Un fermo immagine del documentario della Sbs nel quale Shin Ok-ju prende a schiaffi un adepto

E ora picchiatevi tutti

Giulia Pompili

Condannata la leader di una setta che “scacciava il diavolo”. In Corea del sud i culti sono un problema

Roma. Era stata arrestata esattamente un anno fa, dopo essere atterrata con tre suoi collaboratori all’aeroporto di Incheon. Ieri un tribunale sudcoreano ha condannato Shin Ok-ju a sei anni di carcere per aver costretto quattrocento dei membri della sua setta, nel 2014, a trasferirsi nelle isole Fiji, dove vivevano “in uno stato di semi schiavitù”, sottoposti a “violenza quotidiana e rituali barbarici” per “scacciare il diavolo”. Quella di Shin Ok-ju è una delle poche storie che finisce in tribunale, nella miriade di culti e sette di ispirazione cristiana che hanno molto seguito in Corea del sud. D’aiuto alle indagini è stato un documentario andato in onda l’anno scorso sulla Seoul Broadcasting Service, in cui si vede Shin Ok-ju durante alcuni sermoni prendere a schiaffi gli adepti. In altre immagini, la stessa leader carismatica obbliga alcuni membri a picchiarsi tra loro. Nel 2002 la sudcoreana Shin Ok-ju ha fondato la Grace Road Church, una delle sessantamila chiese presenti nel paese, e oggi ha soltanto un migliaio di adepti che credono che la grande carestia sia imminente, e nel 2014 – nel momento in cui è stata dichiarata “eretica” dalle chiese cristiane sudcoreane – Shin Ok-ju ha trovato la “terra promessa”, trasferendo tutti nelle isole Fiji.

 

Qui la signora dall’aria mite e vestita in completi color pastello ha messo su un’azienda notevole, la Grace Road Group, che all’inizio operava solo nel settore agricolo e poi si è espansa fino a possedere ristoranti, saloni di bellezza, negozi. Tutti gestiti dai quattrocento adepti praticamente a costo zero, come verificato lo scorso anno da un’operazione congiunta tra polizia delle Fiji e della Corea del sud nella sede della chiesa. Secondo le testimonianze di molti ex adepti, alla maggior parte di loro all’arrivo è stato confiscato il passaporto, rendendo impossibile il rientro a casa. Chi voleva uscire dal culto veniva ricattato oppure isolato, e “viveva nella paura”, come hanno detto alcuni testimoni nel documentario della Sbs.

  

Nel paese più tecnologizzato del mondo, con il miglior internet del mondo, i movimenti ispirati al cristianesimo pericolosamente vicini ai culti e alle sette rappresentano il 28 per cento della popolazione religiosa, e oggi è uno degli aspetti sociali più studiati dalla Corea del sud. Il cristianesimo è tradizionalmente considerato positivamente, ma la scarsa conoscenza delle religioni ufficiali rende molto facile cadere nelle trappole delle sette. E’ anche per questo che Papa Francesco ha fatto un viaggio apostolico qui nel 2014, e infatti oggi il numero di conversioni al cattolicesimo è in crescita in Corea del sud.

   

Due anni fa perfino sul governo dell’allora presidente Park Geun-hye è scesa l’ombra di un culto: quello guidato da Choi Soon-sil, la “sciamana”, poi condannata insieme con la presidente di corruzione e appropriazione indebita e abuso di potere. Allora il problema, nell’opinione pubblica ma anche sulla stampa internazionale, era soprattutto quello di interpretare il vero ruolo di Choi. Figlia di Choi Taw-min, fondatore di un gruppo sciamanico pseudo-cristiano, in molti sostenevano che fosse Choi Soon-sil il nuovo capo della setta, e che era stata lei a manipolare la presidente Park fino a far diventare la democrazia sudcorena una sorta di “teocrazia”, per usare le parole del leader del partito d’opposizione. Alcuni di questi gruppi riescono a estendere il loro potere anche all’estero, e basti pensare alla Chiesa dell’unificazione fondata dal reverendo Sun Myung Moon nel 1954.

  

Le altre chiese pericolose

Reclutamento ingannevole, indottrinamento e manipolazione, annuncio dell’Apocalisse, richieste di donazioni, allontanamento dalle famiglie. I culti e le sette hanno quasi sempre alcune di queste cose in comune. Qualche volta la manipolazione finisce male. I reclutatori si muovono soprattutto per strada, mostrando video a chi ha voglia di ascoltarli.

   

Una delle più famose chiese accusate di essere in realtà una setta è la Shincheonji, fondata negli anni Ottanta dal carismatico Lee Man-hee, che dice di essere il nuovo salvatore, più o meno immortale, e ha un’interpretazione tutta sua della Bibbia. Idee che vengono diffuse soprattutto in corsi di lettura gratuiti – che a Seul sono difficili da trovare perché vengono “tenuti nascosti” a causa della “persecuzione” subìta da parte di altri gruppi cristiani, ha scritto Matthew Bell su GlobalPost Investigations: “Alcune chiese in Corea del sud hanno dei cartelli con su scritto ‘No Shincheonji’”. “Molti dicono che stanno cercando di essere più aperti sulle loro attività, ma i luoghi di culto vengono ancora tenuti segreti”, e al giornalista viene chiesto di non scattare foto e di non identificare i membri presenti al servizio della domenica.

 

Nel 2016 la chiesa d’Inghilterra ha inviato una lettera d’allarme a quasi cinquecento chiese a Londra per via delle attività “d’infiltrazione” promosse da un gruppo noto come Parachristo, poi collegato alla Shincheonji. La World Mission Society Church of God è praticamente ovunque nel mondo. E’ famosa soprattutto per essere gender-friendly e ha video di presentazione in tutte le lingue del mondo. Il fondatore considerato “Dio padre”, Ahn Sahng-hong, è morto nel 1985 e da allora la chiesa la gestisce la moglie Jang Gil-ja, cioè “Dio madre”. Molte testimonianze indicano che anche i metodi della World Mission Society Church of God sono molto simili a quelle di una setta. La Manmin Central Church è una chiesa evangelica fondata nel 1982, da Jaerock Lee. Sembra essere una delle più estese e potenti della Corea del sud. E’ caduta in disgrazia alla fine dello scorso anno quando il carismatico Jaerock Lee è stato condannato a quindici anni di carcere per aver stuprato almeno otto donne, “per ordine divino”, si è difeso lui.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.