Nulla contro Greta, a parte la sua figura idolatrica. Amo però Olga
La coetanea della Thunberg che senza penitenze legge la Costituzione ai poliziotti russi non è profetica ma autentica
Non ho nulla contro Greta, a parte la sua figura idolatrica, la favola di una adolescente che legge i segni della terra e del mare e del cielo, abbandona la scuola e così salva il creato. Ma amo Olga Misik, sua coetanea che legge la Costituzione della Federazione russa ai poliziotti imbarazzati, da sola, dopo mille arresti, alcuni avvelenamenti, botte e incarcerazione dei dissidenti politici che osano protestare a Mosca contro l’esclusione di candidati indipendenti alle elezioni. Sentinella in piedi, e quante mascalzonate sono state dette delle sentinelle cattoliche in Francia e in Italia, Olga si limita a ricordare alla Russia di Putin che alle sue spalle c’è il giuramento presidenziale sulla carta varata dall’ubriacone Boris Eltsin, il vero rottamatore del comunismo sovietico, l’uomo barcollante e insicuro che codificò sulla base delle Costituzioni occidentali la nuova forma politica del paese più vasto e sciagurato del mondo. Dei due atteggiamenti, quello profetico è farlocco comunque la si pensi sul global warming e quello politico è autentico comunque la si pensi sul destino delle democrazie illiberali.
Olga riabilita l’adolescenza e il vecchio Boris, che ebbe un finale disastroso, e non poteva essere diversamente per chi ha introdotto la libertà nell’abitudine inveterata alla tirannia, e il gioco delle oligarchie concorrenti, nel paese che non l’aveva mai conosciuta prima e non la conoscerà dopo di lui. Da tempo le oligarchie economiche, i magna latrocinia di Agostino ossia le cricche, sono diventate con Vladimir Putin sistema di dominio nelle mani di un uomo solo e del suo staff di partito e di stato, nutrito della forza degli apparati di sicurezza. Due razzisti truci, in America e in Italia, sono sulle tracce autoritarie di chi ha imposto ai russi, oltre a decoro, ordine, un relativo e precario benessere, la centralizzazione e l’uniformità ideologica e politica, più o meno nei termini, con qualche forma salvata qua e là, conosciuti nei decenni precedenti al suo insediamento. Il conto etico e politico lo pagano il mondo e l’Europa, le minoranze e la stessa maggioranza iperrealista che sostiene con sondaggi da sballo il grande e costante aggiramento di regole, procedure e invenzioni della tradizione popolare, democratica, cristiana e liberale che è stata con i suoi peccati, le sue avidità, la sua fragilità e le sue loscaggini, il fondamento del cosiddetto mondo libero dopo la Seconda guerra mondiale.
Le facce contano. Greta evade arcigna, la sua faccia dico, non la persona, che sarà dolce e delicata, verso un futuro impossibile, con l’aiuto di cose che si possono e in certi casi si devono negare, cioè di illuminate menzogne sul potere degli uomini e delle donne di dominare il clima. Bannon e Trump sono truffaldi capaci di imbrigliare parte della classe media nel suo peggiore retaggio di razzismo, fobie varie, autoinganni sicuritari che già nutrirono la Germania degli anni Trenta. Dugin l’euroasiatico, con il suo volto denso di pensosa stupidità, vuole sfidare Burke, Tocqueville, Constant e Aron con i suoi giochetti ipertradizionalisti. Il Truce ha la faccia della solita versione italiana, sciatta e sciamannata, del mussolinismo, che a confronto fu un atteggiarsi persino interessante nella notoria, famigerata nequizia.
Poi c’è Olga, che ha la faccia dell’angelo, il sorriso semplice dell’umanità che non pretende né il Paradiso né l’Inferno e si accontenta del monte eccelso del Purgatorio, e magari della sua musica costituzionale, che è il mondo com’è o come dovrebbe essere senza penitenze infuocate e eterne, senza beatitudini inafferrabili e eterne anch’esse. Il mondo come luogo di passaggio.