Il piano risicato dei deputati inglesi per fermare il no-deal
In teoria l’opposizione ha ancora due manovre a disposizione per scongiurare la Brexit senza accordo, ma le chance sono basse
Roma. Il ministro dei rapporti col Parlamento, Jacob Rees-Mogg, che mercoledì si è recato alla residenza di Balmoral per annunciare alla regina Elisabetta II la proroga della Camera dei Comuni fino al 14 ottobre, ieri ha sfidato gli avversari a “cambiare la legge o cambiare il governo”. L’azzardo dell’esecutivo ha fatto infuriare i parlamentari contrari al no deal che promettono di aumentare gli sforzi per scongiurare un’uscita senza accordo.
Il Parlamento riaprirà martedì dopo la pausa estiva e i lavori proseguiranno fino al 12 settembre, quando verranno nuovamente sospesi per consentire ai deputati di partecipare alle conferenze di partito. La sospensione annunciata dal governo prolunga la chiusura del Parlamento di un’ulteriore settimana, e lascia ai parlamentari poche sedute per scongiurare la Brrexit prevista per il 31 ottobre. “L’ostacolo principale per i deputati è che hanno poco tempo a disposizione per bloccare il no deal, e il governo cercherà di fare ostruzionismo in tutti modi”, spiega Jack Simson Caird del Bingham centre for the rule of law: “Sono necessari circa quattro giorni per approvare una legge ai Comuni e poi il testo dovrà passare alla Camera dei Lord, dove è più facile allungare i tempi”. E’ probabile che i parlamentari convochino una seduta di emergenza martedì al termine della quale verrà votata una mozione non vincolante per il governo. Tuttavia, lo Speaker dei Comuni John Bercow potrebbe cambiare la prassi e consentire un voto in Aula per consegnare ai deputati il controllo dell’agenda parlamentare. A quel punto, la Camera dei Comuni potrebbe approvare una legge per costringere il governo a chiedere un altro rinvio all’Ue. “Se l’esecutivo non dovesse riuscire a impedire una proroga”, prosegue Caird, “può chiedere alla Regina di non firmare il testo, provocando una crisi senza precedenti. Se la legge dovesse essere approvata, il governo cercherà di aggirarla in tutti i modi”.
Se questo progetto non dovesse andare a buon fine, i parlamentari avrebbero un piano di riserva che prevede una mozione di sfiducia contro il governo Johnson. In caso di vittoria, i deputati avrebbero 14 giorni per trovare una maggioranza a sostegno di un nuovo esecutivo, a cui verrebbe affidato il compito di chiedere una proroga a Bruxelles. I partiti di opposizione hanno già discusso questo scenario, ma non hanno trovato un’intesa politica. Jeremy Corbyn, che ieri ha promesso ai microfoni di Sky di volere “legiferare rapidamente” per impedire la proroga del Parlamento e il no deal e ha detto che è probabile che verrà convocata una “seduta di emergenza”, ha posto come condizione di volere essere il capo del governo provvisorio, mentre i Lib-dem hanno proposto un “parlamentare esperto” in grado di costruire una maggioranza ampia. Mercoledì il deputato conservatore europeista Dominic Grieve ha detto di essere disposto a votare la fiducia a un governo Corbyn pur di evitare il no deal, ma non è chiaro quanti suoi compagni di partito sarebbero disposti a seguirlo. La sospensione del Parlamento ha diviso profondamente i Tory e alcuni ex ministri remainer del governo May hanno duramente criticato Boris Johnson ma non si sono spinti oltre. La leader dei Tory scozzesi, Ruth Davidson, ieri ha annunciato le sue dimissioni in una conferenza stampa a Edimburgo pur senza criticare apertamente il primo ministro, con cui non ha un buon rapporto. Davidson, che nel 2016 ha votato per rimanere nell’Ue, ha menzionato i “conflitti sulla Brexit” e la volontà di stare vicina a suo figlio in vista di una probabile elezione generale come le ragioni del suo addio. Ha aggiunto di essere favorevole alla proroga a patto che serva ad approvare un accordo per uscire dall’Ue. Ma a Westminster sono rimasti in pochi a crederci.