Il presidente può bloccare chi vuole? Cosa dice il Wsj
Perché bisogna guardare oltre Trump per difendere Trump su Twitter
Milano. Da quando, a metà della settimana, un tribunale d’appello americano ha vietato al presidente Donald Trump di bloccare su Twitter i troll e le persone sgradite sono successe due cose: è cominciato un dibattito culturale e giuridico notevole ed è scoppiato quel gran bubbone di controversie che è fare politica usando i social media. Ricapitoliamo brevemente: secondo il tribunale americano, l’account Twitter personale del presidente degli Stati Uniti è uno spazio pubblico, e per questo evitare che un cittadino vi possa avere accesso (bloccandolo su Twitter) è una violazione del Primo emendamento della Costituzione americana. La sentenza ha colpito anche politici di sinistra: poco dopo la decisione del tribunale, la deputata democratica Alexandria Ocasio-Cortez è stata denunciata per la stessa ragione da alcuni utenti che lei aveva bloccato su Twitter.
Il cuore del dibattito è la natura di Twitter: luogo di discussione privato gestito da un’azienda privata oppure luogo di discussione pubblico, eletto in quanto tale dall’uomo più potente del mondo? I giudici della corte d’appello hanno scelto quest’ultima interpretazione, ma il Wall Street Journal, in un editoriale pubblicato ieri, fornisce alcuni elementi interessanti. Anzitutto a livello giuridico, ricordando che la divisione tra piattaforme private e luoghi di dibattito pubblico è stata sancita dalla Corte suprema, da ultimo in una sentenza del mese scorso in cui si legge che quando “un’entità privata fornisce un forum di discussione, l’entità privata non è ordinariamente vincolata dal Primo emendamento perché l’entità privata non è un attore statale”. In secondo luogo, il Wall Street Journal cita un argomento e un caso piuttosto convincenti. L’argomento: che ne dite di Facebook? Molti politici lo usano come fa Trump, come piattaforma pubblica. Ma allora i politici su Facebook sono costretti ad accettare le richieste di amicizia di tutti gli svitati che gliele chiedono? Il caso presentato dal Wsj risale invece all’anno scorso, e riguarda un legislatore locale della California che ha bloccato un gruppo di novax perché questi scrivevano su Twitter che il suo piano per vaccinare i bambini era come il nazismo. Anche lui deve sbloccare gli sciroccati e farsi dare del nazista?
In base alla sentenza, scrive il Wall Street Journal, “i politici potrebbero dover scegliere tra abbandonare i social media – cosa che limiterebbe la loro possibilità di comunicare con gli elettori – e tollerare molestie e bugie”. Il grosso problema è che Donald Trump è il primo molestatore e bugiardo quando si tratta di atteggiamenti tossici sui social media. Ma il comportamento del presidente troll non dovrebbe rovinare l’utilizzo dei social a tutti gli altri.