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Sullo stato di diritto non si è vaghi. Quel che von der Leyen ha imparato in pochi giorni

Micol Flammini

“Gli europei hanno combattuto duramente per la loro libertà e indipendenza. Lo stato di diritto è il nostro miglior strumento per difendere queste libertà e proteggere i più vulnerabili". Le famiglie europee e le procedure d’infrazione

Roma. Non è il momento per essere indecisi, per corteggiare gli incorteggiabili, anche se, grazie ai voti di qualche incorteggiabile, si può ottenere la presidenza della Commissione europea, la carica più importante all’interno dell’Ue. Ursula von der Leyen il peso delle parole e delle idee lo ha imparato qualche settimana dopo la sua candidatura, ha capito che il momento di flirtare, di irretire, di rimanere vaghi nel gioco delle nomine può soltanto fare danno e sullo stato di diritto in Europa si gioca una battaglia importante. Una settimana dopo i suoi incontri con le famiglie politiche, incontri infruttuosi e piuttosto caotici, Ursula von der Leyen ha deciso di ristabilire i ruoli, di sottolineare che no, l’Europa non è ancora alla rottura con il passato, ma ci sono punti, argomenti, valori, sui quali non si accettano passi indietro né compromessi. Uno di questi è lo stato di diritto. A diventare leader si impara con il tempo, anche a posizionarsi e la sua candidatura, la scorsa settimana, dopo i vari colloqui aveva lasciato una serie fitta di dubbi e qualche imbarazzo. I Verdi per primi avevano dichiarato che quell’Unione, così come la presentava la von der Leyen, non andava bene e la candidata non avrebbe avuto il loro voto. Anche per i socialisti l’incontro e le parole spese su alcuni temi, come lo stato di diritto, erano state piuttosto deludenti e hanno fatto capire che se il ministro della Difesa non avesse iniziato a dare qualche risposta, non avrebbe ottenuto nemmeno il voto socialista. Persino i liberali, che della von der Leyen sono stati tra i più convinti sostenitori, avevano espresso un po’ di contrarietà, questa Ue è una battaglia, la prossima legislatura sarà più importante delle precedenti e va conquistata. Per farlo ci vogliono idee e valori, ma anche proposte concrete da presentare per vincere contro chi vorrebbe distruggere l’Unione europea e un presidente della Commissione non può dimostrarsi fragile su un tema come lo stato di diritto, che ha corroso parte dell’unità europea negli ultimi anni. Ursula von der Leyen non rappresenta di certo una rottura con l’Ue del passato, è tedesca, è popolare, è la continuità, un ponte molto europeista lanciato verso una legislatura che deciderà il futuro dell’Unione, ma per guidare i futuri cinque anni c’è bisogno di fermezza.

 

“Difenderemo le regole del diritto ovunque esse siano attaccate”, ha detto ieri la von der Leyen, aggiungendo che non è disposta a raggiungere compromessi. “Gli europei hanno combattuto così duramente per la loro libertà e indipendenza. Lo stato di diritto è il nostro miglior strumento per difendere queste libertà e proteggere i più vulnerabili nella nostra Unione”, ha aggiunto ieri a Strasburgo ristabilendo quali sono i valori, i sentimenti e anche le battaglie. Ha dimostrando di voler essere severa e tra le famiglie europee, quelle della maggioranza, c’è chi aspettava questo momento. Lo stato di diritto non è soltanto una battaglia morale da combattere dentro alla Commissione, ma soprattutto politica. I liberali hanno chiesto l’introduzione di un meccanismo di sanzioni per i paesi come la Polonia e l’Ungheria accusate di non rispettare le leggi europee sullo stato di diritto, vorrebbero che i fondi europei, di cui Budapest e Varsavia sono tra i maggiori beneficiari, venissero erogati in base al rispetto delle regole europee, una strada più veloce e più efficace delle procedure di infrazione iniziate dalla Commissione contro Polonia e Ungheria. Poi c’è Fidesz, il partito di Viktor Orbán è ancora dentro al Partito popolare europeo, vive da sorvegliato speciale, sospeso in attesa di giudizio. Il giudizio che pende su Fidesz riguarda anche lo stato di diritto, dovrà essere valutato e i popolari dovranno prendere delle decisioni su Orbán, rimandate ormai per troppi mesi. La nuova Unione europea ha bisogno di chiarezza, di ambizione. Ursula von der Leyen ieri a Strasburgo ha rinunciato alla vaghezza e si è ripresa le battaglie europeiste, e ad alcuni degli incorteggiabili ha detto: “Sono sollevata che non avrò il suo sostegno per me è veramente un premio per tutto quello che ho fatto”.