Se Draghi diventa il candidato gialloverde
La Lega lo vorrebbe presidente della Commissione. Paradossi sovranisti
Il paradosso ha in fondo una sua lineare logicità: che il governo di quelli che volevano stravolgere gli equilibri dell’Europa, si affidi a uno dei massimi garanti della stessa Unione, è qualcosa di assolutamente comprensibile. Chi, tra i paladini del sovranismo nostrano, potrebbe essere preso in considerazione, a Bruxelles? E dunque non sorprende più di tanto il fatto che, nella Lega, crescano i sostenitori – forse fuori tempo massimo – di Mario Draghi come possibile presidente della Commissione. “Sarebbe motivo di orgoglio”, ha detto giorni fa Matteo Salvini, lo stesso che però ha promosso come responsabile Esteri del suo partito a Bruxelles Marco Zanni, e cioè l’ex grillino che per cinque anni ha interpretato l’improbabile ruolo di fustigatore del presidente della Bce, da lui simpaticamente chiamato “il draghetto”. Ma d’altronde, al tempo del “governo del cambiamento” va così: e si arriva al punto che sembra normale che proprio i leghisti, quelli che hanno accusato Draghi di ogni nefandezza, ritenendolo tra i responsabili di “tutte le sciagure dell’Italia” (cit. Claudio Borghi) ora si affidino allo stesso Draghi come l’unico italiano davvero spendibile, da questa maggioranza, per ruoli di grande prestigio a Bruxelles. No, non era una semplice battuta, quella di Salvini.
Nel Carroccio si spera davvero che, dal caos inconcludente in cui s’è risolta finora la contrattazione del Consiglio europeo, possa alla fine spuntare il nome di Draghi per superare lo stallo. Lui ha fatto trapelare un disinteresse di circostanza, com’era d’obbligo: “Ma se la mediazione portasse a lui – ragionano nel quartier generale della Lega – come potrebbe rifiutare?”. Non sarà affatto semplice, e forse una candidatura del genere sarebbe dovuta essere preparata con ben altra accortezza. E tuttavia, perfino ora, se Giuseppe Conte – che a Bruxelles è andato più che altro per elemosinare clemenza sulla procedura d’infrazione – avanzasse la candidatura di Draghi a presidente della Commissione, sarebbe difficile per chiunque, perfino per la Merkel e Macron, bocciarla con leggerezza. Servirebbe, se non altro, per provare a uscire dall’irrilevanza a cui il grilloleghismo ha relegato l’Italia nei consessi europei.