Contro Israele si mettono d'accordo i cinesi, gli islamici e certi utili idioti occidentali
Il mondo islamico con l'aiuto di alcuni paesi europei condanna Gerusalemme all'Onu per il trattamento delle donne palestinesi e poi difende la Cina che “rieduca” i musulmani
Roma. Sette paesi europei hanno votato due risoluzioni dell’Onu che colpiscono duro Israele. Lo stato ebraico è l’unico paese condannato dal Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite. Francia, Olanda, Danimarca, Irlanda, Lussemburgo e Malta si sono unite a Cina, Russia, Iran e Venezuela nel sostenere le risoluzioni che condannano Gerusalemme per violazioni dei diritti umani, fra cui l’accusa di essere un “ostacolo” alle donne palestinesi. Solo Canada e Stati Uniti contro. Nikki Haley, già ambasciatrice americana all’Onu, ha twittato: “Che beffa totale consentire ad Arabia Saudita, Iran, Pakistan e Yemen di indicare Israele come violatore dei diritti. Imbarazzante”. Fin qui, purtroppo, nulla di nuovo. Compresa l’ipocrisia di paesi come l’Iran, che ha appena condannato a dieci anni di carcere le donne che condividono foto di se stesse senza velo.
Se non fosse che le stesse Nazioni Unite nei giorni precedenti siano state al centro di un’altra iniziativa sui diritti umani, questa volta meritoria. 22 paesi hanno inviato una lettera di protesta contro la Cina “che rimarrà come documento ufficiale agli atti del Consiglio dei diritti umani”. Vi si denuncia l’incarcerazione in campi di rieducazione di un milione di musulmani cinesi. Ma stavolta, il blocco dei paesi islamici ha fatto muro a favore di Pechino. In una contro-lettera firmata da 35 paesi (Corea del nord, Venezuela, Russia, Cuba, Bielorussia, Myanmar, Filippine, Siria, Pakistan, Oman, Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Arabia Saudita e diversi paesi africani) si elogia la Cina per quei campi. Quasi la metà dei firmatari sono nazioni a maggioranza musulmana. Regimi che non hanno taciuto quando il Myanmar ha espulso i Rohingya, la sua minoranza musulmana, né quando l’Amministrazione Trump ha spostato l’ambasciata americana a Gerusalemme. Sulla Cina che perseguita i musulmani, non solo tacciono, ma la coprono. Tante le ragioni economiche dietro il voto islamico a favore di Pechino. La Cina è il principale partner commerciale dell’Arabia Saudita e la nuova Via della sete passa da tanti di quei paesi. La Cnn denuncia così il “mito della solidarietà musulmana”.
Il Consiglio dei diritti umani non ha ancora pubblicato un rapporto sui musulmani che la Cina sta tenendo in campi di internamento e il segretario generale, António Guterres, è accusato dalle ong di tacere. Pechino nega, dice che quelle strutture servono per “uscire dalla povertà”. Diciassette ong a febbraio avevano invitato l’Unhcr a inviare una missione conoscitiva nello Xinjiang cinese per indagare. Migliaia di musulmani uiguri trascorrono le giornate in programmi di indottrinamento, dove sono costretti ad ascoltare lezioni comuniste, a cantare inni che lodano il Partito e a scrivere saggi di “autocritica”. Niente barbe, Corano, carne halal, preghiere alla Mecca, ma l’obbligo di “onorare” i banchetti organizzati per festeggiare l’“anno del maiale”. “Chiunque sia infetto da un ‘virus’ ideologico deve essere inviato alle classi di trasformazione prima che insorga una malattia”, recita un documento del Partito comunista cinese a Hotan.
C’è questo. E poi c’è Israele, dove ci sono 400 moschee (73 solo a Gerusalemme, quintuplicato dal 1988), dove il 19,6 per cento dei cittadini sono musulmani (decuplicati dal 1948), dove trecento imam sono pagati dal governo israeliano, duemila musulmani servono nell’esercito israeliano e durante il Ramadan i dipendenti pubblici fanno festa. E’ la famosa “apartheid israeliana” che mette d’accordo tutti, i sinceri democratici di Pechino, i loro soci in affari della umma islamica e certi utili idioti occidentali.