Perché i populisti possono rubare restando immuni agli scandali
Spartire il bottino con l'elettorato, fare propaganda e muoversi in una sfera pubblica priva di standard di verità e di regole di decoro. Così i casi di corruzione non provocano danni. Anzi
Le grandi proteste in piazza a Praga che da settimane chiedono le dimissioni del capo del governo Andrej Babiš (al centro di uno scandalo che riguarda l’uso di fondi europei e coinvolge il conglomerato industriale di sua proprietà, Agrofert), testimoniano ancora una volta il legame pericoloso tra il discorso populista (sì, quelli dell’onestà-tà-tà) e la corruzione. Dappertutto, infatti, i governi populisti sono associati alla corruzione, al nepotismo e all’incompetenza. Eppure i populisti sembrano immuni agli scandali. Rivelazioni che, solo qualche anno fa, avrebbero scioccato gli elettori, scivolano addosso ai leader e ai ministri populisti senza lasciare traccia; e il più delle volte, ciò che non li uccide sembra renderli addirittura più forti.
Gli esempi non mancano. In questi giorni BuzzFeed ha diffuso la registrazione della trattativa tra uomini di fiducia di Matteo Salvini e alcuni russi per negoziare, pare, un finanziamento milionario di Mosca alla Lega. Ma è un pezzo che la Lega è al centro di scandali, polemiche ed indagini, al punto che nei primi anni Duemila un cartello delle valli bergamasche sintetizzava amaramente “Ladroni in casa nostra”; e l’arresto di alcuni componenti della famiglia Arata (tra le grane della Lega non c’è solo la vecchia storia del 49 milioni, su cui Salvini continua a far finta di nulla) non è che l’ennesimo scandalo che riguarda un partito che doveva eliminare il marcio della politica.
Ma, appunto, tutto il mondo è paese. Quando Der Spiegel ha riportato che il partito di estrema destra Alternative für Deutschland avrebbe ricevuto fondi sospetti da finanziatori extra Ue (russi, ovviamente) in barba alle leggi tedesche, ai militanti e agli elettori del partito la notizia è entrata da un orecchio e uscita dall’altro; e quando lo stesso settimanale ha diffuso un filmato nel quale l’ex vice cancelliere austriaco Heinz-Christian Strache scendeva a patti con una (finta) oligarca russa, offrendole importanti appalti pubblici in cambio di un sostegno economico per il suo partito, il Partito della Libertà (di estrema destra) ha perso soltanto un paio di punti nei sondaggi e, c’è da scommettere, solo temporaneamente. Allo stesso modo, i partiti del primo ministro ceco Andrej Babiš e del primo ministro ungherese Viktor Orbán continuano a spadroneggiare nei loro paesi nonostante la corruzione e gli scandali.
Per non parlare di Jaroslaw Kaczynski, il padre-padrone di Diritto e Giustizia (PiS) amico di Salvini, più volte premier e ministro e, di fatto, sovrano incontrastato della Polonia, che sembra del tutto impermeabile agli scandali. Praticamente ogni settimana i media indipendenti polacchi rivelano un qualche losco affare nel quale sarebbero invischiati Kaczynski (accusato di recente di un grosso scandalo immobiliare relativo alla costruzione delle “torri gemelle” di Varsavia, denominate significativamente K-Towers) e il suo partito. Eppure, da quando il PiS è al potere (dal 2015) nessun ministro si è mai dimesso, nonostante gli scandali, che sembrano addirittura aver consolidato la base del partito; e sebbene la maggior parte dei polacchi ritenga che gli abusi siano reali, ciò non ha impedito al PiS di ottenere una vittoria importante nelle elezioni del Parlamento europeo con il 45,5 per cento dei voti che gli assicura un ampio margine di manovra. Perché?
Jan-Werner Müller, nel suo libro sul populismo, ha spiegato che la governance populista ha tre caratteristiche: l’occupazione dello stato; la corruzione e il “clientelismo di massa”; la repressione sistematica della società civile. Ovviamente, molti despoti fanno cose simili. “La differenza – sostiene Müller – è che i populisti giustificano la loro condotta rivendicando che solo loro rappresentano il popolo; ciò permette loro di dichiarare apertamente le loro pratiche. Il che spiega anche perché i casi di corruzione danneggiano raramente i leader populisti (basta pensare ad Erdogan in Turchia o a Haider in Austria). Agli occhi dei loro seguaci ‘lo fanno per noi’, l’unico popolo autentico”.
Secondo Slawomir Sierakwski, fondatore del movimento (e del giornale) Krytyka Polityczna e direttore dell’Institute for Advanced Study di Varsavia, in Polonia il governo del PiS è immune agli scandali per due ragioni. La prima ha a che fare con un’economia in rapida crescita, che gli ha permesso (senza alimentare il debito pubblico, come si fa dalle nostre parti) di sostenere, uno dopo l’altro, una serie di programmi sociali diretti ai “forgotten”, agli elettori più emarginati. Per esempio, proprio prima delle elezioni del Parlamento europeo, il governo ha distribuito una mensilità in più ai pensionati ed erogato somme di denaro agli abitanti della campagna: entrambi i gruppi hanno votato in massa per il PiS. Il secondo fattore è la propaganda. Poiché Diritto e Giustizia solleva costantemente accuse false e diffamatorie contro l’opposizione e gruppi interi come i medici, i giudici, gli insegnanti, gli scandali reali non sembrano più cosi indecenti e compromettenti. L’imbarbarimento e il degrado del dibattito pubblico non sono casuali, sottolinea Sierakwski. Kaczynski ha infatti compiuto uno sforzo consapevole per creare un ambiente mediatico nel quale tutto è permesso. Ecco perché il leader di Diritto e Giustizia accusa il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk di aver complottato con i russi per evitare di indagare sull’incidente aereo che ha ucciso suo fratello nel 2010; ecco perché tresca con le teorie del complotto che circolano anche sulla cancelliera tedesca Angela Merkel (che sarebbe stata portata al potere dalla Stasi, la celebre polizia segreta della Germania Est) e sui richiedenti asilo che trasmetterebbero malattie infettive.
Per un politico come Kaczynski, una sfera pubblica priva di standard di verità e di regole di decoro è l’ideale. I media e l’opposizione possono denunciare quel che vogliono; non cambierà nulla. Mentre i giornalisti investigativi elencano un fatto dopo l’altro, ricevuta dopo ricevuta, e pubblicano rigorose indagini durate anche un anno, il PiS è impegnato ad avvelenare il discorso pubblico attraverso i media di stato che controlla.
“Grazie all’uso spregiudicato dei contributi pubblici mirati e della propaganda – ha scritto Sierakwski – il Pis non è soltanto immune agli scandali, ne beneficia. Dove chiunque altro vede venire a galla episodi terribili, i sostenitori del PiS vedono un attacco frontale ai loro interessi. Le rivelazioni sugli illeciti e gli abusi compiuti dal partito al potere, rafforzano semplicemente la determinazione di molti lavoratori polacchi a difendere un governo che ha concesso loro dei vantaggi attraverso i trasferimenti sociali”. “E così – conclude il sociologo polacco – la Polonia (e l’Europa) si trova alle prese con un governo che è completamente impermeabile agli scandali e alle accuse di incompetenza e di nepotismo. La gestione del PiS è al di sopra di ogni sospetto, non perché sia un’autorità morale, ma proprio perché è così spudoratamente immorale. Può anche saccheggiare il paese, ma sta spartendo il bottino quel che basta per non doversi guardare le spalle”. Suona familiare, vero?