Regno Unito please hai bisogno di una Costituzione scritta
Non c’è più una classe politica ragionevole, nell’era della Brexit tutto si estremizza. Fissare le regole garantirebbe protezione
Bruxelles. Ieri il Financial Times, giornale dell’establishment britannico per eccellenza, ha pubblicato un editoriale di redazione in cui invita i deputati a sfiduciare un primo ministro dei Conservatori, partito dell’establishment britannico per eccellenza. La Brexit puó questo e molto altro: l’intero ecosistema, con le sue gerarchie e le sue logiche secolari, sta andando in fumo.
La crisi costituzionale aperta da Boris Johnson con la decisione di sospendere il Parlamento per cinque settimane (a dispetto delle solite una o due per dar tempo ai ministri di un nuovo gabinetto di stilare un programma politico) è senza precedenti, essendo finalizzata a impedire ai deputati di passare una legge che blocchi una Brexit senza accordo con l’Ue.
Non ci sono regole che dicano chi ha ragione e chi ha torto, in questo dibattito tra esecutivo e legislatori, e infatti gli offesi gridano allo ‘scandalo’, parlano di ‘oltraggio’ e di ‘affronto’. Nessuno usa un aggettivo da noi inflazionato ma giuridicamente logico: ‘incostituzionale’, perché una costituzione vera e propria, a Londra, non c’è mai stata.
Una volta un inglese molto upper-class e molto pieno di sé (uno di quei metropolitan Tory che si vedevano in giro ai tempi di David Cameron, o tempora o mores) mi disse che, essendo cresciuto ‘’nel Continente”, non potevo capire la ‘’diversità’’ (ossia, a leggere tra le righe, la superiorità) della loro costituzione non scritta, fondata sui precedenti giurisprudenziali, sui decreti del Parlamento sovrano e sulla cortesia istituzionale della classe politica.
Quello stesso gentil sistema sta ora permettendo al primo ministro di fare quel diavolo che vuole, semplicemente perché il capo di Stato, la regina Elisabetta II, non ha alcun potere formale e nessun giurista, deputato o giudice, in oltre trecento anni di orgogliosa democrazia rappresentativa, ha pensato bene di tracciare linee legali costituzionali precise, che circoscrivessero l’azione legittima del potere esecutivo.
In “La Costituzione Inglese” di Walter Bagehot, celebre autore vittoriano fondamentale per comprendere la politica britannica moderna, la monarchia viene definita la ‘’parte nobile’’ del governo, che in una società vista come ‘’spettacolo teatrale’’ già nel 1867 aveva la funzione di affascinare il popolo (si legga “ammansire”) e fargli accettare le decisioni del gabinetto dei ministri, ossia la ‘’parte efficiente’’, responsabile per le decisioni serie, difficili da digerire.
Non c’è bisogno di essere fini giuristi o storici del diritto per apprezzare l’analisi politica azzeccata (basterebbe guardare The Crown su Netflix, in cui la giovane Claire Foy-Elisabetta studia, per diventare regina, proprio “La Costituzione Inglese”). La logica di Bagehot è però stata ribaltata dagli eventi, piombando i due rami del governo in un gioco di aspettative costituzionali prive di fondamento giuridico: dal momento che il gabinetto dei ministri, dal punto di vista di chi si oppone alla Brexit, è ossessionato con l’idea di affascinare il popolo, si é pensato che la corona si sarebbe assunta le responsabilità di fare ciò che è giusto per il bene del paese, ossia ad essere ‘efficiente’ (e quindi bloccare la sospensione del parlamento).
La regina si è invece limitata ad accettare la richiesta del premier, gettando nello sconforto chi si aspettava prese di posizione diverse dal passato: da tradizione, la monarchia non si schiera e non si oppone al governo. Il risultato è che lo sdoppiamento dell’esecutivo descritto da Bagehot, diviso tra efficienza e nobilitazione, non esiste più: a Buckingham Palace il governo ammansisce i follower di Meghan Markle, a Downing Street gli ideologi infervorati della Brexit. Nessuno pensa al disastro economico e sociale che aspetta il paese nel caso di un’uscita senz’accordo con l’Ue (l’operazione ‘’martello giallo’’, il piano segreto della pubblica amministrazione per assicurare viveri e medicinali nel caso di una Hard Brexit, certifica la pazzia di questa scelta). L’efficienza in senso bagehotiano é pertanto assente in entrambi i rami dell’esecutivo.
Fino a poco tempo fa, ossia fino a quando il Regno Unito era ancora un baluardo di stabilitá politica e buon senso internazionale, questo sistema fondato su protocolli e baciamano ha retto più che egregiamente. Il suo buon funzionamento era peró dovuto non all’efficienza costituzionale, bensí a due fattori del tutto politici: da un lato un’opinione pubblica in larga parte moderata e tendenzialmente allergica all’irruenza partigiana (di fatto, la nemesi dell’Italia post-Tangentopoli), dall’altro una classe politica ragionevole, e bipartisan su molti dei temi chiave della Westminster pre-Brexit: atlantismo, europeismo scettico ma pragmatico, libero mercato e stato di diritto.
Con l’arrivo dei Brexiter al governo e una polarizzazione simil-italica dell’opinione pubblica, l’astratto sistema costituzionale sta iniziando a piegarsi sotto il peso delle sue anacronistiche contraddizioni. E’ arrivato il momento di metterlo nero su bianco e instillare chiarezza una volta per tutte, con buona pace dei sostenitori della ‘’superioritá’’ della carta non scritta (e del compianto Walter Bagehot).
I conservatori inglesi