Johnson e l'accordo con l'Europa
Non è detto che accada, ma ora l’impossibile può accadere. E se accadesse sarebbe una bella lezione
Il tunnel è l’opposto dello streaming. Quest’ultimo serve per insultarsi a favore di telecamera e di popolo cosiddetto, una variante del “Grande fratello”. Il tunnel è invece una procedura negoziale segretissima che serve a concludere un accordo, una variante delle spy story: solo a cose fatte e comunque sempre per vie top secret, per la ratifica o il rigetto, sono informate le fonti del potere, i mandatari dei negoziatori, che fino a quel punto sono autorizzati a chiudere porte e finestre a telecamere e popolo cosiddetto. Quando scrivevo che Boris Johnson è diverso da Trump e da Salvini volevo dire proprio questo: che il premier britannico arieggia il populismo, ma poi è capace di infilarsi in un tunnel, con i negoziatori dell’Unione europea, per cercare il miracolo di un accordo in extremis sulle modalità della Brexit. Twitter Instagram e Facebook fanno la differenza tra i brubru e gli uomini di stato. Sono strumenti nati per compiacere la libertà trasparente delle comunicazioni, ma antagonisti della ragion di stato, che in materia di fini collettivi o bene comune o libertà politica è uno strumento d’avanguardia anche nel mondo digitale. Se il senatore Salvini, quand’era il Truce, et pour cause, avesse cercato per lo meno di contemperare le tonterie sui porti chiusi con un tunnel, cioè con un serio negoziato sull’immigrazione per la modifica del trattato di Dublino, non avrebbe fatto la fine che ha fatto: dal talk-show al gobierno e ritorno. E se Trump fosse riuscito a controllare il suo narcisismo infantile, dunque molto pericoloso, e non avesse fatto troppo affidamento sulla trasparenza del populismo e sulla segretezza del ricatto a capo di stato estero contro il suo rivale, non sarebbe sotto indagine parlamentare per impeachment o rimozione e non farebbe passare guai neri alla comune umanità con le sue iniziative genocidarie in Siria nordorientale o Rojava.
Può essere che non se ne faccia niente, Macron e la Merkel si vedono domenica e potrebbero decidere che le soffiate loro pervenute dal tunnel non sono tali da incoraggiare una conclusione positiva, ma intanto la sterlina si muove e vota il suo incoraggiamento, e così la JP Morgan, la City e molti altri soggetti sociali che strutturano il popolo e le élite secondo un’architettura possibile della convivenza, come le partite Iva inglesi. BoJo ha fatto le concessioni marginali ma decisive necessarie almeno per una trattativa conclusiva e segreta, dopo un colloquio con il suo omologo irlandese, e dopo aver detto che piuttosto di una nuova proroga si sarebbe buttato in una discarica, facendo fremere popolo e mondo politico istituzionale, Westminster compresa: ora potrebbe ottenere un accordo non molto dissimile da quello stipulato da Theresa May in un altro negoziato nel tunnel, e da premier privo ormai di maggioranza, e da capopopolo con formazione e curriculum da etoniano, aristocrazia della competenza, potrebbe presentarsi alle elezioni come quello che la Brexit l’ha resa possibile, e per giunta senza troppi danni. Un quantum di populismo è sempre presente nella lotta politica, si sa, a partire dalla propaganda, ma quando i capibastone del populismo truce cominciano a credere alla loro propaganda, cadono in un delirio di onnipotenza che li può fregare facilmente. Johnson se Dio vuole oltre che cinico e bastardo è uno scettico ricco di humour. Se BoJo e i suoi partner del tunnel usciranno alla luce con un accordo trasformista all’italiana, l’Irlanda del nord contemporaneamente dentro all’unione doganale britannica e dentro all’unione doganale del mercato unico europeo, una piroetta all’altezza di un Giuseppi, il tutto condito da una vaga promessa di transitorietà, allora sarà difficile che l’accordo non diventi un fatto capace di superare le convenienze politiche partigiane e i famosi dèmoni della Brexit. Non è detto che accada, ma se accadesse, prendere nota, sarebbe una bella lezione. E poi il voto subito.