Il patto francese con i terroristi di Abu Nidal per non avere guai
Nel 1982 i servizi segreti francesi fecero un “accordo di non aggressione” con stragisti antisemiti, oggi gli ebrei chiedono un’inchiesta
Parigi. Il 9 agosto del 1982 fu una data spartiacque per la comunità ebraica francese. Sono le 13.15 e il ristorante kosher Jo Goldenberg, situato all’angolo tra rue des Rosiers e rue Ferdinand-Duval, è al completo. Si mangia, si scherza, ci si gode l’estate nel cuore del Marais, epicentro della vita ebraica parigina. Poi, all’improvviso, un commando di uomini incappucciati, tutti armati, fa irruzione nel ristorante. Lanciano una granata e iniziano a sparare all’impazzata contro i cinquanta clienti seduti ai tavoli e il personale del Jo Goldenberg. Tre minuti dopo, lanciano una seconda granata, prima di dileguarsi. L’attentato di rue des Rosiers, sei morti e ventidue feriti, avvenne a due anni di distanza dall’attacco alla sinagoga di rue Copernic, quattro morti e quarantasei feriti, e per molti ebrei francesi rappresentò la fine di un’epoca di serenità. Il dossier di quell’attacco antisemita mai rivendicato, e per il quale nessuno è mai stato arrestato, è tuttora aperto sulla scrivania della giustizia francese, anche se esistono indizi concordanti che portano dritti al Consiglio rivoluzionario di al Fatah, il gruppo del terrorista palestinese Abu Nidal (la mente della strage di Fiumicino del 27 dicembre 1985, che provocò tredici morti e settanta feriti).
E in questi giorni, proprio in questo senso, è arrivata la conferma da parte di chi, negli anni Ottanta, era a capo dei servizi segreti. Ma si è aggiunta anche una nuova rivelazione: “Abbiamo fatto una sorta di accordo verbale con loro (il gruppo di Abu Nidal, ndr): ‘Non voglio più attentati sul territorio francese e in cambio vi lascio venire in Francia. Vi garantisco che non vi succederà nulla’”. La frase, secondo quanto rivelato dal Parisien, è stata pronunciata lo scorso 30 gennaio nell’ufficio del giudice incaricato dell’inchiesta sull’attentato di rue des Rosiers da Yves Bonnet, ex patron della Direction de la surveillance du territoire (Dst), l’intelligence interna di Parigi (oggi si chiama Dgsi). Ed è la prima volta che un agente dei servizi riconosce davanti alla giustizia l’esistenza di un accordo segreto tra la Francia e Abu Nidal. Stando a quanto riportato dal Parisien, l’ex boss della Dst ha accettato di organizzare un incontro clandestino con il gruppo Abu Nidal poco dopo l’attentato di rue des Rosiers, anche se non era presente personalmente. “All’epoca sono andati i miei collaboratori all’incontro”, ha detto Bonnet al giudice. “Non li denuncerò. Sono io ad essermi assunto la responsabilità dell’accordo”.
L’alto funzionario, oggi ottantenne e in pensione, non ha rivelato l’identità dei terroristi visti dai suoi collaboratori, ma ha ribadito i termini del patto: i membri di Abu Nidal rifugiati all’estero potevano “venire in Francia senza alcun rischio”, se “in cambio” si impegnavano a “non intraprendere nessuna aziona violenta”. Una collaborazione diabolica? No, un “patto di non-aggressione”, ha affermato l’ex patron dei servizi segreti interni. La Dst, sempre secondo quanto scritto dal Parisien, avrebbe inoltre permesso a due terroristi di Abu Nidal di visitare in prigione, in Francia, i due autori dell’assassinio di un rappresentante dell’Organisation de libération de la Palestine a Parigi. Infine, quando gli è stato chiesto se era stato un buon deal, ha risposto ai giudici tirando in ballo l’Italia. “Eccome se ha funzionato. Non ci sono stati più attentati a partire dalla fine del 1983, nel 1984 e fino alla fine del 1985. Che commettessero attentati in Italia, per esempio, non mi importava, l’importante è che non succedesse nulla sul suolo francese”. I sopravvissuti di quell’attentato si sono detti sconvolti dalle dichiarazioni di Bonnet. “Se c’è stato un accordo occulto, è un affare di stato”, ha dichiarato Avi Bitton, avvocato delle parti civili. Francis Kalifat, presidente del Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche di Francia (Crif), ha reclamato lunedì sera una commissione d’inchiesta parlamentare: “Se i fatti fossero confermati, sarebbe uno scandalo di stato senza precedenti”.