Tre arresti eccellenti a Hong Kong
Pechino non cede sulla linea durissima. E sabato ci saranno nuove manifestazioni
La polizia di Hong Kong ha arrestato tre dei più eminenti attivisti per la democrazia, e questo è un segnale che la crisi nella città cinese semiautonoma è ancora lontana da una soluzione. Joshua Wong, Agnes Chow e Andy Chan sono stati arrestati con l’accusa di aver partecipato a manifestazioni illegali e di aver fomentato le proteste. Wong in particolare è diventato famoso in tutto il mondo quando nel 2014, appena diciottenne, assunse la guida della cosiddetto movimento degli ombrelli, il primo movimento di protesta di massa a Hong Kong che chiedeva la possibilità per i cittadini di votare i loro rappresentanti a suffragio universale. Wong ha pagato caro il suo attivismo. Negli ultimi anni è stato preso di mira dalle autorità, è finito due volte in prigione ed era in libertà soltanto da giugno, dopo aver trascorso un mese di carcere per accuse legate al suo ruolo nelle proteste pacifiche del 2014. Nella mattinata di venerdì Wang e Chow sono stati rilasciati su cauzione, ma le autorità hanno annunciato di aver reso illegale la grande manifestazione democratica prevista per oggi: l’anniversario è delicato, perché cinque anni fa cominciarono le proteste del movimento degli ombrelli, e le autorità vogliono evitare che le istanze del vecchio movimento e quelle del nuovo si fondano assieme.
Queste ultime mosse mostrano che le autorità hanno scelto di tenere la linea dura contro i manifestanti. Il governo centrale di Pechino, in particolare, ha fatto di Hong Kong una questione di principio e non vuole cedere di un millimetro. Reuters ha rivelato che le autorità locali di Hong Kong, tra fine luglio e inizio agosto, avevano chiesto a Pechino il permesso di accettare alcune istanze dei manifestanti, per esempio la cancellazione della legge sull’estradizione, ma che il governo aveva imposto la linea dura. Questa settimana i media di stato hanno mostrato mezzi militari cinesi mentre entravano a Hong Kong nottetempo. In teoria si tratterebbe della sostituzione di routine del contingente dell’esercito che staziona a Hong Kong, in realtà è una minaccia aperta.
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