Il passo indietro dei regimi
Hong Kong e Golunov. Cina e Russia non possono sempre fare quel che vogliono
Milano. Quando i regimi fanno un passo indietro cercano di non far rumore, ma si sentono lo stesso, eccome se si sentono. Abbiamo sentito il passo indietro che ha fatto la Russia su Ivan Golunov, il giornalista arrestato, picchiato, incastrato da immagini della sua casa piena di droga che erano state scattate da tutt’altra parte, mostrato in tv in lacrime rinchiuso in una gabbia in un’aula di tribunale e poi, dopo sei giorni, rilasciato, ogni accusa ritirata, caduta, cancellata.
Ivan Golunov (foto LaPresse)
Abbiamo sentito il passo indietro che ha fatto la Cina a Hong Kong sulla legge sulla estradizione che ora è stata sospesa perché “abbiamo capito le paure del popolo”, come ha detto la governatrice Carrie Lam, che nel giro di tre giorni si è messa a utilizzare un imbarazzato linguaggio da leader democratico: s’è scusata due volte, scuse “solenni e sincere”, ha detto che vuole portare a termine il suo mandato, “anche se i tre anni che mi aspettano saranno difficili, ma io e il mio team lavoreremo alacremente per ricostruire la fiducia pubblica”.
Questi passi indietro nascondono calcoli e scontri, non è che tutt’a un tratto Mosca e Pechino abbiano sviluppato una inedita sensibilità alle proteste di piazza o addirittura al rispetto dei diritti umani. In Russia, pare che l’arresto di Golunov sia stato fatto dai membri di un gruppo corrotto dei servizi segreti che erano al centro di un’inchiesta del giornalista. Il Cremlino ha voluto ribadire il suo monopolio sulle forze dell’ordine e ha ordinato il passo indietro, una prova di forza del regime più che un’accondiscendenza nei confronti delle proteste.
Anche a Hong Kong, il lavoro è a metà: la famigerata legge sull’estradizione non è stata ritirata (è stata prima rimandata poi sospesa) e la Lam non si è dimessa, come chiedeva e chiede la piazza. La Cina è di certo insoddisfatta della governatrice, ma ora teme che una sua cacciata renda ancora più bruciante l’umiliazione, dopo quelle proteste oceaniche e potenti e insaziabili che hanno imposto il passo indietro. Il rumore che si sente non è un tonfo, è semmai uno scricchiolio, gli esperti la chiamano “curva di apprendimento dei popoli” contro i regimi, e si sente.
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