Il segreto di Visegrád
Orbán e gli altri fanno i duri, ma aprono le porte a milioni di migranti per far funzionare l’economia
Roma. Lunedì a Malta c’è stato un piccolo accordo temporaneo – di sei mesi, rinnovabili – sui migranti tra alcuni paesi europei. Questo accordo sarebbe molto più efficace se fosse allargato a tutti i paesi dell’Unione europea, ma c’è un gruppo di membri che fa molta resistenza. È il cosiddetto gruppo Visegrád, che non accetta il patto di ripartizione dei migranti – il sistema di gestione a livello europeo che aiuterebbe moltissimo l’Italia. Ma, come titolava ieri Bloomberg, i governi di Visegrád hanno un segreto che riguarda il loro rapporto con gli immigrati ed è il momento di fare un po’ di chiarezza.
I paesi del gruppo Visegrád hanno una politica durissima contro i migranti ma hanno un bisogno così urgente di stranieri per fare funzionare la loro economia che fanno entrare dall’estero più migranti economici di tutti gli altri paesi dell’Europa messi assieme. Soltanto la Polonia s’è presa due milioni di lavoratori stranieri tra il 2017 e il 2019 (fonte Wall Street Journal), che è la migrazione più grande nella storia dell’Unione europea. È il “paradosso Visegrád”: sono paesi dove i partiti anti immigrazione sono saliti al potere con slogan molto forti contro gli stranieri, ma per andare avanti hanno bisogno degli stranieri. E quindi? Quindi cercano di nasconderlo.
Nel settembre 2018 il viceministro polacco per lo Sviluppo, Pawel Chorazy, s’è lasciato sfuggire che la Polonia ha bisogno dei migranti economici per mantenere la sua crescita economica e per questo è stato cacciato. Il primo ministro, Mateusz Morawiecki, ha detto che il viceministro “s’è spinto troppo in là”.
Quattro giorni fa il primo ministro ungherese Viktor Orbán è arrivato a Roma per partecipare a un festival politico e ha parlato di “invasione” dell’Europa e di “immigrati che sono chiaramente economici”, ma si è dimenticato di dire che l’Ungheria nel 2018 ha aperto la porta e concesso un permesso di soggiorno a 50 mila immigrati economici non europei (fonte: Bloomberg) – con una popolazione che è appena un sesto rispetto all’Italia – per il motivo semplice che ne ha molto bisogno. E’ un numero doppio rispetto al 2017. Nel 2016 i permessi erano stati 7.300. In breve: è una tendenza forte e in crescita. Quando uno straniero commette un crimine si vedono subito apparire sui social molti commenti sarcastici sul fatto che gli immigrati siano delle “risorse”, ma quello che succede nei paesi del gruppo Visegrád – quelli più ostili in assoluto agli immigrati – suggerisce di pensare meglio la questione.
I paesi del gruppo Visegrád hanno bisogno di molti immigrati a causa della crisi demografica (hanno sempre meno abitanti) e inoltre tre milioni dei loro cittadini si sono spostati a lavorare in altri paesi più ricchi nella parte occidentale dell’Unione europea – grazie alla libertà di circolazione garantita dall’Ue – e i soldi che spediscono a casa sono così tanti da rappresentare una percentuale importante del prodotto interno lordo (il 3,3 per cento nel 2017 per l’Ungheria, fonte Banca mondiale). I posti che restano vuoti per colpa della demografia e dei lavoratori all’estero passano agli immigrati.
Il punto importante in questa faccenda è che i paesi di Visegrád tentano di mantenere l’immigrazione il più possibile bianca e cristiana. La maggioranza degli immigrati in quei paesi è fatta di ucraini e bielorussi e questo spiega perché il fenomeno è poco visibile, per adesso. In pratica i governi di Visegrád ammettono di avere bisogno di immigrati ma sono contrari agli accordi di ripartizione con gli altri paesi europei perché non vogliono prendere una quota di africani e arabi (ma ovviamente “non vogliamo immigrati” è uno slogan socialmente più accettabile di “non vogliamo neri”). E’ una concezione dell’Europa à la carte, come se fosse un menù: prendono quello che conviene, rifiutano ogni minimo compromesso. Tra il 2014 e il 2020 i paesi del gruppo Visegrád sono stati i beneficiari maggiori della distribuzione dei fondi dell’Ue e hanno ricevuto un totale di 122 miliardi di euro.
Il tentativo di accettare soltanto immigrati bianchi e cristiani da parte dei governi Visegrád comincia a fallire perché non c’è un numero infinito di ucraini a disposizione. Vietnamiti, indiani e mongoli sono i gruppi che stanno crescendo più velocemente tra i lavoratori stranieri in Ungheria. L’anno scorso la Polonia ha dato il permesso di lavoro a ventimila nepalesi, a ottomila cittadini del Bangladesh e ad altri ottomila indiani.