Henriette Reker, sindaco di Colonia. Foto LaPresse

Il sindaco di Colonia sulla lista dell'odio

Micol Flammini

Henriette Reker minacciata dall’estrema destra, assieme a “ebrei e parassiti”

Roma. L’omicidio di Walter Lübcke, “terribile e insopportabile” come lo ha definito il presidente Frank-Walter Steinmeier, non è finito lì. Non è stato una piccola parentesi, nera e dolorosa, che ha aperto una fessura nella storia tedesca. Non è stato un fatto isolato, la volontà di un folle. E’ stato qualcosa di più profondo che non si è fermato al politico della Cdu favorevole all’accoglienza, ma ha altri obiettivi. Lübcke è stato ucciso il primo giugno da un esponente di estrema destra che gli ha sparato, i vari partiti politici tedeschi hanno cercato di far comprendere alla AfD l’importanza di mandare un messaggio di condanna contro un atto del genere, mentre diversi account estremisti sui social esultavano per la morte del politico e suggerivano che le morti non si sarebbero fermate. Da parte del partito nazionalista tedesco non ci sono state né condanne né tentativi di placare i toni.

   

Henriette Reker è il sindaco indipendente di Colonia, la Colonia della notte di Capodanno del 2016, delle 1.054 denunce, delle prime manifestazioni di Pegida contro le politiche di accoglienza di Angela Merkel. La Reker è stata una dei primi a reagire alla morte di Lübcke, “non un passo indietro”, aveva detto convinta, anche lei favorevole all’immigrazione, e questa settimana ha ricevuto una mail con un avvertimento: “La fase di pulizia è iniziata con Walter Lübcke. Ma ce ne saranno altri dopo di lui. Inclusa tu. La tua vita finirà nel 2020”. Anche una fondazione che si occupa di monitorare l’estrema destra, la Amadeu Antonio Foundation, ha ricevuto un messaggio simile che prometteva che la Germania “sarebbe stata ripulita dagli ebrei e dagli altri parassiti stranieri”. L’estrema destra già in passato aveva aggredito Henriette Reker, il sindaco, prima ancora che fosse eletto: era stata accoltellato alla schiena. Sopravvisse e il suo aggressore venne catturato. In Germania i casi di violenza politica sono un fenomeno in crescita dal 2015, quando la cancelliera tedesca prese la decisione di accogliere oltre un milione di migranti. Come racconta Katrin Bennhold del New York Times nel primo podcast della serie dedicata a capire le ragioni dei populismi in Europa, a Monaco le persone attendevano i migranti alla stazione, li vedevano scendere dal treno, li abbracciavano e intonavano, in inglese: “Say it loud, say it clear! Refugee are welcome here!”. Le cose sono cambiate molto, da allora le violenza dell’estrema destra sono aumentate, di anno in anno, nel 2017 secondo i dati forniti dalla Amadeu Antonio Foundation, i casi di violenza sono stati 12.700.

   

La violenza politica è arrivata anche nel piccolo comune di Altena, dove il sindaco Andreas Hollstein ha ricevuto minacce simili e anche lui due anni fa aveva subìto un attacco: in centro città, seduto al tavolo di un ristorante etnico, un uomo gli si erano lanciato alla gola con un coltello. Il motivo sempre lo stesso: politiche di accoglienza. I due sindaci, insieme ad altri politici, sono in una lista fitta di nomi, tra questi c’era anche quello di Walter Lübcke, nomi di nemici dell’ultradestra, politici che hanno risposto all’accoglienza con quello slancio con cui i tedeschi avevano accolto i rifugiati al loro arrivo, a quella speranza tutta tedesca con cui Angela Merkel aveva aperto le porte della sua nazione. L’arrivo dell’AfD in Parlamento ha contribuito a normalizzare quel tipo di linguaggio, ha reso possibile la fuoriuscita di comportamenti, frasi, gesti fino a poco tempo fa inesistenti o quasi. Gli estremisti erano relegati in ambienti minoritari, silenziosi perché non avevano la legittimità politica. Racconta Katrin Bennhold nel podcast: “Nel 2015 la Germania aveva aperto le braccia ai rifugiati”. Era stato quello il momento in cui un paese che nel suo passato aveva creato un esodo, le persone fuggivano dalla Germania perché avevano paura, era diventato il rifugio ideale, il paese della salvezza. Continua la giornalista: “Quella decisione di Angela Merkel aveva incarnato i valori liberali”. Con lei anche le azioni dei sindaci, di Lübcke, come della Reker, come della Hollstein e tutti quei nomi nella lista dell’odio politico.