Pragmatica, seria e determinata. Ecco la Ursula von der Leyen che conosco
Come migliorare l'Europa lasciando perdere pseudo rivoluzioni
Non c’è stato neppure il tempo di esprimere la giusta soddisfazione per l’elezione, tesa e un po’ fortunosa, di Ursula von der Leyen (UvdL) a presidente della Commissione europea che già cominciano le bordate tese a sminuire l’importanza almeno dell’evento in sé, indipendentemente da quanto UvdL sarà capace, e in grado, di realizzare in Europa e per l’Europa.
Eppure festeggiare è giusto. Anzitutto perché un importante “soffitto di cristallo” è stato spezzato mentre un altro evento analogo si potrà festeggiare con il passaggio di Christine Lagarde a capo della Bce. Ambiti e ruoli finora riservati agli uomini sono diventati accessibili alle donne e questo ha, di per sé, una grande valenza innovativa. Nel caso di UvdL, poi, un motivo di compiacimento è anche che è stata indicata e voluta da un’altra donna, Angela Merkel, che ha saggiamente deciso di uscire di scena, senza aspettare che il logorio del potere ne appannasse la statura (quale differenza rispetto alla maggioranza di maschi che affollano la scena politica europea e italiana, indisponibili a lasciare le loro poltrone anche quando, magari per ragioni di età, la loro mediocrità sfuma in oggettiva pochezza).
E invece no, la soddisfazione ci è subito negata da una chiave di lettura che vede nella scelta di entrambe, in combinata, la mano dello scaltro Macron, per accaparrarsi la Bce, quasi a negare che un potere così alto possa in effetti essere esercitato da donne senza una regia maschile dietro le quinte. (Per non parlare delle letture nostrane subito riportate all’ennesima occasione di scontro tra gli ormai palesemente incompatibili Salvini e Di Maio, quest’ultimo per una volta non perdente nel caso specifico dell’elezione di UvdL).
Cherchez la femme, si dice sempre quando un uomo di potere inciampa in qualche incidente di percorso. Nel caso delle donne al comando, però, si fa subito intendere che se ci sono arrivate è per volere di un uomo, di cui inevitabilmente diventano succube. Una chiave di lettura che tradisce l’insofferenza per una piena parità di opportunità in ogni ambito, ma particolarmente ai piani più elevati del potere economico-finanziario e politico. E’ fin troppo scontato ricordare, per esempio, le frasi ingiuriose usate da Trump nei giorni scorsi contro alcune parlamentari democratiche quasi che gli risulti molto più intollerabile essere attaccato da donne che non da uomini, cosa in sé quasi “normale” oggi in politica.
E, naturalmente, in quanto “scelta” da un uomo, la donna al potere non può che essere debole e “manovrata”. Non so se UvdL sarà un presidente debole della Commissione europea, e data la scarsissima maggioranza con cui è stata eletta, per di più in un Parlamento molto frammentato, la cosa non si può certo escludere, anche a dispetto della sua grande determinazione e delle sue indubbie qualità, delle quali sanno qualcosa i generali dell’esercito tedesco, che le avevano inizialmente sottostimate. Non lo so, nonostante l’abbia personalmente conosciuta Ursula von der Leyen nel periodo 2011-’13, quando ero ministro del Lavoro e lei ricopriva la stessa carica nel governo della cancelliera Merkel. Insieme abbiamo lavorato a un importante programma di apprendistato duale per i ragazzi del nostro sud, finanziato dal governo tedesco e tristemente abbandonato in seguito.
Ricordo il nostro primo incontro a Bruxelles, un “bilaterale” a margine del Consiglio dei ministri del Lavoro, a pochi giorni dall’insediamento del governo. C’era molto interesse nei confronti del nostro governo, per la situazione critica dei conti pubblici italiani e la percezione diffusa di un default quasi inevitabile. Il commissario europeo al Lavoro László Andor mi aveva chiesto un incontro affinché gli illustrassi le mie intenzioni nei confronti del cattivo uso dei fondi strutturali per la formazione e il lavoro da parte di alcune regioni, incapaci di spendere – o di spendere bene – i fondi mesi a disposizione dall’Europa per aiutare concretamente l’occupazione, in particolare dei giovani. Subito dopo, in un altro bilaterale da lei richiesto, incontrai UvdL. Mi aspettavo analoghe reprimende e invece l’incontro fu particolarmente cordiale e costruttivo. Mi disse apertamente che, a dispetto della visione prevalente (esclusiva, nel nostro paese) di una Germania interessata solo a programmi di austerità, la cancelliera e lei personalmente come ministro del Lavoro erano seriamente interessate a un programma di aiuto per diminuire la disoccupazione giovanile in Italia, Spagna e Grecia. E offrì collaborazione proprio sul terreno nel quale la Germania si trovava più forte e collaudata, quello dell’apprendistato duale (e, nello specifico, duale in un doppio senso: alternanza scuola-lavoro e e alternanza in due paesi, Italia e Germania). Stabilimmo di presentare il programma a Napoli (se non lì, dove?), con molte scuole dei quartieri più difficili della città e con molte imprese dei due paesi – ma soprattutto tedesche – pronte a impegnarsi. Certo non un programma rivoluzionario, ma un passo nella direzione giusta, in una città che ne aveva – e ne ha ancora – particolarmente bisogno.
Ecco, io mi aspetto una UvdL determinata a migliorare l’Europa non attraverso una (pseudo) rivoluzione – che certo non è nella sua formazione culturale – bensì attraverso una ricostruzione dei valori e del tessuto sociale che in questi anni si sono logorati, e non mediante l’appoggio delle lobby (e, meno che mai, la sudditanza alle lobby) bensì attraverso un’azione ampiamente pragmatica di soluzione dei tanti problemi, da quelli occupazionali a quelli ambientali, che inceppano oggi l’Europa. Soluzioni per progredire non per restaurare un passato talvolta fortemente idealizzato.
Auguri, Ursula, con le parole di Wislawa Szymborska (“Ritratto di donna”): “E’ facile, impossibile, difficile, ne vale la pena.”!