziare il leader del Psoe. Il primo è la continua caduta del Partito popolare, che dovrebbe essere quello che perde di più da queste elezioni. Il secondo è che, inopinatamente, Vox potrebbe essere già in fase discendente – nelle elezioni amministrative, dove il voto di protesta ha meno trazione, il partito parafascista è intorno al 5 per cento in molte regioni, dopo aver ottenuto il 10 per cento alle elezioni politiche.
Queste vittorie, se confermate, darebbero modo a Sánchez di negoziare da una posizione di forza anche per la formazione del prossimo governo. Ciò non significa che l’impresa sarà facile, come si è visto ieri durante l’insediamento del Parlamento. I deputati di Vox si sono alzati all’alba e hanno rubato ai socialisti gli scranni a sinistra dell’emiciclo. Il loro leader, Santiago Abascal, si è seduto proprio dietro a Sánchez, ed è stato un continuo photobombing. Inoltre i quattro deputati indipendentisti catalani eletti si sono presentati grazie a un permesso speciale (sono in prigione in attesa di giudizio), e anziché giurare sulla Costituzione hanno “promesso”, invocando la repubblica catalana, tra gli ululati delle destre (i quattro hanno ottenuto l’incarico, ma presto saranno espulsi).
Sánchez ha per le mani una politica instabile e complicata. Per ora, però, sta correndo su e giù per la Spagna, di comizio in comizio, con una certa sicurezza. E’ vero che i sondaggi negli anni recenti hanno ricevuto un colpo via l’altro, ma l’ultima volta ci hanno preso.
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