Ivan Golunov ha ricordato al Cremlino che la Russia può ancora reagire
I dubbi e la rabbia per l’arresto del giornalista, fermato, colpito, pestato, con l’accusa di spaccio
Roma. Il risveglio ieri mattina è stato una sorpresa. Quando le edicole in Russia e i social si sono riempiti delle tre prime pagina messe l’una vicina all’altra, identiche nell’impaginazione e nella scritta, con una piccola variazione di colore, sembrava la scena di un racconto, la prova generale di un film che i russi hanno rinunciato a guardare. Tre quotidiani, il Kommersant, Rbc e Vedomosti, sono usciti con in prima pagina la scritta: “Io – da questo pronome ne nasceva un altro – noi siamo Ivan Golunov”. Le lettere intrecciate, la frase diventata simbolo di ogni protesta, la stampa che cerca di muoversi e appena si muove fa rumore. Le copie sono scomparse in fretta e qualcuno ha cercato di metterle in vendita, quasi si trattasse di merce rara, la dissidenza che diventa contestazione, la contestazione che si fa resistenza e già tutti a chiedersi chissà quanto durerà. Quelle copie di tre dei giornali più importanti sono il documento di qualcosa ancora da decifrare, di stanchezza, di rabbia, o il segnale che le autorità russe, con l’arresto del giornalista Ivan Golunov, hanno commesso un errore più grande del solito.
Golunov è un giornalista di inchiesta, è corrispondente da Mosca di Meduza, testata che ha la sede in Lettonia, nonostante quasi tutti i giornalisti siano russi. Da Riga può subire meno gli effetti delle autorità di Mosca, scrivere, produrre contenuti, spesso tradurli in inglese in modo che siano disponibili a un pubblico quanto più ampio possibile. Il giornalista è stato arrestato sabato scorso, fermato, colpito, pestato, con l’accusa di spaccio. La polizia dice di avergli trovato addosso quattro grammi di mefedrone, una sostanza simile alla cocaina, lui dice che la sostanza gli è stata messa nello zaino durante l’arresto. Per diverse ore non gli è stato possibile contattare un avvocato, né dare notizia del suo arresto e dopo aver passato diverse ore in cella senza mangiare e senza bere, per paura che la polizia potesse dargli del cibo con dentro qualche droga, in modo che risultasse positivo ai test, è stato visitato e condotto in ospedale. Golunov ha sempre seguito inchieste sulla corruzione e sabato è stato fermato proprio mentre andava a un incontro con una fonte. Il trentaseienne, già molto stimato tra i giornalisti, è diventato un’icona, un simbolo e per lui durante il fine settimana si sono mobilitati in molti, colleghi, studenti, registi, intellettuali, cartelli con il suo nome sono apparsi un po’ ovunque e il Tribunale di Mosca ha deciso così di concedergli gli arresti domiciliari in attesa del processo.
Ivan Golunov in carcere, foto LaPresse
L’attenzione è stata tanta, troppa, gli appelli, le richieste di chiarimento, le proteste, da subito è venuto fuori che nell’arresto le cose che non tornavano erano molte, il ministero dell’Interno, per giustificare l’azione della polizia, ha anche pubblicato delle foto in cui comparivano varie sostanze illegali. Il ministero aveva detto che si trattava di immagini scattate nell’appartamento del giornalista, ma poi ha dovuto smentire e ammettere che si trattava dell’appartamento di una banda di trafficanti. Ancora una volta, come nel caso Skripal, in cui sono venute fuori tutte le storture e le goffaggini dei servizi segreti quando due agenti del Gru, l’intelligence militare, sono andati nella cittadina di Salisbury in Gran Bretagna per avvelenare una ex spia (Sergei Skripal) lasciando tracce un po’ ovunque, le autorità hanno mostrato i difetti di un sistema che cerca di autogiustificarsi. Ma la storia di Ivan Golunov diventa ancora più bizzarra se si pensa alle dichiarazioni rilasciate ieri dal Cremlino. Dmitri Peskov ha detto che sì, forse sono stati commessi degli errori: “Gli errori non possono mai essere esclusi – ha detto il portavoce quando in conferenza stampa gli è stato chiesto di commentare l’errore del ministero dell’Interno – Gli errori vengono fatti anche dai giornalisti”. Intanto sono stati pubblicati i risultati tossicologici secondo i quali sulle mani di Golunov non ci sono tracce di droghe, e Peskov ha detto che il caso avrà bisogno di un’attenzione speciale.
Nella piazza che protesta, sulle prime pagine dei giornalisti, intanto si sta ricreando una piccola opinione pubblica. Una voglia di esprimersi, di raccontare. C’è anche la voglia di ricostruire, il sito web Meduza ad esempio ha cominciato a ricostruire dalla Lettonia, da Riga, a parlare di Russia ai russi – è uno dei siti di informazione più seguito dai giovani – e anche al resto del mondo. Da una parte c’è un sistema sempre più lento, in continuo affanno, che crede che una foto valga l’altra, se l’appartamento di un giornalista probabilmente innocente, o di una banda di trafficanti poco importa, l’importante è dimostrare di avere ragione. Dall’altra l’ansia di ripartire e di dimostrare che tanti anni di putinismo non hanno assopito totalmente la Russia.