“Basta bugie”, dice Tusk
Eravamo distratti, ma all’Onu il presidente del Consiglio Ue ha difeso la verità nella vita pubblica e il patriottismo solidale del XXI secolo
Milano. “Per proteggere la verità, non è sufficiente accusare gli altri di spargere fake news. Sarebbe sufficiente semplicemente stop lying”, smetterla di dire bugie. Questo “stop lying” è risuonato forte nell’aula dell’Assemblea generale dell’Onu, e a pronunciarlo è stato Donald Tusk, presidente uscente del Consiglio europeo. Sul palco del Palazzo di vetro questa settimana si sono avvicendati molti leader politici, ma i loro discorsi non sono stati seguiti con troppa attenzione, avevamo altro a cui badare: Greta che ci gridava “come osate?”, l’impeachment del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, il ritorno precipitoso del premier britannico, Boris Johnson, a Londra perché il Parlamento ha riaperto anche se lui lo aveva chiuso, e poi le tante altre distrazioni, dalla foto in cui il presidente iraniano Hassan Rohani ride divertitissimo a una battuta di Johnson fino all’hamburger di Giuseppe Conte e alla ben nota camicetta attillata di Ivanka Trump. Ci siamo distratti, ma “stop lying” e tutto quel che ha detto Tusk sulla convivenza pacifica dei paesi di tutto il mondo, in particolare di quelli occidentali, ci hanno riportati tutti lì, sul fronte su cui si sta combattendo la battaglia ideologica di questa stagione, un fronte delineato in modo sempre più preciso dallo stesso Trump, che ha tenuto uno dei discorsi più lugubri della sua lugubre carriera da leader del mondo libero, proprio mentre i democratici decidevano di aprire la procedura dell’impeachment – che a ben vedere potrebbe anch’essa essere sottotitolata con: “Stop lying”. Trump ha detto: “Il futuro non appartiene ai globalisti. Il futuro appartiene ai patrioti. Il futuro appartiene a nazioni sovrane e indipendenti, che proteggono i loro cittadini, rispettano i loro vicini e onorano le differenze che rendono ogni paese speciale e unico”.
L’America, ha detto Trump, ha speso duemila miliardi e mezzo di dollari dalla sua elezione per ricostruire la propria forza militare, “ma spero che non ci sia bisogno di usare questo potere”, ha aggiunto, confermando la propria riluttanza a impegnarsi in crisi all’estero. Denunciando “la malafede” di molti paesi, in particolare della Cina e in particolare sul commercio, Trump ha anche ribadito un concetto a lui caro: “Quando si sminuisce la sicurezza dei confini, si sminuiscono dignità e diritti umani. Ogni nazione ha il diritto assoluto di proteggere i propri confini” dall’immigrazione e da “una fabbrica umana sempre più corposa di attivisti radicali e di organizzazioni che promuovono il traffico di esseri umani”. I commentatori americani hanno spiegato che al suo terzo discorso all’Onu, Trump ha segnato un passo ulteriore – ancor più nazionalista – del suo principio ispiratore dell’America First.
E qui arriva l’altro Donald, il polacco Donald Tusk, che all’inno antiglobalista di Trump risponde: “So che la parola ‘globalismo’ non suona attraente. Preferisco la parola solidarietà, tanto importante per me e per il paese da cui provengo. Nel mio vocabolario politico, globalismo e solidarietà hanno lo stesso significato”. E ancora: “Il patriottismo del XXI secolo non deve soltanto avere una dimensione globale per non diventare, come è già accaduto in molti casi, un comune egoismo nazionale. La storia delle nostre nazioni mostra quanto è facile trasformare l’amore per la propria nazione in odio verso i propri vicini; quanto è facile trasformare l’orgoglio per la propria cultura in disprezzo per la cultura degli altri; quanto è facile utilizzare gli slogan sulla propria sovranità contro la sovranità degli altri”. E ancora: “L’ambiente naturale degli uomini, che ha bisogno della nostra protezione, non riguarda soltanto gli oceani, l’aria e i boschi. Riguarda anche la verità nella vita pubblica, la libertà, lo stato di diritto, la solidarietà internazionale”. Così Tusk è arrivato a “stop lying”: “Oggi troppi leader usano le menzogne come metodo permanente per restare al potere”. Semplicemente smettetela di dire bugie, ha detto il Donald della solidarietà, senza mai citare Trump, che pure era riuscito a dire una bugia anche nel suo discorso all’Onu, come spesso gli capita: l’America ha speso 700 miliardi di dollari per il suo esercito, non i duemila miliardi e mezzo citati dal presidente. Dettagli di un’intossicazione linguistica e valoriale che spesso sfuggono, ma non a Tusk, che già in passato, in una delle tante crisi che hanno scandito la relazione difficile tra il trumpismo e i suoi alleati (europei, ma non solo), aveva detto: “Con degli amici così, chi ha bisogno di nemici?”.