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Evviva la Brexit modello Monty Python

Giuliano Ferrara

Ora è di moda denunciare la Brexit fatigue, la stanchezza e la noia, ma quando finirà, anche se non finirà mai, saremo tutti a lutto, noi che abbiamo visto il pythonesque da adolescenti cresciuti (ma poi, perché è arrivata così tardi?)

Negli anni Sessanta un gruppo di brits con un americano, Terry Gilliam, inventò con spunti da Alan Bennett e da Peter Sellers, maestri, una comicità sofisticata e surreale per gli sketch tv, mezza Oxford e mezza Cambridge (lì si erano formati): e fu il Monty Python Flying Circus e seguenti, con John Clees, Michael Palin, il compianto Graham Chapman, Terry Jones, Eric Idle. Si disse che erano i Beatles del comico, certo incantarono il mondo. Non avevano una battuta finale, spesso abbandonavano lo sketch dicendo perplessi: Ho scritto questo? e un episodio entrava sconclusionatamente nell’altro. Era un anticipo della Brexit, e pensare che il Regno Unito non era ancora “in”, e già sperimentava il linguaggio giusto per finire “out”. Ora è di moda denunciare la Brexit fatigue, la stanchezza e la noia, ma quando finirà, anche se non finirà mai, saremo tutti a lutto, noi che abbiamo visto il pythonesque da adolescenti cresciuti. Resterà sempre il fogliante magazine Eu-Porn, genialata degna dei Python, ma avremo un senso di nostalgia perenne.

 

  

Qui a Londra si discute se la fotocopia non firmata spedita da BoJo a Bruxelles con la richiesta di una proroga, e accompagnata da una lettera firmata con parere contrario (Ho scritto questo?), è childish, bambinesca, o ungracious, sconveniente, ma l’avvocato Pannick, all’origine dell’emendamento Letwin che l’ha resa necessaria nel supersabato, non pensa che sia unlawful, fuorilegge. Oliver Letwin, Sir Letwin, è definito lo stupido più intelligente di Westminster. Una volta due ladri si sono presentati a casa sua e hanno chiesto dov’era la toilette, lui li ha fatti accomodare, loro se ne sono andati con i gioielli e il suo portafoglio: so pythonesque. Lui dice che l’accordo di BoJo con Bruxelles è perfetto e che lo voterebbe cento volte di seguito, infatti l’ha fatto rinviare con un emendamento killer (Ho scritto questo?).

  

 

Il fatto è che Londra non è Parigi, dell’égalité e delle regole qui non sanno che farsene, le cose non sono giuste o ingiuste, basta che funzionino secondo l’uso tradizionale e risultino “fair” per il maggior numero, e dopo due ore e mezzo di treno sotto la Manche o il Channel uno si domanda come mai la Brexit sia arrivata, e non arrivata, così tardi. Probabilmente è un atto di autolesionismo, come ricorda ogni giorno Tony Blair. Il mercato unico lo hanno fatto gli inglesi con la Thatcher, uscirne ora per giocare la battaglia navale-commerciale del Wto, stile Singapore, sembra una martellata data dove non si dovrebbe mai. Anche se il capo di Citigroup, banchiere dei banchieri di nome Mr Livingstone (I presume), confida al Financial Times che non cambierà niente con o senza Brexit. Un conto è bloccare l’Europa unionista, cosa che alla Iron Lady riusciva facile, un conto è uscirne, conseguenza involontaria dell’imprudenza di un Cameron, assistito, come problem-solver! (python puro), indovinate da chi? da Sir Letwin.

 

 

L’ultimo sketch è l’alleanza d’acciaio Johnson-Macron: non fosse per i tedeschi, la proroga sarebbe già stata negata, e un deputato conservatore senza speranza cerca di convincere Orbán e i polacchi a mettere il veto. Macron vorrebbe staccare l’Unione dalla palla di piombo della Brexit, e conta su BoJo. Pare che ai Commons una maggioranza finalmente ci sia, infatti non la fanno votare, e Boris dovrà forse aspettare le elezioni politiche per fargliela pagare, in regime di proroga. Ora Boris sente il popolo, al quale si propone come nuova élite, lui che ha vinto due mandati a Londra, unreal city che è a sinistra radicale da sempre, come se una Meloni coltivata e fantasiosa fosse diventata sindaco di Testaccio (Ho votato questo?). E gli altri, i corbiniani semimarxisti, lavorano con gli unionisti nordirlandesi, che semimarxisti non sono né poco né punto, per bloccare un referendum di tre anni e mezzo fa vinto dai conservatori nelle aree popolari del regno, tra i lavoratori e i pensionati che non hanno mai visto un immigrato in vita loro. Non è tutto un interminabile sketch?

 

Non finirà tanto presto comunque. Dopo l’articolo 50, posto che si arrivi a farlo scattare, ci va un anno di trattative per l’accordo commerciale, e poi altri due anni in proroga visto che un anno non basterà, lo sanno tutti. E di nuovo ci sarà il tentativo di uscire con un no deal, secondo le regole del Wto, da parte dei duri, e un appello al People’s Vote, al Think Again, degli europeisti strenui. Intanto l’Irlanda del nord sarà in stato di magnetismo da parte dell’Irlanda repubblicana, e la Scozia ci proverà con un secondo referendum pro indipendenza, People’s Vote, di nuovo. Tutto è destinato a ripetersi, l’iterazione o tormentone è la prima regola della comicità britannica, nessuno vuole trasgredirla, almeno quella.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.