Israele, i curdi e Trump
Un tradimento che non lascia presagire nulla di buono a Gerusalemme, scrive il Jerusalem Post
“Non ci si faccia ingannare dalla mancanza di una risposta israeliana ufficiale al drammatico ribaltamento politico rappresentato dalla decisione del presidente Usa Donald Trump di rimuovere le truppe statunitensi dalla Siria settentrionale: in realtà, Gerusalemme è profondamente preoccupata per questo passo”, scrive Herb Keinon. “Viene confermata l’idea che davvero Israele può fare affidamento unicamente su se stesso. La decisione di Trump non può essere vista come una scelta isolata. Deve anche essere vista nel contesto degli attacchi sostenuti dall’Iran il mese scorso contro le strutture petrolifere saudite e l’assordante mancanza di reazione da parte americana. Entrambi questi incidenti dimostrano che l’attuale amministrazione è ben poco diversa dalla precedente amministrazione Obama nella sua riluttanza a prender partito e affrontare, ove necessario, le forze negative in medio oriente. E questo è un dato che riveste un enorme significato per Israele. Esso conferma nei pianificatori strategici del paese la convinzione che, sebbene gli Stati Uniti sotto un’amministrazione amichevole siano pronti a sostenere Israele alle Nazioni Unite e offrire assistenza con aiuti per le armi e sostegno morale, difendendo il paese dalle pressioni internazionali, quando si tratta del ricorso alla forza Israele deve essere preparato e pronto a difendersi da solo. L’ex capo del Consiglio di sicurezza nazionale israeliano Eran Lerman dice che nella regione oggi nessuno che sia ‘lucido di mente’ farebbe affidamento sugli americani, e questo è un fatto che potrebbe benissimo spingere vari attori fra le braccia degli iraniani, che non aspettano altro. Lerman definisce la mossa di Trump ‘un’onta morale’ e dice che una sua possibile conseguenza potrebbe essere quella di spingere i curdi, nella loro battaglia con i turchi, dalla parte del regime di Assad e dei suoi padrini iraniani. Il che avrebbe gravi conseguenze per Israele, poiché eliminerebbe l’ultima barriera nel nord della Siria che impedisce un corridoio terrestre, vale a dire una linea di rifornimento continua dall’Iran attraverso l’Iraq e la Siria, fino al Libano e ai porti sul mar Mediterraneo”.