La Georgia vuole così tanto diventare europea che si applica da sola le leggi Ue
La passione europeista della presidente Salome
Roma. Seduta di fronte a una platea europea a Vilnius, Salome Zurabishvili, presidente della Georgia, ha detto che si può essere europei, comportarsi da europei, seguire le leggi dettate dall’Unione europea senza farne parte e ha aggiunto che questa è la strada che lei e il suo paese intendono percorrere. L’Unione europea, per il momento, ha interrotto il suo allargamento, “è più concentrata sui problemi interni”, e quindi, se si è intenzionati a sentirsi più vicini a Bruxelles, senza farne effettivamente parte, ha suggerito il presidente della Georgia, allora bisogna inventare degli approcci alternativi, “ragionare fuori dagli schemi” e fare passi coraggiosi. Zurabishvili, davanti a Gitanas Nauseda , il presidente lituano eletto a maggio, ha detto che il suo paese è pronto a portare avanti negoziati su cultura, istruzione, trasporti e sulle questioni economiche, anche se sa che al momento non è possibile diventare membro a pieno titolo dell’Unione europea. Abituata e costretta a oscillare tra oriente e occidente, ossessionata dalla vicinanza russa, la Georgia è uno di quei paesi che vede nell’occidente, anzi nell’Unione europea, una garanzia, la sicurezza della pace e soprattutto una prospettiva. Entrare nell’Ue per Tbilisi vuol dire aderire a un mondo che negli anni è diventato sinonimo di sicurezza anche grazie alle regole che si è dato, tanto ostili per la maggior parte degli euroscettici e invece favorevoli per chi dell’Ue sogna di fare parte. “Dobbiamo entrare da ogni porta – ha detto Zurabishvili – dobbiamo provare ogni strada, magari anche quelle meno consuete”. L’idea che ha in mente la presidente, eletta lo scorso anno, è quella di ricreare l’Europa in Georgia, un’idea audace, forse anche folle, ma che racconta quanta voglia ci sia da parte di alcuni paesi, anche in quelli che non hanno nemmeno avviato i negoziati, di diventare parte dell’Unione europea. Capitolo per capitolo, la Georgia vuole uniformarsi, applicare sul suo territorio le leggi europee, sentirsi un po’ più a occidente e anche più protetta: “Vogliamo entrare in tutti i settori: cultura, istruzione, trasporti, economia. A questo punto avremo tutto tranne lo status di paese membro, tranne il diritto di votare ed essere rappresentati all’interno delle istituzioni europee”. Questo senso di appartenenza a ogni costo, il desiderio di sentirsi parte di un mondo percepito come sicuro, benché lontano, è sempre appartenuto alla Georgia, ma con Salome Zurabishvili si è rafforzato, la voglia è diventata smania, le possibilità intenzioni.
Zurabishvili è un’ex diplomatica, è nata in Francia, ha lavorato a Parigi, i suoi genitori erano fuggiti dalla Georgia ancora bambini all’arrivo dell’Armata rossa nel 1921, in lei il senso di democrazia è ben radicato. Lei è tornata a Tbilisi nel 2003 come ambasciatrice e da cittadina francese. Fu poi Mikheil Saakashvili, il presidente che diede inizio alla Rivoluzione delle rose, a darle la cittadinanza e nominarla successivamente ministro degli Esteri per il governo georgiano. Nel 2009, ormai terminata l’esperienza al governo, la Zurabishvili scrisse un libro e lo scrisse in francese, perché il messaggio di “La Tragédie géorgienne” (questo il titolo) non era rivolto soltanto ai georgiani, ma anche all’Europa. Nel libro racconta come il paese abbagliato dalla Rivoluzione delle rose e dalla figura carismatica di Saakashvili fosse scivolato nelle mani di una forma autocratica di potere. L’opera le valse l’odio di molti, ma nel 2018 lei ha vinto le elezioni con un programma chiaro: vicinanza alla Nato e all’Unione europea, lontananza dalla Russia, ma senza guerre né provocazioni. Zurabishvili vuole portare il suo paese lontano da Mosca, ma con gentilezza, vuole sfilarsi dai conflitti e dai rancori e per farlo ha bisogno dell’appoggio di Bruxelles. Sa che l’opzione di diventare un paese membro non è praticabile, di recente sono stati rinviati anche i negoziati per l’ingresso di Macedonia del nord e Albania, mentre tutti gli altri paesi dei Balcani sono ancora in attesa. Intanto però la presidente ha deciso di fare prove di Unione europea, per creare le basi di una futura appartenenza, per sentirsi europei, nonostante la lontananza.