Il futuro è un “percorso”, ci dice Sassoli, per sbloccare l'Ue
Il presidente del Parlamento europeo ci spiega come si ricostruisce una democrazia “che decida e che non venga bloccata a ogni curva”
Strasburgo. Che ci azzeccano la Conferenza di Berlino sulla Libia e la Conferenza sul futuro dell’Europa? Apparentemente non c’è niente in comune tra l’appuntamento di domani nella capitale tedesca e il nuovo organismo sulle riforme nell’Ue che dovrebbe essere lanciato il 9 maggio prossimo. Eppure un nesso c’è. Ursula von der Leyen, che vuole guidare una Commissione “geopolitica”, sarà a Berlino con il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e l’Alto rappresentante, Josep Borrell. Questa presenza massiccia non è simbolica: il timore di vedersi cacciare dalla Libia e dalle sue risorse naturali è reale, così come di trovarsi basi militari di Russia e Turchia sull’altra sponda del Mediterraneo centrale. In caso di successo a Berlino, in Libia “dobbiamo essere pronti a utilizzare ogni strumento a nostra disposizione, sia civile sia militare, sotto l’egida dell’Onu, per il monitoraggio del cessate il fuoco e per il rispetto da parte di tutti dell’embargo sulle armi”, dice il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli. Ma appena si parla di missione militare Ue emerge un gruppo di stati membri che non ci sta. Succede ormai in tutti i settori: dai migranti con la riforma di Dublino alla tassazione del digitale, passando per il bilancio pluriennale dell’Ue. Il prezzo dell’incapacità di agire è perdere i cittadini e, dunque, perdere l’Ue. “Abbiamo bisogno di mettere a posto molti meccanismi della governance democratica europea”, spiega al Foglio Sassoli: “Abbiamo bisogno di una democrazia che decida e che non venga bloccata a ogni curva”. La Conferenza sul futuro dell’Europa è chiamata a esprimere “un paradigma nuovo: l’Europa si costruisce perfezionando le regole di funzionamento, ma anche e soprattutto con le politiche dimostrando ai cittadini che l’Europa è utile per la loro vita”, dice Sassoli.
La Conferenza sul futuro dell’Europa è un’idea di Emmanuel Macron, sui cui il Pe ha scelto di scommettere. Questa settimana ha approvato una risoluzione che ne delinea i contorni. Dentro alla Conferenza ci saranno deputati e commissari europei, ministri e parlamentari nazionali, affiancati dai cittadini nell’inedita formula delle “agorà” per discutere dal basso verso l’alto. Occorre rimettere mano ad alcuni aspetti istituzionali tradizionalmente cari ai federalisti: gli Spitzenkandidaten per eleggere il presidente della Commissione, le liste transnanzionali, il diritto di iniziativa. Ma c’è molto di più. “La democrazia deve consentire ai cittadini di considerarla come una forma utile alla loro vita e spesso invece si inceppa per meccanismi non trasparenti”, spiega Sassoli.
La riforma di Dublino è bloccata dalla volontà degli stati di procedere per consenso, la politica estera è paralizzata dalla regola dell’unanimità, un veto può compromettere il bilancio pluriennale dell’Ue. “A dicembre il Consiglio europeo ha parlato del pacchetto di adesione dei paesi dei Balcani, che aveva ottenuto il consenso di Parlamento, Commissione e 25 governi, ma si è fermato per la decisione di tre stati membri”, ricorda Sassoli: “Questo non consente alla democrazia europea di essere riconosciuta e di essere salvaguardata”. Ecco perché la Conferenza non deve essere “un gruppo di studio” o “un momento”, ma “un percorso per arrivare nel 2022 a una serie di proposte che rimettano ordine a cose che non producono effetti positivi”. Senza tabù, ma anche senza soluzioni “predeterminate”. “Sarebbe un errore parlare di revisione dei trattati o di nuova convenzione. Se si parte così, si raccoglieranno più no che sì”, avverte Sassoli. Il pericolo è che da subito si mettano di traverso gli stessi che bloccano un esercito europeo in Libia anche in caso di successo alla Conferenza di Berlino.