Allacciate le cinture
“Traballeremo”, dice il governo di Parigi. “L’autunno sociale” di scioperi e contestazioni (oltre i gilet gialli)
Parigi. “Ça va tanguer”, ha detto martedì il premier francese Édouard Philippe, guardando i deputati della République en marche (Lrem), tutti visibilmente preoccupati per l’autunno caldo che sta per iniziare. Traballeremo, c’è una burrasca all’orizzonte, forse più violenta dello scorso anno, ma dobbiamo restare uniti e “resistere” per non sbandare, ha aggiunto Philippe, profondamente segnato, da ex discepolo di Alain Juppé, dagli scioperi monstre del 1995, che costrinsero l’allora governo francese a rinunciare alla riforma delle pensioni. Sarà un “autunno sociale”, scrive Libération, il clima si sta surriscaldando come nel 2018, e non sono solo i gilet gialli a minacciare il presidente Macron di bloccare il paese – i gilet questo fine settimana festeggiano il loro primo anniversario con il 53esimo atto della protesta. Contro le riforme del governo, insorgono gli infermieri e i dipendenti amministrativi degli ospedali pubblici, che chiedono un piano di emergenza per garantire gli standard di qualità della sanità; gli studenti, che denunciano la “precarietà” ricordando il tentato suicidio di un ragazzo di Lione per problemi finanziari; i ferrovieri, pronti a uno sciopero illimitato a partire dal 5 dicembre per la riforma delle pensioni; ma anche gli agricoltori, eterni insoddisfatti delle politiche di Macron, i pompieri, i poliziotti e tutti quei lavoratori pubblici che si sentono dimenticati dallo stato centrale. “Ci fa molta paura il fatto di essere di fronte a persone con cui non si può parlare. Ci dicono: ‘Vi ascoltiamo, ma non abbiamo fiducia in voi’”, ha detto a Libération un membro del governo in forma anonima.
A Matignon, sede del primo ministro, ci si preoccupa soprattutto per la grève a oltranza che i sindacati di estrema sinistra della Sncf (le ferrovie francesi) e della Ratp (i trasporti parigini) hanno annunciato a partire dal prossimo 5 dicembre. “L’estrema sinistra è in calo dal punto di vista elettorale, ma continua a essere una grande forza di mobilitazione”, ha spiegato un consigliere di Philippe. Secondo Nicolas Beytout, direttore dell’Opinion, “il governo vive attualmente nel terrore di una deriva”, di un climax di violenza difficilmente arrestabile, che lo scorso anno si è verificato in due momenti: la prima volta quando i gilet si sono avvicinati in maniera inquietante all’Eliseo, la seconda in occasione del pericoloso inseguimento dell’ automobile del presidente da parte di alcuni manifestanti nel Puy-en-Valey. La paura, secondo alcuni fonti interne al governo, è diffusa non solo tra i ministri e la cerchia ristretta del capo dello stato, ma anche tra i funzionari e le forze dell’ordine, a partire dal prefetto di Parigi, Didier Lallement, chiamato a un compito non certo facile nei prossimi mesi. Ieri, all’Adnkronos, Christophe Chalençon, uno dei leader dei gilet gialli (a febbraio incontrò l’allora vicepremier pentastellato Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista scatenando una crisi diplomatica senza precedenti tra Parigi e Roma) ha detto che “sarà un weekend esplosivo”: “Il presidente e i media francesi ritengono che il movimento si stia ormai spegnendo. E’ vero che da quest’estate il movimento ha perso un po’ di slancio e che solo una minoranza è rimasta a protestare, ma c’era anche la necessità di tornare a lavorare. Il 16 e il 17 novembre, però, saranno giorni esplosivi. Io sarò a Parigi a manifestare”.
Martedì scorso hanno protestato gli studenti, giovedì i dipendenti della sanità pubblica, e nelle settimane che verranno toccherà alle altre categorie di scontenti. Per evitare la convergenza delle insurrezioni, l’esecutivo potrebbe essere costretto a “tirar fuori il libretto degli assegni”, sottolinea Libé, anche se questo comporterà varie inadempienze in materia di bilancio. E’ il giro di boa del quinquennio, e Macron sa di giocarsi tutto in questo autunno.