Il presidente americano Donald Trump assieme alla squadra di baseball Houston Astros alla Casa bianca, nel marzo del 2018 (foto di Joyce N. Boghosian, White house)

Anche la premiazione di una squadra di baseball diventa un referendum su Trump

I Nationals divisi tra trumpiani e liberal sono il sintomo di una guerra culturale in corso in America, dove tutto viene politicizzato

Questo articolo è stato pubblicato sul Foglio Internazionale: ogni lunedì, segnalazioni dalla stampa estera con punti di vista che nessun altro vi farà leggere a cura di Giulio Meotti


 

"Dopo 14 anni a Washington il giocatore di baseball Ryan Zimmerman si è guadagnato il soprannome di ‘Mr. National’, essendo il volto di spicco della squadra della città”, scrive David Nakamura sul Washington Post. “Ma lunedì scorso la sua pagina su Wikipedia è stata temporaneamente vandalizzata per appiccicargli un nuovo soprannome: Mr. Nationalist. Zimmerman è stato il bersaglio di un utente anonimo arrabbiato dalle parole di stima del giocatore per Donald Trump durante una cerimonia alla Casa Bianca lo stesso giorno, ma il compagno di squadra Kurt Suzuki ha avuto un trattamento persino peggiore. Bill Palmer, un analista politico di tendenza liberal, ha detto che il giocatore dovrebbe essere ‘bandito dal baseball’ per avere indossato un cappellino con lo slogan ‘Make America Great Again’, che Palmer considera ‘una forma di hate speech razzista e una minaccia implicita di violenza’. Norman Ornstein, un politologo all’American enterprise institute e critico di Trump, ha scritto su Twitter: ‘Amo Kurt Suzuki come giocatore. Però ha indossato un capellino con il MAGA alla Casa Bianca, quindi non tiferò più per lui’. Per i Nationals, il cui spirito da combattenti viene racchiuso nel motto ‘resta nella mischia’, la settimana successiva alla conquista del loro primo World Series ha dimostrato che, pur avendo terminato la lotta in campo, i giocatori sono entrati in una battaglia più grande sul terreno politico, una battaglia che non finirà entro breve. 

 

Lo scontro sulla politicizzazione della visita della squadra alla Casa Bianca è diventato l’ultimo segno delle guerre culturali che hanno definito la presidenza divisiva di Donald Trump. Il giocatore Sean Doolittle ha denunciato il presidente americano disertando l’evento, mentre i suoi compagni lo hanno sostenuto pubblicamente. I Nationals un tempo erano una squadra che, per usare le parole dell’allenatore Mike Rizzo, ‘univa una regione quando ce n’era bisogno’, ma oggi è diventata l’ultima vittima delle divisioni profonde della nazione. ‘Ogni aspetto della cultura è stato politicizzato’, ha detto Michael Kazin, uno storico liberal di Georgetown. Lo scorso anno Kazin aveva avvertito in un editoriale sul New York Times che le guerre culturali di oggi sono nate dagli stessi problemi affrontati negli anni Sessanta. Ha concluso che ‘l’America continuerà a essere una società piegata in due’ finché uno dei due schieramenti non conquisterà la vittoria definitiva. Ma Kazin è anche un tifoso dei Nationals e non ha seguito il suo stesso consiglio. Dopo la cerimonia di premiazione ha rimosso un pupazzo di Zimmerman dalla porta di casa. ‘Non ne vado più fiero’, ha detto il settantunenne Kazin che nel 1968 è stato arrestato in seguito alle proteste per la nomina di Hubert Humphrey, che sosteneva la guerra in Vietnam, come candidato dei democratici alle elezioni.

 

Ciò che hanno scoperto i Nationals, come molti prima di loro, è che non può più esserci un evento apolitico nell’era di Trump, dove anche le photo opportunity alla Casa Bianca sono diventate un referendum sui valori di chi sostiene il presidente o lo ripudia. Il rifiuto di Doolittle poche ore dopo l’annuncio della visita dalla Casa Bianca è stato il primo segno che la squadra non sarebbe sfuggita alla tempesta politica che ha già coinvolto altri divi dello sport a causa dei loro rapporti con Trump. ‘Non voglio girare con uno che parla in quel modo’, ha detto Doolittle a proposito del presidente, indicando la sua retorica e le politiche sull’immigrazione e sui diritti Lgbt come giustificazione per la sua assenza. Anche altri compagni di squadra non hanno preso parte alla cerimonia. Doolittle è stato lodato come un eroe dai detrattori di Trump, mentre i sostenitori lo hanno accusato di non essere patriottico. ‘Non ho mai ammirato Clinton, non ho mai votato per lui’, ha scritto su Twitter Kristy Swanson, un’attrice di cinema e fan di Trump: ‘Quando sono stata invitata alla Casa Bianca nel 1999, ci sono andata perché sono un’americana che ama Dio’. Anche Aubrey Huff, ex giocatore di baseball e sostenitore del presidente, ha contestato la scelta di Doolittle ricordando di avere partecipato a una cerimonia alla Casa Bianca con Obama nel 2010 e 2012. ‘Non ho votato per Obama ma l’ho rispettato come presidente e nei suoi anni ho sperato che il paese andasse il meglio possibile’.

 

Huff si è lamentato che le sue vedute conservatrici lo rendono una specie rara a San Francisco, un bastione progressista, e ha difeso Zimmerman e Suzuki su Twitter dalle accuse dei liberal. Alcune squadre tra cui i Golden State Warriors e la nazionale femminile di calcio hanno pubblicamente condannato Trump mentre altri, tra cui i Boston Red Sox, si sono divisi lungo linee razziali con alcuni giocatori di colore che hanno disertato le visite alla Casa Bianca. Trump è stato contento per la presenza dei Nationals alla cerimonia, e il suo staff ha twittato i video dei momenti chiave. Donald Trump Jr., che sta reclamizzando un nuovo libro intitolato ‘Triggered: How the left thrives on hate and wants to silence us’, ha etichettato ‘favolose’ le lodi di Zimmerman al presidente. Andrew Pollock, un attivista a favore della liberalizzazione del porto d’armi, ha complimentato Suzuki su Twitter ‘per non essersi tirato indietro dinanzi ai bulli comunisti e per aver mostrato un po’ di amore verso il nostro presidente’. Tuttavia, secondo il politologo Ornstein, l’esuberanza di Suzuki è stata un affronto ai compagni di squadra che si erano tirati indietro dall’evento a causa dei timori riguardo a un presidente ‘che sta per subire la procedura di impeachment’. ‘Ciò che mi ha deluso’, ha detto, ‘è stato aver trasformato la celebrazione per la vittoria della squadra in quella che, per alcuni giocatori, è stata la celebrazione di Trump”.  (Traduzione di Gregorio Sorgi) 

 

Questo articolo è stato pubblicato il 5 novembre sul Washington Post

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