Margaret Thatcher (foto LaPresse)

“40 anni di thatcherismo”

Paola Peduzzi

Com’è che la sinistra (tutta) non riesce a smarcarsi dallo scontro Corbyn-Blair? Un’idea per questi anni Venti, presto

Milano. “Dieci anni fa in questo momento stavo studiando per le verifiche a scuola, ero una teenager e non mi sognavo nemmeno che oggi sarei stata qui – ha detto due giorni fa Zarah Sultana, neoparlamentare laburista inglese di 26 anni, durante il suo “maiden speech”, il primo intervento nell’aula di Westminster – Tra dieci anni, all’inizio della prossima decade, voglio guardare i teenager negli occhi e dire loro con orgoglio: la mia generazione ha affrontato 40 anni di thatcherismo, e vi ha posto fine. La mia generazione ha affrontato un razzismo crescente, e lo ha sconfitto. Abbiamo affrontato un pianeta in pericolo, e lo abbiamo salvato. Avremo il nostro bel daffare, ma possiamo farcela”.

 

 

Le parole della Sultana sono rimbombate come una campana a morto nel mondo laburista già poco vivo: 40 anni di thatcherismo vuol dire che nel conteggio non c’è soltanto la Thatcher, c’è anche Tony Blair, quindi il Labour, quindi la stagione riformista del Labour, nonché l’ultima di successo. E infatti, poco dopo, è ricominciato il dibattito che va avanti ormai da anni, nel Regno Unito ma anche qui da noi e in gran parte delle sinistre europee (o quel che ne rimane): oggi la sinistra perde perché si è concessa al riformismo centrista, per tornare a vincere bisogna cancellare quella stagione, sotterrarla, dimenticarla, riprendere il discorso dove lo si era lasciato, negli anni Settanta. Il Labour inglese armeggia con la zappa per la sepoltura da parecchio tempo, eppure ha racimolato quattro sconfitte di fila, ma non demorde. Alternanza fisiologica dopo il regno blairiano? E com’è che oggi ha la maggioranza – granitica – un premier thatcheriano? Nessuno risponde, meglio continuare con la “riflessione” e con il tic antiblairiano. La Sultana, che durante la campagna elettorale era stata ripresa perché qualche anno prima si era augurata di “festeggiare la morte” di Blair (anche di Bush e Netanyahu, oggi twitta #NoWarWithIran), è stata applaudita da molti corbyniani, anche per il passaggio in cui dice: “Mi batto per il New Green Deal per sfuggire al capitalismo disastroso e costruire il socialismo”. Congratulazioni pubbliche dal cancelliere dello Scacchiere ombra, John McDonnell (“sfida il sistema”), fino a quelle di Rebecca Long-Bailey, candidata alla leadership del Labour dei corbyniani, “orgogliosa” di essere sostenuta nella sua corsa da una giovane parlamentare tanto brillante. Mentre “thatcherism” diventava topictrend su Twitter, esperti ed esponenti moderati spiegavano le differenze tra il New Labour e i Tory della Thatcher, tra la socialdemocrazia liberale e il liberismo, e così ancora una volta, l’ennesima, il dibattito sul futuro della sinistra è diventato uno scontro tra tifoserie, blairiani di qui e corbyniani di là. Chi alza gli occhi al cielo, come le candidate moderate alla leadership del Labour, Lisa Nandy e Jess Phillips, ma anche un po’ uno dei frontrunner, Keir Starmer, che si colloca nel mezzo della disputa e come riferimento semmai ha uno come Neil Kinnock (che guidò l’opposizione laburista alla Thatcher e perse per la quarta volta di fila nel 1992 quando tutti si aspettavano un pareggio).

 

  

Le primarie del Labour sono lo specchio in cui si riflettono le sinistre occidentali, con gli occhi al passato invece che al futuro. La Long-Bailey è risultata avanti in un sondaggio tra gli iscritti al Labour e ha ottenuto l’endorsement del movimento di attivisti Momentum – che ha fatto un sondaggio interno tra i suoi 40 mila membri mettendo come unica scelta la Long-Bailey – che annunciando la scelta di un candidato contro l’establishment politico ha pubblicato un discorso antithatcheriano della Long-Bailey. Il corbynismo insomma si confermerebbe. L’altro contendente è Starmer, che gioca sulla continuità con Corbyn contando poi di allontanarsene un po’. Il centrismo campa di necrologi: l’ultimo, lunghissimo, è sulla copertina del magazine NewStatesman, che pure non è corbyniano, ma che condanna “la miserabile incompetenza della classe centrista britannica” e “l’autoimmolazione” dei blairiani. I quali sono gli unici a ripetere: per vincere si deve partire dal centro, ma riesumare le politiche del New Labour adesso sarebbe un errore, fatevi venire delle idee per questi anni Venti. La prima è quasi un suggerimento da posta del cuore: non frignate, non continuate a dire che la colpa è di qualcun altro, gli elettori come gli amanti preferiscono sentirsi raccontare una storia di speranza per il futuro, che ascoltare un’altra analisi su un fallimento. 

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi