L'incontro tra il presidente del consiglio italiano Giuseppe Conte e il primo ministro del Governo di Accordo Nazionale della Libia,, ottobre 2018 (foto LaPresse)

Serraj fa due giorni di anticamera per capire se Conte è un alleato o no

Daniele Raineri

Tripoli assediata da Haftar chiede chiarezza all’Italia, nello stesso giorno della visita romana di Macron

Roma. Domani a mezzogiorno il premier libico Fayez al Serraj incontra finalmente il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, dopo avere aspettato due giorni in un albergo romano a un chilometro da Palazzo Chigi (Serraj era arrivato lunedì pomeriggio secondo Agenzia Nova) mentre il suo paese è nel mezzo di una guerra civile. Serraj è in missione urgente. Da cinque mesi resiste all’onda d’urto delle forze del generale Khalifa Haftar (che ha scatenato un’offensiva per prendere la capitale Tripoli) ma non ha più uno sponsor in Europa. Il più forte che aveva era l’Italia. Il governo Gentiloni lo aveva molto appoggiato, ma sono tempi lontani. Il governo Conte uno lo appoggiava ma senza troppa convinzione e tra i due rami – quello grillino e quello leghista – soltanto Salvini aveva preso una posizione netta a suo favore e chiamava “ribelli” i soldati di Haftar. Gli altri avevano scelto una linea attendista, per non scontentare troppo Haftar nel caso di una sua vittoria. Il primo luglio Serraj era volato direttamente a Milano da Salvini per chiedere aiuti anche militari, perché aveva compreso correttamente che era il ministro dell’Interno a prendere le decisioni, ma di nuovo: sono tempi lontani. Adesso è arrivato il governo Conte due e Sarraj vuole sapere come considerare l’Italia: è ancora un alleato? E se lo è, che passi intende fare?

 

Nel luglio 2018 il presidente Trump aveva delegato a Conte la supervisione del dossier Libia ed era stata un’investitura importante perché il governo italiano avrebbe potuto dire agli altri paesi interessati a quello che succede a Tripoli – soprattutto ai francesi – di avere le spalle coperte dall’America. Ma poi il volubile Trump ha preso in simpatia Haftar e gli ha fatto una telefonata che è suonata come un endorsement alla sua guerra “contro il terrorismo”. Come se Serraj, chiuso nel suo albergo romano, fosse un leader terrorista. Ora Salvini non c’è più ma al governo sono tornati ministri del Partito democratico, che in teoria condividono le posizioni dell’ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni: si sta con Serraj. Ma a giugno quando è venuto il momento di rifinanziare le missioni all’estero il Partito democratico s’è spaccato, molti non erano d’accordo proprio sugli aiuti dati a Tripoli. Si capisce perché il premier libico sia arrivato in Italia, ha bisogno di chiarezza (come del resto tutti, la Libia è strategica per molti motivi).

 

Le forze di Haftar non sono irresistibili, ma sono appoggiate da governi stranieri. Nella notte tra lunedì e martedì ci sono stati bombardamenti aerei pesanti a Tripoli ed è molto probabile che siano coinvolti asset militari stranieri. Sebbene le notizie dalla capitale libica siano trascurate, è una situazione che non dovrebbe essere tollerata dalla comunità internazionale. Sabato c’è stato anche il quinto attacco aereo di Haftar nel giro di due mesi contro l’aeroporto di Misurata, dove c’è un contingente italiano di trecento soldati che lavora in un ospedale da campo.

 

Domani arriva a Roma anche il presidente francese Emmanuel Macron, che vedrà Conte in serata. Oggi il canale tv libico Libia Panorama continuava a lanciare la notizia di un incontro a tre fra Macron, Conte e Serraj che dovrebbe avvenire domani, ma fonti multiple del governo italiano e di quello francese hanno smentito al Foglio. Macron e Conte secondo il programma ufficiale non parleranno nemmeno di Libia – speriamo che almeno lo facciano a livello informale – ma parleranno molto di migranti. Oggi un’unità della Guardia costiera ha recuperato novanta migranti al largo di Malta. E’ un nuovo corso rispetto a un mese fa, e segnala con discrezione ai governi europei – in vista del minisummit sull’immigrazione di lunedì proprio a Malta – che l’Italia è pronta a fare operazioni di soccorso, se poi si trova un accordo sulla ripartizione dei salvati.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)