C'è una rivoluzione cultural-urbana a Parigi ed è guidata dai “paubo”
Il “pauvre et bohémien” e la fuga dalla città
Parigi. C’è molta letteratura attorno all’origine del termine “bobo”, contrazione di “bourgeois-bohémien”. C’è chi dice che il termine sia stato inventato da David Brooks nel 2000, quando scrisse “Bobos in paradise”, per descrivere i figli dell’incrocio tra idealismo liberale degli anni Sessanta e individualismo degli anni Ottanta che stavano occupando New York. C’è chi sostiene, invece, che il primo a impiegare quella formula fu il sociologo francese Michel Clouscard nel saggio “Néofascisme et idélogie du désir” (1973), per dipingere gli individui ideologicamente progressisti e vicini alla classe operaia, ma economicamente appartenenti alle classi più abbienti, all’élite: insomma, col cuore a sinistra, ma il portafoglio a destra. Altri, infine, fanno addirittura risalire l’origine al Bel Ami di Guy de Maupassant.
Ma la notizia non è la risoluzione definitiva di questa annosa querelle, bensì che i bobo, i bourgeois-bohemien, stanno fuggendo in massa dalla loro capitale per eccellenza, Parigi, e che pian piano stanno lasciando il posto a una nuova categoria: i “paubo”, che sta per “pauvre et bohémien”. Paris ZigZag, pagina di lifestyle dedicata alla metropoli francese, ha raccontato la rivoluzione cultural-urbana che sta cambiando la sociologia di Parigi, con una diaspora incessante dei bobo verso le banlieue tranquille o la provincia francese, e la diffusione simultanea dei paubo, i parigini e i pariginizzati con un grande capitale culturale, ma uno scarso capitale economico, sparsi tra l’est della capitale, dove gli affitti sono ancora abbordabili, e la periferia multiculti.
“Il suo profilo tipo è quello di un giovane diplomato, dal debole potere d’acquisto, spinto a trasferirsi nei vecchi quartieri popolari di Parigi (les Batignolles, la Goutte d’or, Belleville), se non addirittura in periferia, non solo per scelta, ma anche e soprattutto per necessità economica”, scrive Paris ZigZag. Il prezzo dell’immobiliare, nonostante i tentativi da parte del governo centrale di inquadrare gli affitti e scongiurare le richieste esorbitanti di certi proprietari, non ha ma sai smesso di aumentare negli ultimi dieci anni, e ora in media il costo al metro quadro si aggira attorno ai 10 mila euro (nel Sedicesimo, supera i 13 mila). L’esplosione del costo degli affitti ha scatenato un esodo di 14 mila bobo tra il 2009 e il 2014, e secondo gli ultimi dati anche l’80 per cento dei quadri sarebbe pronto a traslocare, mentre alcuni dirigenti sono obbligati a riparare su superfici più ristrette per non abbandonare Parigi. E’ il nuovo “malaise urbain”, il malessere urbano che sta colpendo le classi medie parigine, di fronte a una città dai costi proibitivi.
C’è un altro motivo che spinge sempre più bobo ad andarsene da Parigi: il cemento e l’assenza di zone dove potersi sentire dei cittadini ecoresponsabili. I progetti di boschi verticali e di vegetalizzazione di alcune aree non bastano più al bobo parigino, che preferisce trasferirsi in periferia per cercare il benessere bucolico, per vivere una vita di campagna, più autentica, genuina e in simbiosi con la natura. Infine, è l’aumento esponenziale degli episodi di violenza e lo stress eccessivo di una vita “métro, boulot, dodo” – prendere la metro, spesso satura di gente, andare a lavorare e poi subito a dormire – a contribuire all’esodo dei bobo verso lidi più rilassanti, anche se non c’è il cinema d’essai che ripropone “Fino all’ultimo respiro” di Godard in versione restaurata o il minimarket di “Bio c’ Bon”. A Parigi, resta soltanto il “paubo”, “più vittima che attore della gentrificazione”, che appartiene a una “classe intermedia che in apparenza è giovane e cool, ma ha il portafoglio asciutto”, “prodotto di un fenomeno di esclusione sociale dal centro storico”, spiega Paris ZigZag. Eccolo qui, il nuovo fenotipo parigino del Ventunesimo secolo.
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