Joe Biden e i lupi
Doppio turno di dibattiti per i candidati democratici alla presidenza. L’obiettivo è: tirar giù il primo. Tra tattiche e accuse pretestuose, il partito non ne uscirà più forte
Oggi e domani i venti candidati democratici alla presidenza degli Stati Uniti si presentano al loro primo dibattito in tv – in due serate da dieci alla volta che saranno trasmesse da Miami. Questo rende l’idea del primo, grande problema che incombe sulle primarie democratiche: ci sono troppi candidati e anche se sono stati ammessi al confronto televisivo soltanto quelli che superano una soglia minima nei sondaggi è stato necessario organizzare un doppio turno.
Mancano ancora ventuno mesi alle elezioni presidenziali, è presto ma se potessimo usare una sola metafora in questo testo ce la bruceremmo subito così: è adesso che escono fuori i coltelli tra i candidati democratici. E’ la prima volta che abbandonano il mondo rarefatto della fase iniziale delle campagne elettorale, quella in cui si muovono da soli da comizio a comizio senza troppo contraddittorio e senza veri attacchi personali – quelli sono tenuti in serbo per dopo – e si vedono tutti assieme davanti alle telecamere. Alti e bassi, più bravi sotto i riflettori e meno bravi, troppo professorali o poco energici. Cozzeranno gli uni contro gli altri e lo schema sarà semplice. In alto lassù in cima a tutti i sondaggi c’è un tappo formidabile, Joe Biden, con un vantaggio che a seconda delle rilevazioni varia da dieci a quindici punti percentuali e che per ora tiene fermi tutti gli altri e la competizione in generale. Dietro a lui ci sono Bernie Sanders ed Elizabeth Warren e poi il gruppone, e tutti sono costretti a dare l’assalto al primo in classifica altrimenti non riusciranno ad arrivare con qualche ragionevole chance di riuscita nemmeno alla fase delle primarie stato per stato. Nate Silver, l’esperto più riverito di sondaggi e di statistica, scrive che secondo lui l’ex vicepresidente ha meno del cinquanta per cento delle probabilità di diventare il candidato ufficiale del Partito democratico, che è comunque una percentuale molto alta e gli altri lo sanno. Prima c’è da tirare Biden giù in basso al loro livello, oppure la gara è finita ancora prima di cominciare.
La candidata dei democratici Elizabeth Warren (Foto LaPresse)
L’ex vicepresidente per ora gode di invulnerabilità elettorale, non perde mai punti nei sondaggi, ma in tv potrebbe rovinarla
Per ora è stata la stampa a occuparsi di attaccare Biden. Ieri il New York Times aveva un editoriale che spiegava che Biden visto da vicino ha molta meno “eleggibilità” di quanto sembri. L’eleggibilità è una qualità indefinibile di cui si parla molto perché sembra che Biden ne disponga a profusione, a dispetto degli altri, e questo fa arrabbiare i commentatori nei media. E spesso quelli amplificano con accanimento storie anti Biden che, diciamo, finora non sembrano pericolosissime. L’ex vicepresidente è troppo affettuoso e smanaccione con le donne, è stato scritto, ma come rilevano in molti ci si occupa molto di più di lui che annusa i capelli di una compagna di partito che della ventiduesima donna che accusa di stupro il presidente in carica Donald Trump. Questo è stato il primo botta e risposta. Poi è venuto il voltafaccia di Biden a proposito di un emendamento che proibisce l’uso di soldi governativi per pagare aborti – è stato a favore di quell’emendamento per tutta la sua carriera politica, ma adesso si oppone perché ha capito che non è più aria e non vuole scontentare troppi elettori. Infine c’è una sua dichiarazione molto criticata sul fatto che è possibile lavorare anche con politici repubblicani razzisti. Ebbene, ogni volta twitter e i giornalisti fanno molto rumore ma i sondaggi restano immobili – e molto alti. “Quando è arrivata una cosiddetta cattiva settimana per Biden oppure una polemica che avrebbe dovuto ucciderlo, non è successo nulla”, dice al sito Politico John Anzalone, il capo dei sondaggisti che lavorano per l’ex vicepresidente.
La campagna di Biden è costruita sulla tesi che il Partito democratico non è così giovane e di sinistra come sembra su Twitter
La visione convenzionale a proposito di Biden è per molta parte sbagliata: che i suoi sondaggi migliori sarebbero rimasti quelli del primo giorno di candidatura, che lui è troppo moderato, o troppo vecchio, o troppo bianco per il Partito democratico moderno, scrive Politico. In pratica la campagna di Biden è costruita proprio su questa tesi: che la base dei democratici americani non è per nulla così liberal e così giovane come si pensa in genere, e che i media confondono le voci molto liberal su twitter con il pensiero dell’elettorato democratico. In questa fase, è quasi come se Biden fosse protetto dall’incantesimo della Quinta Avenue, che è quella sensazione descritta così dal candidato Trump nel 2016: “Potrei scendere in mezzo alla Quinta Avenue e sparare a qualcuno e gli elettori mi voterebbero lo stesso”.
L’inseguimento copre la lotta tra la sinistra e il centro del partito, due fazioni inconciliabili che si vogliono eliminare a vicenda
Biden tuttavia potrebbe soffrire molto questo confronto faccia a faccia con la muta dei lupi. In campagna cerca di evitare il più possibile le occasioni in cui potrebbe essere costretto a improvvisare, ma il dibattito si gioca tutto su questo e i suoi avversari saranno in circolo e agguerriti, con gli occhi puntati su quel settanta per cento circa di elettori democratici che non a con Biden e per ora è ancora in ordine sparso senza avere preso decisioni definitive.
C’è un pericolo in queste primarie che atterrisce i pezzi grossi del partito ed è l’effetto “plotone di esecuzione circolare”. Da mesi temono che il numero di candidature così alto finisca per danneggiare la campagna per sbarrare a Donald Trump la strada verso il secondo mandato e che questo sarà molto evidente nei dibattiti a partire da stasera. Molti dei convocati hanno percentuali molto basse nei sondaggi e devono cercare qualche colpo molto efficace per uscire al di sopra della mischia e trovare un po’ d’aria. Se hai a disposizione poche frasi che cosa arriverai a dire per essere il candidato di cui tutti parleranno tutti il giorno dopo? Il sistema non premia il ragionamento moderato, esalta invece la fucilata sparata da vicino e senza pietà. Effetto plotone di esecuzione circolare, ciascuno spara agli altri e alla fine non resta in piedi nessuno, o meglio resta un sopravvissuto molto indebolito che potrebbe non riuscire ad affrontare l’avversario vero: Donald Trump, che si presenta con alle spalle un Partito repubblicano che sembra venire dalla Cina per quanto è compatto.
La senatrice Kamala Harris, uno dei candidati alle primarie democratiche (Foto LaPresse)
I capi del partito temono l’effetto “plotone di esecuzione circolare”: tutti colpiscono tutti e il sopravvissuto è troppo malconcio
La settimana scorsa Cory Booker ha detto che la relazione amichevole di Biden con i segregazionisti bianchi non è il modello che segue lui per rendere l’America più sicura e migliore per i neri. “Se avessero vinto quelli, non sarei senatrice degli Stati Uniti”, ha detto Kamala Harris. E questi sono esempi in fondo marginali, che non riguardano la grande divisione fra i candidati democratici: quelli della sinistra e quelli del centro. Già nel 2016, quando si fronteggiarono Bernie Sanders e Hillary Clinton, realizzammo che le due anime del Partito democratico erano diventate irriconciliabili. La questione Trump copre sempre tutto perché si parla soltanto dell’urgenza di batterlo, ma i due candidati democratici del 2016 non partecipavano a un dibattito interno per scegliere il candidato con le migliori possibilità di vincere, erano gli alfieri di due visioni del mondo che non possono andare d’accordo e in rotta di collisione apocalittica fra loro. Una parte degli elettori di Bernie alla fine non votò per Hillary perché non si sentiva più rappresentato nella corsa dopo l’uscita del suo beniamino – in una competizione, quella di tre anni fa, che fu decisa da uno scarto esiguo. I temi divisivi sono tanti. Con Israele o contro Israele, per l’impeachment di Trump o contro l’impeachment di Trump, a favore di politiche drastiche per fronteggiare il climate change oppure no, a favore di misure economiche socialisteggianti oppure no. Questa è la trama del dibattito di stasera e di domani. Tutti contro Biden e sinistra contro centro, per definire cosa è il Partito democratico americano.