Trump mette alla prova i repubblicani proprio ora che gli serve la loro fedeltà
Molti esponenti del Partito conservatore durissimi contro il “loro” presidente. Ma la conta finale è sull’impeachment
Milano. Molti repubblicani sono inorriditi dalla decisione del “loro” presidente, Donald Trump, di ritirare le forze americane dal nord della Siria e di lasciare alla Turchia la gestione della zona. L’orrore è soprattutto concentrato sul sacrificio, da parte della Casa Bianca, degli alleati curdi, che hanno combattuto contro lo Stato islamico boots on the ground in nome dell’America e del resto del mondo. Il leader della maggioranza al Senato, Mitch McConnell, che è strategico per garantire il sostegno repubblicano contro l’eventuale impeachment, ha detto che a beneficiare della decisione di Trump saranno “Russia, Iran e il regime di Assad” e che “gli interessi americani sono meglio protetti dalla leadership, non dalle ritirate”. Il senatore Lindsey Graham, che è uno che per difendere Trump si è spesso avventurato in acrobazie retoriche, ha detto in tv: “Spero che sia chiaro quanto consideri avventata e irresponsabile la decisione impulsiva del presidente. E del tutto inquietante”. Nikki Haley, ex ambasciatrice all’Onu nota per il suo rapporto franco ma leale con Trump, ha tuittato: “I curdi sono stati essenziali per la nostra lotta contro lo Stato islamico in Siria. Lasciarli morire è un grande errore”. Il senatore Marco Rubio, anche lui considerato rilevante nei calcoli per l’impeachment, ha usato lo stesso termine della Haley, “errore”, definendolo “grave”. I giornali sono pieni di dichiarazioni anonime di funzionari e di politici repubblicani che dicono di essere “orripilati e nauseati” (fonte Axios) dall’annuncio di Trump e ricordano che sulla questione siriana e sulla necessità di proteggere i propri alleati si sono già dimessi James Mattis dal Pentagono e John Bolton dal Consiglio per la sicurezza nazionale.
“Non c’è più nessuno che sa ribattere alle idee del presidente”, ha detto un ex funzionario, e si vede. L’orrore è trapelato anche sui media, non soltanto quelli considerati liberal – l’Atlantic ha raccolto voci del Pentagono straziate dalle decisioni di politica estera di Trump – ma anche quelli legati al presidente. L’anchorman di “Fox and Friends”, Brian Kilmeade, ha detto al leader dei repubblicani alla Camera, Kevin McCarthy, preoccupato della decisione di Trump, di “chiamare il presidente prima che sia troppo tardi”. Persino Breitbart, voce del trumpismo, ha sottolineato la reazione dei curdi: “Una pugnalata alla schiena” da parte della Casa Bianca. Il giorno prima dell’annuncio sulla Siria, Tucker Carlson, uno dei volti più popolari di Fox News che era nella delegazione presidenziale all’ultimo incontro con il dittatore di Pyongyang, ha pubblicato un commento sul Daily Caller in cui diceva: “Alcuni repubblicani ci stanno provando, ma non c’è modo di rappresentare la telefonata all’Ucraina come una buona idea”.
Il ritiro di Trump dal nord della Siria sta sconvolgendo anche i repubblicani che lo hanno difeso pubblicamente sull’impeachement: il presidente mette alla prova la fedeltà dei conservatori proprio quando ha più bisogno di questa fedeltà. L’opinione pubblica sta cambiando: secondo una rilevazione pubblicata dal Washington Post, la maggioranza degli americani è a favore dell’apertura di un’inchiesta per l’impeachment di Trump: naturalmente tra i repubblicani c’è ancora grande scetticismo, ma rispetto al luglio scorso, il sostegno è aumentato del 25 per cento tra i democratici, del 21 tra i repubblicani e del 20 tra gli elettori indipendenti. Ma è al Congresso che si fanno i calcoli, e la domanda di queste ore è: la cosiddetta “rivolta” dei leader repubblicani sulla politica siriana avrà un impatto sulla tenuta del sostegno dei repubblicani a Trump sull’impeachment? Steven Erlanger del New York Times dice al Foglio che “è improbabile” che i repubblicani al Senato abbandonino il presidente, “ma se Trump continua ad agire in modo così unilaterale e se emergono altre questioni – sulle sue tasse o i suoi alberghi, o su altri accordi con leader stranieri – tutto può cambiare”. Il presidente giocherà ancora sul suo tema più caro, che è quello che spaventa il Partito repubblicano: “L’élite lo tradisce, lui resta l’unico custode dei ‘veri’ americani”, dice Erlanger. Ma l’establishment conservatore si sta interrogando proprio su questo: ieri è nato un nuovo media conservatore che si chiama The Dispatch e che propone alla comunità repubblicana americana di cominciare a fare un passo ulteriore. Non si definisce “anti Trump”, ma “oltre Trump”, con la speranza che “oltre” ci sia qualcosa.