Boris in minoranza
Tra minacce e ritorsioni, il governo inglese perde la maggioranza ai Comuni mentre va in scena la più grande resa dei conti sull’ipocrisia della Brexit (si vede pure dallo spazio)
Contarsi, accusarsi, maledirsi e poi ricontarsi, sei con me o sei contro di me? La politica britannica è diventata un’amante ansiosa, mi ami o non mi ami, mi ami davvero o fingi – è quel che accade quando alle idee, all’amore, si sostituiscono i calcoli, le astuzie e le tattiche, e un invito a pranzo per chiarirsi non è, non sarà più sufficiente. A furia di insistenze e minacce, si resta un po’ più soli, che è appunto quel che è accaduto a Boris Johnson, che ha perso la prima battaglia della guerra ingaggiata con il Parlamento: da ieri il governo non ha più la maggioranza ai Comuni. La ribellione sfacciata è trattata a seconda dei casi come massima ipocrisia o massimo eroismo: nella seconda categoria è entrato il conservatore Philip Lee che ieri in Parlamento si è alzato dai banchi dei Tory ed è andato a sedersi tra i liberaldemocratici proprio mentre parlava in aula il premier Johnson. Il mio partito non mi assomiglia più, ha detto l’ex sottosegretario alla Giustizia, “questo esecutivo insegue aggressivamente una Brexit dannosa”, e con la sua fuoriuscita teatrale e simbolica s’azzera il potere parlamentare dei Tory, che già era un pochino accidentato visto che dipendeva dal Dup nordirlandese (ci è parso di veder ridere Theresa May). Un’altra buona scusa per andare a votare? Può essere, ma come scrive Matt Chorley sul Times, “le elezioni potrebbero essere vicine, c’è qualche conservatore che si batterà per vincerle?”.
The moment Philip Lee defects from the Conservative Party and joins the Lib Dem benches – the government majority is now gone. @DrPhillipLeeMP | @andybell5news pic.twitter.com/21GgaV9GWF
— Channel 5 News (@5_News) September 3, 2019
Il decisionismo di Johnson ha già perso il suo fascino. Ipocrita, bisbigliano tutti, parlando degli altri e anche di sé, perché ormai non c’è quasi più nessuno che possa dirsi immacolato: tre anni e più di Brexit pesano come macigni sulle carriere dei politici britannici. S’è detto tutto e il suo contrario, il diritto all’oblio è un lusso antico, nei conteggi dei traditori ci finisce chiunque. Abbiamo visto, nel romanzo della Brexit, passarci davanti corteggiamenti, ambizioni, azzardi, umiliazioni, risatine, voci spezzate: quello in corso è il capitolo sull’ipocrisia, che ha raggiunto un livello talmente alto che neppure le minacce funzionano più. Ieri ne è stata scritta un’ampia parte: i parlamentari conservatori ribelli sono stati convocati dal premier Boris Johnson per un ultimo tentativo di riappacificazione, o almeno di tregua. Lui vuole evitare ogni ingerenza parlamentare sulla Brexit, va dritto alla giugulare dell’Europa, con i suoi ultimatum e quel negoziato inesistente che vuol condurre alla sua maniera. Loro sono disposti a tutto tranne che al “no deal” sulla Brexit, l’ipotesi catastrofica che il Regno Unito ha cercato finora di evitare e che, con l’arrivo di Johnson, è diventata addirittura l’obiettivo da raggiungere, la cordicella da tirare per primi per vincere un altro giro al calcioinculo.
Un invito a Downing Street all’ora di pranzo, una discussione molto animata – hanno riferito poi i presenti – e una sintesi semplice: tu sei un ipocrita, dicono i ribelli a Johnson, perché ci ordini di stare buoni per avere più margine di manovra sull’Europa ma non hai nessuna manovra da proporre; voi siete degli ipocriti, dice Johnson ai ribelli, perché vi volete mostrare coerenti e invece state facendo soltanto il gioco del Labour, di Jeremy Corbyn, del nemico (Johnson ha dato ordine ai suoi di definire la proposta di legge dei ribelli che vuole escludere un no deal e prorogare l’uscita dall’Ue di altri tre mesi “Corbyn’s Surrender Bill”, la legge della sottomissione a Corbyn). Ipocrita sarai tu: si potrebbe andare avanti per mesi, anzi, è proprio così che è andata, nelle ultime settimane, anche in quelle prima.
Non ci sono salvati, in questo gioco brutale: non si salva Johnson, leader non eletto – è stato nominato dai membri del Partito conservatore, lo 0,14 per cento della popolazione britannica, una miseria democratica superata soltanto dallo zerovirgolazerozeroqualcosa dei votanti da “record mondiale” di Rousseau – accusato di “golpe” per aver sospeso i lavori parlamentari (c’è una corte che sta decidendo se si tratta di un abuso di potere). Non si salvano i ribelli che rischiano di perdere l’appartenenza al gruppo parlamentare dei Tory, e sono talmente rassegnati che si stanno autoeliminando: s’allunga l’elenco di chi dice che alle prossime elezioni non si candideranno per i conservatori giusto per poter dire che non sono stati piantati, sono loro che se ne sono andati. Non si salvano i laburisti annegati nell’ambiguità del loro leader, Jeremy Corbyn, che non ha un’idea sulla Brexit (e questo si sapeva) ma ne ha una bizzarra e tentennante sulle elezioni anticipate, convinto com’è di essere più abile di Johnson nei trucchetti procedurali (non è chiaro da dove gli venga tale convinzione). Non si salva neppure la Brexit, ammesso che ci sia mai stata una uscita dignitosa da questo ingarbugliato progetto di sovranismo radicale.
I protagonisti di questo capitolo sull’ipocrisia però non sono soltanto i politici, che si ricordano l’un l’altro tutti i tradimenti degli ultimi anni (Boris Johnson, per dire, ha votato due volte contro e una a favore dell’accordo che Theresa May ha firmato con gli altri ventisette paesi dell’Unione europea). I protagonisti sono anche i quattro signori che guidano la campagna Led by Donkeys, guidati dagli asini, e che stanno facendo una irresistibile campagna nazionale contro l’ipocrisia.
Hi @BorisJohnson & @MichaelGove, we heard about your plan to spend £100m on a No Deal advertising campaign. The thing is you're both liars who can’t be trusted to tell the public the truth. So we're doing it for you. More details at https://t.co/GyH03Oa075 (location: Salisbury) pic.twitter.com/P1CF7YrZ9I
— Led By Donkeys (@ByDonkeys) August 13, 2019
“Il brainstorming viene fatto su Whatsapp, nelle pause tra i bambini e il lavoro”, ci hanno raccontato questi “quattro amici al pub” come amano definirsi, mandando alcuni screenshot per mostrarci come nascono le loro idee. Inizialmente appendevano cartelloni con i tweet di politici che si erano rimangiati le loro stesse parole, poi i fondi sono aumentati – “tutto attraverso il crowdfunding” – e l’attività di denuncia è diventata spettacolare, mentre si ammonticchiava sui social materiale gentilmente offerto dall’ipocrisia dei politici inglesi. In questi giorni Led by Donkeys ha superato se stesso, facendo rimbombare nella testa degli inglesi le parole di Michael Gove, traditore politico impenitente che oggi si occupa per il governo Johnson dei preparativi per il no deal (fino a qualche mese fa, quando era ministro del governo May, era a favore dell’accordo con l’Europa). “Non abbiamo votato per lasciare l’Unione europea senza accordo”, aveva detto Gove nel marzo di quest’anno, quando voleva convincere i suoi colleghi ad approvare l’accordo dell’allora premier May. Da giorni questa frase è “visibile dallo spazio”, dice Led by Donkeys, con una scritta enorme nella sabbia della spiaggia di Redcar, nel North Yorkshire, e una proiezione sulle scogliere bianche di Dover, il confine sud del Regno che, in caso di non accordo, diventerà estremamente caotico.
Our unelected Prime Minister is suspending Parliament to force through a No Deal Brexit that the Leave campaign leader admits nobody voted for. Johnson & Gove want us to forgot that fact. So we made it visible from Space.(Quote source: Daily Mail 11/3/19) pic.twitter.com/hWcLvwFRxA
— Led By Donkeys (@ByDonkeys) September 2, 2019
Non che dallo spazio qualcuno sia interessato a quel che ha detto Gove e ai suoi ripensamenti, ma come dice Ben Stewart, uno dei quattro, i politici “vogliono che ci dimentichiamo” di quel che è stato detto in questi tre anni, delle “promesse e delle ipocrisie”, mentre noi siamo qui per ricordarglielo e ricordarlo anche agli inglesi. Che forse andranno a votare presto un’altra volta, stremati dalle bugie, dal tempo buttato via, dai cavilli incomprensibili, da una leadership che non ha saputo dare forma né alla volontà popolare né a quella parlamentare né a quella governativa. E continueranno ancora a chiedersi com’è che, nella stagione dell’ipocrisia, i politici possono cambiare idea e i cittadini inglesi invece no.