Manifestanti a Hong Kong (foto LaPresse)

La libertà e la democrazia hanno un futuro in Cina? Due opinioni divergenti

Il libraio Wing-kee e l'artista Guo, entrambi arrestati ad esiliati dal regime, parlano del futuro del loro paese (e di Hong Kong)

Questo articolo è stato pubblicato sul Foglio Internazionale: ogni lunedì, segnalazioni dalla stampa estera con punti di vista che nessun altro vi farà leggere a cura di Giulio Meotti


 

"Il libraio di Hong Kong Lam Wing-kee – scrive Jillian Kay Melchior – stava andando a fare visita alla propria ragazza quando la polizia cinese lo arrestò al confine. Gli ufficiali gli confiscarono i suoi averi e lo trascinarono dentro un camioncino. In seguito, la visione di una faccia conosciuta alla stazione di polizia di Shenzhen lo inondò di sollievo. Ma ciò che successe dopo lo terrorizzò”. Questo fatto risale al 2015, ma già prima il signor Lam era stato intercettato dalla polizia cinese. Lo avevano arrestato nel 2012 per contrabbando di libri, ma lo avevano lasciato andare purché ponesse fine alla sua attività. In quell’occasione Lam conobbe un simpatico e giovane poliziotto. Tre anni dopo osservava quello stesso agente sbattere il pugno sul tavolo e urlare: “Sei un antigovernativo!”. Quello fu solo l’inizio del travaglio. Alla domanda sul perché avesse portato con sé alcuni libri, Lam rispose: “Per fare soldi”. Poi aggiunse: “Amo leggere…”. Lam si è appassionato alla lettura da giovane grazie ai romanzi di Jack London e Ernest Hemingway. Così nel 1994 aprì un negozio di libri situato nella turistica Causeway Bay, una posizione tattica che attirava sia i turisti cinesi che i cittadini di Hong Kong. I lettori cinesi amavano soprattutto storie di scandali legati ai leader del Partito comunista. “Tutti sanno che quei libri sono falsi. Io li lasciavo leggere, e di volta in volta accompagnavo i lettori verso letture più serie e impegnate”, spiegò il signor Lam alla polizia.

 

Alcuni clienti del libraio desideravano continuare a leggere i suoi libri anche quando non erano in vacanza. Per questo motivo Lam divenne un contrabbandiere, ma dopo l’avvertimento della polizia nel 2012 smise di recarsi di persona oltreconfine per vendere i libri e iniziò a spedirli. La ragazza di Lam viveva a Shenzhen, e fu mentre si recava da lei, il 24 ottobre 2015, che venne arrestato. Dopo essere stato interrogato nella stazione di polizia di Shenzhen, fu rinchiuso in una prigione a Ningbo, a centinaia di chilometri da casa. Dormiva in una cella costantemente illuminata per impedirgli di dormire. Dopo un mese di pressanti interrogatori, la polizia riuscì a registrare una confessione in cui Lam si dichiarava colpevole.

 

Convinti che l’esperienza in carcere avrebbe placato la sua vena ribelle, gli permisero di tornare a Hong Kong. Ma Lam non si lasciò intimorire dai controlli delle forze dell’ordine e organizzò una conferenza stampa in cui raccontò al mondo i suoi otto mesi di detenzione. Temendo per la sua incolumità, il signor Lam si trasferì a Tapei dopo l’introduzione del disegno di legge sull’estradizione che ha innescato l’attuale crisi a Hong Kong. Il libraio ha in seguito affermato che avrebbe contrabbandato libri anche se fosse stato a conoscenza del suo destino: “Se tutti lo facessero ci sarebbe una speranza”. Se combatti per un mondo più libero, la polizia cinese ti rinchiuderà in prigione. Per questo motivo il signor Lam prevede che la Cina rimarrà “un paese chiuso su se stesso, senza libertà e diritti umani”.

 

“Daxiong Guo, 43 anni, ha una visione più ottimista”, continua Melchior. “Lui, un disegnatore di fumetti nato in Cina, ha immortalato i momenti più iconici delle proteste a Hong Kong. In passato è stato contrabbandiere come il signor Lam; è stato anche in carcere per questo. Ma la sue previsioni sul futuro della Cina sono opposte a quelle del libraio di Hong Kong: ‘Posso vedere il futuro – dice – sarà magnifico’”. Guo è nato nella provincia settentrionale di Jilin. Fin da piccolo fu indottrinato dal Partito comunista, ma solo quando a vent’anni iniziò a lavorare per un giornale governativo si accorse di quanto il partito mistificasse la realtà. Nell’aprile del 1999 Guo soccorse un anziano che la polizia stava malmenando durante una manifestazione pacifica organizzata a Pechino da migliaia di praticanti del Falun Gong. Fu arrestato e passò qualche giorno in prigione finché il suo editore riuscì a farlo uscire. Ma a quel punto la sua carriera poteva dirsi chiusa. A corto di soldi, Guo iniziò a disegnare gli schizzi per la sua opera “Chinese ghost stories”, che vincerà un concorso nel 2000. Di lavoro in lavoro, la sua popolarità crebbe al di fuori della Cina, e nel 2005 divenne il primo fumettista cinese a vincere un premio al prestigioso Angoulême International Comics Festival in Francia. 

 

Col passare degli anni la sua arte divenne sempre più sediziosa e polemica. Guo ha illustrato il libro “Nine commentaries on the Communist party”, nel quale ha denunciato la propaganda, le persecuzioni e i massacri messi in atto dal governo cinese per oltre mezzo secolo. Ricercato dalle autorità per lungo tempo, venne arrestato nel 2008. La polizia lo rinchiuse in una cella molto piccola, privandolo del sonno. Dopo tre mesi pagò la cauzione e uscì di prigione, ma il suo conto in banca fu congelato e lui venne tenuto a stretta sorveglianza. Così scappò a Hong Kong, mentre ora vive tra New York e Toronto. “Diversamente da Lam, il signor Guo ritiene che la cultura tradizionale cinese sia compatibile col rispetto dei diritti umani”, scrive Melchior. L’occidente ci ha messo secoli per sviluppare i precetti della democrazia. “Affinché la Cina faccia lo stesso, è necessaria una rinascita culturale”, afferma Guo. Solo attraverso l’arte le cose possono essere cambiate. Le opere del fumettista cinese rappresentano i coraggiosi manifestanti di Hong Kong che manifestano per la libertà della nazione, non del governo. Il messaggio che Guo vuole tramettere è che “non importa quanto tu sia forte, quanto tu sia ricco: se non hai paura di difendere la giustizia, sei un eroe”.

 

I manifestanti di Hong Kong spesso mostrano manifesti con le sue opere d’arte. Credono in questo modo di convincere i cittadini cinesi a superare il loro scetticismo nei confronti delle proteste. “Se tu mostri ai cinesi, attraverso l’arte, cosa il governo cinese sta facendo a Hong Kong, puoi cambiare il loro pensiero”, dice Guo. E aggiunge: “L’arte è un dono che Dio ci ha donato per risolvere i problemi compassionevolmente”. Almeno su questo, lui e il signor Lam dovrebbero andare d’accordo. (Traduzione di Samuele Maccolini) 

 

Questo articolo è stato pubblicato l'8 novembre sul Wall Street Journal

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