Tutte le domande del Kosovo post elettorale interessano anche l'Ue
L’opposizione è passata al governo per la prima volta in dodici anni e dovrà pensare a due questioni: Serbia e corruzione
Roma. Il partito nazionalista di sinistra Vetevendosje (Autodeterminazione) ha vinto le elezioni anticipate in Kosovo ottenendo il 25,7 per cento dei voti. Molto, ma non abbastanza per governare da solo. A pochi punti di distanza sono arrivati i liberaldemocratici di Ldk, e anche se non tutte le parti dei loro programmi si somigliano, i due partiti, abituati più a stare all’opposizione che al governo, a perdere più che a vincere, cercheranno di coalizzarsi per formare un esecutivo. Vetevendosje (VV) ha alla sua guida Albin Kurti, oggi quarantaquattrenne, ma conosciuto come animatore delle proteste studentesche degli anni Novanta, sostenitore dell’unificazione con l’Albania, argomento sul quale vorrebbe tenere un referendum – che non gode del sostegno di Tirana – e, in passato, contrario alla mediazione di Unione europea e Stati Uniti per risolvere i problemi con il vicino nemico di sempre: la Serbia. Durante la campagna elettorale, euroscetticismo e antiatlantismo sono stati smorzati e Kurti ha deciso di abbandonare le azioni violente per le quali il suo partito era diventato famoso lo scorso anno, per impedire che venisse approvato un accordo sui confini con il Montenegro i deputati di VV lanciarono gas lacrimogeni in Parlamento. Vjosa Osmani invece è la leader di Ldk, ha studiato negli Stati Uniti, è docente di diritto internazionale, un profilo molto diverso da quello di Kurti, ma ha detto di essere disponibile a trattare con VV. Qualunque sarà il risultato dei colloqui tra Vetevendosje e Ldk, qualcosa è già successo: la politica degli ultimi dodici anni si è interrotta, il Partito democratico (Pdk) del presidente Hashim Thaci e i suoi alleati, l’Alleanza per il futuro del Kosovo (Aak) del premier dimissionario Ramush Haradinaj, sono stati sconfitti. Se sul fronte interno sarà difficile dissipare con velocità la corruzione e le gerarchie che si sono formate dopo la guerra contro la Serbia nel 1999, a livello internazionale VV e Ldk hanno molti punti in comune e si sono sempre opposti ai progetti di ridefinizione dei confini nazionali e scambio di territori con la Serbia portati avanti dal presidente Thaci.
Dopo che domenica sera il risultato delle elezioni era ormai chiaro, il premier uscente Ramush Haradinaj – dimessosi a luglio dopo essere stato convocato da un tribunale dell’Aia incaricato di indagare sui crimini commessi durante la guerra contro la Serbia dall’Esercito di liberazione del Kosovo (Uck), di cui è stato al comando – ha scritto su Facebook che “la decisione di restituire il diritto di scegliere agli elettori si è dimostrata la scelta giusta” e che “una concorrenza leale e pacifica ha portato il Kosovo e i suoi cittadini a un livello elevato di maturità politica e democratica, fungendo da modello per tutta la regione”. L’ex premier ha detto che tornerà in politica soltanto se verrà provata la sua innocenza, ma le sue dimissioni, che hanno portato alle elezioni anticipate, hanno aperto la strada a una nazione nuova, desiderosa di uscire dalla logica della guerra. Le questioni di cui dovranno occuparsi i nuovi partiti saranno tante, Kurti ha promesso che darà la priorità a sviluppo economico, istruzione, sanità e lotta alla corruzione, ma il suo governo dovrà decidere cosa fare con la Serbia, che non ha mai voluto riconoscere l’indipendenza di Pristina. Ogni mossa potrebbe cambiare il destino dei Balcani, pericolosamente fermi, in equilibrio, in una serie di decisioni rimandate. Il presidente serbo, Aleksandar Vucic, ha detto che sarà disposto a riaprire il dialogo con Pristina soltanto quando saranno tolti i dazi del 100 per cento sui prodotti serbi, imposti dopo il veto posto da Belgrado sull’adesione del Kosovo all’Interpol. Ogni decisione che verrà presa interesserà anche l’Ue, che finora si è sempre offerta di mediare ma il suo ruolo potrebbe essere ridimensionato dalle scelte di VV, non soltanto perché la Serbia e il Kosovo vorrebbero diventare stati membri, ma perché i Balcani, così vicini, sono parte della sua storia e della sua stabilità.