In Israele sarà ancora un governo di guerra “discreta”
L’attacco dell’Iran contro i sauditi è il bis di un’operazione tentata contro lo stato ebraico tre settimane fa. Il successore di Netanyahu continuerà e forse espanderà la campagna contro Teheran
Roma. Ora che l’attacco disastroso contro le raffinerie saudite è stato messo a fuoco meglio e si è scoperto che si è trattato di un’operazione militare iraniana partita dal territorio dell’Iran viene facile il collegamento con un’altra operazione iraniana contro Israele fallita appena tre settimane prima. Andiamo con ordine. Nel caso dell’Arabia Saudita gli iraniani hanno fatto decollare uno sciame di droni carichi di esplosivo, li hanno guidati contro raffinerie a oltre seicento chilometri di distanza e hanno coordinato il loro arrivo con il lancio di alcuni missili da crociera – sono quelli che volano molto bassi, a differenza di quelli balistici che fanno lunghe traiettorie molto prevedibili ma arrivano più lontano – in modo che droni e missili convergessero sui bersagli più o meno nello stesso momento e bucassero le difese antiaeree saudite, che costano miliardi di dollari.
Nel caso di Israele gli iraniani hanno tentato un’operazione molto simile sabato 24 agosto. Come punto di lancio per i droni hanno scelto una zona aperta nel sud della Siria, vicino alle alture del Golan. In teoria, se avessero avuto successo i droni avrebbero potuto raggiungere qualsiasi punto di Israele – che da nord a sud è lungo soltanto 470 chilometri, quindi meno del volo che i droni hanno compiuto per l’attacco contro i sauditi. Ma gli israeliani sorvegliavano l’area di lancio oltre confine, come si capisce dal fatto che hanno un video notturno della squadra che prepara il decollo dei droni e hanno bombardato quella zona con gli aerei. Alcuni uomini della squadra sono stati uccisi. Inoltre la stessa notte due droni – almeno uno dei quali era armato con una carica esplosiva – sono stati mandati a schiantarsi contro un edificio del gruppo libanese Hezbollah a Beirut (Hezbollah è finanziato e armato dall’Iran).
Il dettaglio interessante è che quel modello di drone usato nell’attacco contro Hezbollah dev’essere controllato da qualcuno che sta in un raggio di non più di cinque chilometri, quindi dentro la città – o forse in mare, ma non molto al largo. Nessuno rivendica nulla in questa guerra non ufficiale, ma è possibile pensare che dopo avere bloccato un attacco con i droni contro il proprio territorio gli israeliani abbiano mandato due droni contro Hezbollah come rappresaglia. In breve: le Guardie rivoluzionarie del generale Qassem Suleimani – che si occupa delle missioni all’estero – nel giro di un mese hanno fallito la prima operazione ma hanno avuto successo al secondo tentativo, in nome del governo iraniano che ha esplicitamente affermato di voler sabotare la produzione di greggio nella regione come risposta alle sanzioni che lo colpiscono.
Questo è il contesto in cui avverrà il cambio di governo in Israele, dopo le elezioni di martedì. Il primo ministro Benjamin Netanyahu in questi anni ha visto la regione cambiare volto. Il rais siriano Bashar el Assad, che prima negoziava con gli israeliani grazie alla mediazione del turco Erdogan, ora è acerrimo nemico di Erdogan e ha un debito enorme con l’Iran (che l’ha salvato assieme alla Russia dalla guerra civile). Qualche anno fa operazioni militari iraniane dal sud della Siria sarebbero state considerate troppo sfacciate e poco realistiche, oggi sono la normalità. Qualche anno fa un attacco diretto da parte dell’Iran contro le infrastrutture per la produzione del greggio in Arabia Saudita – pure se non rivendicato: sono “calunnie” dice il governo iraniano – sarebbe stato considerato il preludio a una guerra, ma non è questo il caso. Netanyahu ha ordinato una escalation per rispondere alla pressione. Prima centinaia di raid aerei contro bersagli in Siria – spesso bersagli non siriani, nel senso che appartenevano al gruppo Hezbollah oppure all’Iran – e poi l’allargamento delle missioni all’Iraq (anche se questo allargamento non è riconosciuto in via ufficiale) e forse pure allo Yemen. E’ molto probabile che il prossimo governo israeliano sceglierà la continuità e quindi l’estensione della campagna e della guerra non dichiarata con l’Iran.