Podemos riscopre la sua anima grillina e va al sabotaggio di Sánchez
A negoziati in corso, l'estrema sinistra spagnola attiva la sua piattaforma online per una grande prova di democrazia diretta: chiedere agli iscritti che tipo di governo vogliono fare
Milano. Da settimane, Pablo Iglesias, leader di Podemos, partito spagnolo di estrema sinistra, è in negoziato con Pedro Sánchez, leader del Partito socialista (Psoe) per la formazione del governo di Spagna. Le trattative sono dure: Sánchez vorrebbe fare un governo di minoranza con Podemos (nome completo: Unidas Podemos) in appoggio esterno, al massimo è pronto a concedere la scelta di qualche figura tecnica all’interno dell’esecutivo, mentre Iglesias vuole fare un governo di coalizione in piena regola, e circola voce che vorrebbe diventare vicepremier. I negoziati sono così duri che a un certo punto alla fine della settimana scorsa a Iglesias è venuta un’idea: diamo la parola al popolo degli iscritti! Su internet! Ricorda qualcosa?
A negoziati ancora in corso, Podemos ha attivato la sua piattaforma online per una grande prova di democrazia diretta: chiedere agli iscritti che tipo di governo vogliono fare. I due quesiti sono lunghi e articolati, e soprattutto non sono molto equilibrati. Le opzioni sono due: governo di coalizione del Psoe o appoggio esterno, ma la formulazione dei quesiti rende piuttosto chiaro per quale delle due scelte parteggia la dirigenza di Podemos. Votazione online, democrazia diretta, quesiti pilotati: sembra Rousseau.
Non è un caso. Podemos e il Movimento cinque stelle sono nati, prima ancora di diventare partiti, da circostanze simili e per rispondere a istanze simili. Hanno preso strade diverse nel corso del tempo, Podemos si è istituzionalizzato in un partito di sinistra radicale, mentre il M5s mantiene l’anima movimentista e deve ancora rispondere a molte domande sulla sua identità politica, ma la radice comune rimane.
La decisione di appellarsi agli iscritti online è una mossa soprattutto tattica (ecco un’altra somiglianza: dietro alla facciata di democrazia interna sia Podemos sia il M5s sono due partiti estremamente centralizzati) per cercare di forzare la mano a Sánchez. Iglesias ha capito che non può permettersi di trascorrere i prossimi quattro anni a votare sì ai provvedimenti del governo e lasciare che Sánchez se ne prenda tutti i meriti: i consensi di Podemos sono già in calo e i flussi elettorali mostrano che la stragrande maggioranza degli elettori in fuga è andata al Psoe. Ha bisogno di risultati immediati, dove per risultati si intende: poltrone nel nuovo governo.
Sánchez però ha i numeri e i sondaggi dalla sua parte, ha definito “una sceneggiata” il voto online di Podemos e ha detto che per lui i negoziati sono chiusi. Durante un’intervista radiofonica lunedì, Sánchez si è mosso prima di Iglesias nello scaricare le colpe: se non ci sarà un governo di sinistra, sarà per l’intransigenza di Podemos. La dirigenza del partito di estrema sinistra, di rimando, si è detta pronta a riaprire i negoziati. Il voto di fiducia è previsto per il 23 luglio (la seconda votazione, quella in cui Sánchez potrebbe avere abbastanza voti per fare un governo di minoranza, sarà il 25), ed è ancora possibile che i due partiti trovino un accordo e si formi il governo.
Ma se Podemos vota no al governo Sánchez, allora ci sono due possibilità: la prima è che si torni a nuove elezioni a novembre. La seconda è lasciar passare l’estate e ripetere il voto di fiducia a settembre. La pausa estiva, sostengono i socialisti, potrebbe portare a più miti consigli non tanto Podemos ma soprattutto Ciudadanos, il partito centrista che forse, per Sánchez, potrebbe essere un partner migliore. Giusto ieri Albert Rivera, leader di Ciudadanos, ha cambiato la struttura della dirigenza del partito per mettere in minoranza proprio i dissidenti interni che vorrebbero un accordo con il Psoe, e questo non è di buon auspicio per Sánchez.