Nelle mani di Merkel c'è tutta la sua leadership: compostezza e resistenza
Anche con il tremore in corpo la cancelliera rimane lei
L’abbiamo vista tremare di un tremore irreale, dalla testa ai piedi, da una spalla all’altra. Un tremore fitto, continuo, quasi una danza incontenibile, un fremito sofferto, un impulso feroce del corpo alla trasformazione. Le mani, una sull’altra, composte, controllate che sembravano voler ordinare a tutto il corpo di stare fermo. La prima volta che le è accaduto era vicina al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in visita a Berlino per parlare di Russia e accordi di Minsk. I due leader in piedi, gli inni nazionali, il vento, il sole. Le musiche finiscono e lei smette di tremare, di un pallore reverenziale va avanti, mentre il povero Zelensky, a cui sembrava fosse entrato nelle ossa quel tremore, la guarda con gli occhi sbarrati. “Ho bevuto tre bicchieri di acqua e ora sto bene”, aveva detto Angela Merkel suggerendo che si trattasse di disidratazione. Per otto giorni tutto normale, un colpo di sole, ci siamo detti, e giovedì di nuovo quello stesso tremore, questa volta al castello di Bellevue, al fianco del presidente della Repubblica Frank-Walter Steinmeier durante la nomina del nuovo ministro della Giustizia Christine Lambrechte. Lo stesso tremore che la scuote tutta, parte delle gambe, quasi una forza che viene dalla terra e si interrompe all’improvviso. Un piccolo terremoto solo ai piedi di Angela Merkel. La cancelliera è rimasta ferma, si mordeva le labbra mentre guardava in avanti e si prendeva le mani, le teneva ferme, mentre rifiutava con cortesia un bicchiere di acqua forse per timore di rovesciarselo addosso. Angela Merkel, composta, decisa, con un velo di timore che traspare tutto dalle sue labbra, si ferma non appena Steinmeier smette di parlare, pronta a dare la mano al ministro della Giustizia uscente Katarina Barley. Qualche ora dopo il suo portavoce comunica che la Merkel sta bene e che partirà, come previsto, per il G20 a Osaka.
Tra i tremori che vanno e vengono, mentre siamo tutti lì con il fiato sospeso ad aspettare che qualcuno ci dica che la cancelliera sta bene, che il malore è davvero un malore – Reuters giovedì ha scritto che nella storia clinica della Merkel non ci sono malattie di cui dovremmo preoccuparci – lei ha mostrato plasticamente la forza della sua leadership. Compostezza e resistenza, tutte nelle sue mani che da sole tentavano di fermare il tremore. Angela Merkel è diventata cancelliere della Germania nel 2005, in un’elezione di cui lei sembrava il corredo, il complemento attorno a uno Schröder pigliatutto, non andò così, e a giurare da cancelliere fu lei e non lui. Da quel momento ha vinto tutto, è diventata la custode dell’Europa, di una certa idea di Europa, fatta di rigore e di austerità ma anche di apertura e di accoglienza. Lei, sola donna in mezzo a cori di uomini sbraccianti, senza dover mai fare del suo essere donna una battaglia, si è mossa con calma, a piccoli passi, con rigore da fisico. Ha ascoltato e ha contribuito a costruire un nuovo mondo, insegnando all’Europa a resistere, laddove sembrava stesse per crollare: la Grecia, i migranti, il trumpismo. Quattordici anni di leadership, molte prove, oggi questo tremore improvviso, spaventoso, e la sua strategia di sempre, che è l’essenza del merkelismo: il controllo, la resistenza, nessuna ostentazione.
I conservatori inglesi