Incurabilmente liberali
Il filosofo francese Raphaël Enthoven è andato alla riunione Marion-Zemmour a spiegare perché l’alternativa da destra al progressismo non funzionerà. Per tre ragioni
Pubblichiamo ampi stralci del discorso che Raphaël Enthoven, filosofo francese, ha tenuto sabato scorso alla prima edizione della “Convention de la Droite”, un evento “della destra della destra” organizzato da Marion Maréchal ed Éric Zemmour a Parigi. Questo di Enthoven è stato il discorso più fischiato di tutta la giornata.
Signore e signori, prima di tutto, vi ringrazio per questo invito. Anche se, per colpa vostra, ho perso molti amici e non me ne sono fatto di nuovi, e anche se sono consapevole che voi avete tutto da guadagnare dalla mia presenza, mentre io, venendo qui, ho tutto da perdere. Detto questo, sarebbe potuta andare peggio. Sarei potuto stare a casa. Avrei potuto attaccarvi da lontano, lanciare dei tweet e dormire tranquillo. Ma ho preferito fare qualcosa. Qualcosa di costoso per me e di spiacevole per voi. Ho preferito, accettando questo invito, farla finita con le abitudini comode e dirvi finalmente ciò che dico normalmente di voi. Sono venuto perché è troppo facile aver paura di voi e innalzare dighe a distanza sperando che resistano. Sono venuto perché la demonizzazione ha il triplo effetto di esservi utile, di farvi troppo onore e di lasciare la coscienza tranquilla a colui che demonizza (…).
Non sono qui né per appoggiare la vostra iniziativa né per convincervi – e ancor meno per farvi la morale – bensì, più modestamente, per decostruirvi. E per elencarvi le ragioni per cui, a mio avviso, ciò che avviate e abbozzate oggi non funzionerà. Attenzione: non parlo del tentativo di opa sulla “destra”. Questo potrebbe funzionare. I Républicains si sono definitivamente suicidati sulle questioni bioetiche; quanto al Rassemblement national nella forma in cui lo conosciamo, è un vecchio partito corrotto il cui capo, come tutti sanno, è un avversario ideale per il governo in carica… Non è dunque impossibile, in mancanza di concorrenti, che riusciate a vincere questa battaglia. Ma solo e soltanto a destra. Ciò che invece non funzionerà – e mi assumo le responsabilità di ciò che dico – è il tentativo di arrivare al potere e di costruire “un’alternativa al progressismo” (sic) passando da destra. E per di più, da una destra dura. Mi rivolgo anzitutto a quelli che pensano che questa cosa sia possibile (so che sono molti in questa assemblea). Ciò che sperano, e ciò che sperate, non funzionerà. Per delle ragioni allo stesso tempo ideologiche, strategiche e metafisiche.
La prima ragione per cui non funzionerà è quella che i pedanti chiamano la “caducità del paradigma destra-sinistra”. Quelli di voi che, come me, hanno vissuto (probabilmente nel campo opposto) la campagna del 1992 sul Trattato di Maastricht forse si ricordano che attorno alla questione europea abbiamo visto emergere delle coppie ideologiche cui non eravamo abituati: Pasqua e Chevènement (il primo esponente della destra, il secondo della sinistra, ndt) nel campo del no. Fabius e Juppé (il primo esponente della sinistra, il secondo della destra, ndt) nel campo del sì, etc. So che ci sono persone in questa sala che pensano che Pasqua, Juppé, Fabius, Chevènement erano tutti uguali, che era “l’Umps” (Ump e Ps, l’ex partito gollista e il Partito
Provando a intercettare i delusi della destra, vi troverete in un vicolo cieco. Grande, ingannevole, ma comunque un vicolo cieco
socialista, ndt): il problema di questa analisi semplicistica è che amalgamando l’Ump e il Ps in un pasticcio liberal-mondialista, l’estrema destra dell’epoca non ha colto il vero senso di quelle cause comuni tra persone antagoniste. E la lezione che bisognava trarre. Quale era questa lezione? Che lentamente, passo dopo passo, dopo la caduta del Muro, le democrazie occidentali sono passate dal dittico destra/sinistra al dittico che io chiamerei “liberale contro sovranista”, e che voi, forse, preferite chiamare “mondialisti contro patrioti”. Ma poco importa il nome che si vuole dare a questo nuovo duo. L’essenziale è capire che la dicotomia liberale/sovranista apparsa nel 1992 si è affermata nel 2005, e si è definitivamente installata nel paese nel 2017, con la vittoria di Emmanuel Macron – che non è la vittoria della sinistra, ma una vittoria del liberalismo. Per dirla in parole semplici: oggi, la questione – l’alternativa – non è più “sono di sinistra o sono di destra?”, bensì “meglio aprirmi al mondo o rinchiudermi nel mio giardino?” (e in questa nuova ripartizione, si trovano in entrambi i lati dell’alternativa tante persone di sinistra quante persone di destra). Di conseguenza, autodefinendovi “la Destra”, provando dunque a intercettare i delusi della destra e lasciando intendere che con voi non saranno delusi e troveranno un “futuro comune”, vi troverete in un vicolo cieco. E’ un grande vicolo cieco, ingannevole perché è pieno di gente, ma comunque un vicolo cieco. Nella lunga lista degli scenari possibili da qui al 2022, e anche fino al 2027, non ce n’è nessuno in cui la destra possa vincere attraverso la resurrezione della propria identità. Insomma, avete tante possibilità di arrivare al potere passando da destra quante ne ha Olivier Faure (leader del Partito socialista, ndr) passando da sinistra. E sono decisamente poche. Avete le stesse possibilità quante ne avete di raggiungere la luna con una scala. So bene che alcuni di voi, pur riconoscendo questa nuova dicotomia, si ostinano a considerarla “politicamente inefficace”. Su questo punto, la pensate come il Ps. Ma perché questa strana analisi comune? Perché la sinistra e la destra pensano entrambe che lo scontro di domani sia sinistra contro destra? Non perché è un’analisi (tutte le cifre lo smentiscono e non solo i sondaggi), ma perché è una questione di sopravvivenza. E un modo per presentare come diagnosi la certezza che fa comodo a entrambe. Aggrappandovi alla destra come il Ps si aggrappa alla sinistra, vi condannate al parassitismo politico (e all’indecisione sulla questione europea). A questo proposito ho soltanto una cosa da dirvi: non cambiate opinione, perché vi sbagliate.
La seconda ragione per cui, a mio avviso, “l’alternativa da destra al progressismo” non ha alcuna possibilità di funzionare è che, a meno di essere nel 1815 e di uscire da una rivoluzione mondiale e in seguito da un impero gigante, la nostalgia non è un progetto. Tornare indietro non è un futuro. La restaurazione non è il modo per resistere. Il sentimento che tutto è perduto, la riesumazione ideale di valori smarriti nel vortice dei nostri costumi decadenti … tutto ciò riunisce solo delle persone impaurite. Che sono numerose. Ma sono sempre meno. E invecchiano. La “difesa della vita” o dell’“ordine naturale” in un universo di Ivg, di Pma per tutte, di Gpa (utero in affitto, ndr) possibile, di matrimonio gay, di legalizzazione della cannabis e persino della
La nostalgia non è un progetto. Tornare indietro non è un futuro. La restaurazione non è il modo per resistere
prostituzione (si può sempre sognare) serve soltanto a consolare le persone che hanno la sensazione di annegare. Non bisogna farsi illusioni: ciò che state costruendo non è una nave. Per nulla. E’ la Zattera della Medusa! O l’Arca di Noé se volete, poco importa. Ciò che voglio dire, è che è una barca senza motore. E’ un’operazione di sopravvivenza. Non un’operazione di riconquista. (…) Avete forse la vocazione di rappresentare la minoranza che si sente smarrita nella Francia mondializzata del Ventunesimo secolo, ma con un tale capitolato d’oneri non avete la vocazione di diventare maggioritari. E’ impossibile. Aritmeticamente. Le persone – molto gradevoli – che mi hanno invitato a questa convention hanno avuto cura di precisare che “sarebbe stata soltanto una convention” e “in alcun modo la nascita di un movimento”. Beh, ecco, non si potevano usare parole migliori: non c’è nessun movimento in quello che fate. Ma soltanto un’addizione di fissazioni. Insomma. Poiché il paradigma è cambiato, e la nostalgia non è un progetto, il vostro solo futuro politico è quello di una forza di secondo piano. E a quelli di voi che si aspettano di più, consiglierei, come Cartesio, di “cambiare (i loro) desideri piuttosto che l’ordine del mondo”.
Attenzione: non ho la presunzione di giudicare la qualità dei vostri valori. Ognuno crede a ciò che vuole e non c’è scritto da nessuna parte che sarei, più di quanto voi non lo siate, il custode della morale. Ma parlo di efficacia dei vostri valori in un paese che, in maggioranza, ha voltato loro le spalle.
Perché (ed è la terza ragione per cui, a mio avviso, ciò che fate non funzionerà), la società stessa è incurabilmente liberale. Così come, in maggioranza, è attaccata al diritto di disporre del proprio corpo. Non entro qui nel dibattito su questi temi. Se un giorno mi reinvitate, parleremo assieme della Pma, della Gpa, della pena di morte, del matrimonio gay, dell’Ivg, dell’eutanasia, del porno, della cannabis… di ciò che volete. Ma non è il mio tema di oggi. Ciò che voglio dirvi è che questi movimenti sono irreversibili. Per una semplice ragione (che va oltre le nostre rispettive opinioni, e al di sopra delle quali vi supplico di elevarvi per un istante, il tempo di ascoltare l’evidenza trasversale che vi espongo ora): non si ritorna indietro su una
Ciò che mi rende sicuro è la natura umana! Se le date una libertà che non aveva, riterrà che togliendogliela l’amputate di una parte di sé
libertà supplementare. Non si ritira alle persone il diritto di sposarsi. In Francia, non si impedirà mai più alle donne di abortire, se lo desiderano. E più nessun assassino verrà mai condannato a morte. “Grazie a voi – disse Robert Badinter – non ci saranno più, a nostra comune vergogna, esecuzioni furtive, all’alba, sotto il baldacchino nero, nelle prigioni francesi”. A meno che non ci sia un cambio di regime. Se domani, gli abitanti di Hong Kong perdono tutti i loro diritti, è perché sono stati mangiati da una dittatura. Se domani – ed è ciò che mi auguro – dopo aver autorizzato la Pma per tutte, la Francia autorizza l’eutanasia, non si ritornerà più indietro, così come non si ritornerà indietro sul matrimonio gay e sull’Ivg. Non sono le mie convinzioni ad autorizzarmi a essere così sicuro di me stesso (a titolo personale, potete ben immaginare che sono favorevole a ognuno di questi diritti. E’ questo il “progressismo”). Ciò che mi rende così sicuro della mia predizione è la natura umana in persona! Fatta in modo che, se le date una libertà che prima non aveva, riterrà che togliendogliela l’amputate di una parte di sé. E’ la ragione per cui si può perfettamente applicare la seconda legge della termodinamica al caso delle libertà supplementari: nessun ritorno indietro è possibile! (…) Il vostro conservatorismo, così lontano da ciò che il mondo è diventato e così inadatto all’ottenimento di libertà irreversibili, sarà per voi ciò che gli indugi sull’Europa e la sua incapacità nei dibattiti sono stati per Marine Le Pen. Il vostro becchino (…).
Conservate il vostro conservatorismo. E’ l’assicurazione sulla vita del campo opposto (…). E poiché avete invitato un professore di filosofia, facciamo un po’ di metafisica per finire. A titolo individuale, così come a livello collettivo, l’idea di identità non ha alcun senso. A titolo individuale, ciò che chiamiamo l’“io” è sempre e soltanto un’addizione di ricordi e di qualità che la memoria e il dna hanno cucito assieme per darci l’illusione che a monte di queste qualità ci sia una materia. Ma quando si cerca
La sensazione di avere un’identità, e di distinguersi dagli altri attraverso l’identità che si ha, è una doppia illusione
la materia stessa, la materia nuda, separata da tutte le sue qualità, non si trova nulla. L’io è come il cuore della cipolla. A livello collettivo, ciò che chiamiamo l’identitarismo (o il pensiero identitario, che si ritrova indistintamente alla destra della destra e tra gli Indigènes de la République (movimento politico che si definisce “decoloniale” e incarna la tendenza più estrema della sinistra terzomondista, ndt) è sempre e soltanto la santificazione arbitraria di costumi e di colori di pelle che un giorno si è deciso che fossero un obiettivo in sé. Un valore in sé. Ma è lo stesso errore. In entrambi i casi, sia addizionando delle qualità sia sacralizzando i riti di un territorio, si copre un vuoto. La sensazione di avere un’identità, e di distinguersi dagli altri attraverso l’identità che si ha, è una doppia illusione: 1) Non abbiamo identità (al di fuori dei ricordi, delle nostre abitudini e delle particolarità di un dna) e ciò che ci immaginiamo come una radice non è altro che un ammasso di foglie morte. 2) Per questa ragione, la passione dell’identità non è una passione della singolarità, ma al contrario una passione gregaria, una passione da gregge. Per credere alla finzione della propria identità, bisogna essere numerosi (nella stessa misura in cui a una sciocchezza su internet bastano 10mila like per diventare una “verità”). (…) Ecco quello che lealmente potevo dirvi oggi, nel tempo che mi avete concesso. E sono felice che lo abbiate ascoltato. Poiché le vostre credenze sono desuete, il vostro progetto è soltanto un rigetto, il vostro patriottismo è un comunitarismo, i vostri principi sono delle finzioni e poiché avrete l’impressione di perdervi se cambiate opinione, ciò che sperate non funzionerà… E sono costretto a riconoscere che, contrariamente a ciò che ho detto inizialmente per giustificare la mia partecipazione a questa convention, il vostro progetto politico non mi preoccupa affatto, perché si priva lui stesso, da solo, dell’insieme delle azioni necessarie alla conquista del potere. Grazie per la vostra attenzione.
(traduzione di Mauro Zanon)