Angeli e demoni dell'umanitarismo
Dall’Onu alle ong, l’“impero del bene” abbattuto dagli scandali sulle violenze sessuali
Roma. “Il Bene genera disastri orribili”, scriveva quel genio di Philippe Muray nel suo Empire du bien. Un anno fa Craig Sanders, vicedirettore dell’agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr), è finito sotto inchiesta, accusato di aver ordinato a una collega di non denunciare il presunto stupro di un rifugiato da parte di un soccorritore durante la crisi del Darfur. Due mesi fa è saltata la poltrona di Michel Sidibé, il direttore dell’agenzia Onu per la lotta all’Aids (Unaids). Alcune dipendenti dell’Onu hanno accusato di molestie sessuali Luiz Loures, vicedirettore della stessa istituzione ginevrina. Poi è saltato Kingston Rhodes, a capo della Commissione per il servizio civile internazionale che regola le condizioni di lavoro dell’Onu, che ha rassegnato le dimissioni dopo un’indagine interna sulle molestie.
Adesso finisce nel caos l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa). Un rapporto dell’ufficio etico dell’agenzia afferma che il suo vertice, incluso il commissario generale Pierre Krähenbühl, sarebbe colpevole di “cattiva condotta sessuale”. Il ministero degli Esteri svizzero ha già sospeso il finanziamento dell’agenzia (Krähenbühl è svizzero). Sigle astruse, ma associate nell’immaginazione pubblica a chi opera per il bene. “We think we are the good guys”, titolava il Guardian di questa settimana. E’ l’“impero del bene” – agenzie Onu, organizzazioni non governative, charity – a essere infatti ormai travolto dagli abusi sessuali. Nell’ultimo anno, le principali ong di aiuti hanno ricevuto 539 segnalazioni di molestie sessuali, un aumento del 13 per cento rispetto al 2017, secondo il rapporto della Thomson Reuters Foundation sulle principali organizzazioni benefiche globali, tra cui le Nazioni Unite, Care e Oxfam.
Già, Oxfam, la ong inglese più importante al mondo, falcidiata da una serie di scandali sessuali a Haiti e in Africa. In pratica si usavano i soldi per i terremotati per foraggiare festini sessuali, “orge in stile Caligola”, con annesso silenzio dei più alti dirigenti (i quadri apicali di Oxfam sono caduti). Un mese fa, la commissione inglese sulle ong ha diffuso un rapporto su come all’interno di Oxfam si tollerassero comportamenti inappropriati. Da giorni la pressione si concentra su Barbara Stocking, l’ex capo di Oxfam al tempo degli scandali. Se ne chiedono le dimissioni da preside del Murray Edwards College.
Ci sono poi i Caschi Blu, le truppe dell’Onu, la cui reputazione è compromessa da un’infinita serie di inchieste su stupri, pedofilia, prostituzione. “Sex for food”, sesso in cambio di cibo, è il motto osceno coniato per il sistema messo su dai peacekeeper.
“L’abuso sessuale riguarda denaro e potere, e questi sono i pilastri su cui è stato costruito il sistema di aiuti”, scrive sul Guardian Deborah Doane. La scorsa settimana, il Nepal ha condannato a nove anni di carcere l’ex dirigente dell’Onu Peter Dalglish, il fondatore di Street Kids International, insignito dell’Ordine del merito canadese. Se non fosse che l’eroe umanitario amava sedurre e violentare ragazzini nepalesi di dodici anni. Una delle tante storie di paladini del Terzo Mondo, la coscienza intonsa dell’Occidente, che si sono rivelati lupi travestiti da agnelli. Sui media liberal da un po’ se ne parla, ma davvero troppo poco. Forse perché parla di loro. Dei buoni.