La fretta di Putin di allontanarsi da Berlino e il fallimento sulla Libia
Il capo del Cremlino ha lasciato la Conferenza per primo e ha dimostrato che la Russia con Serraj e Haftar non può granché
Roma. Berlino domenica era blindata e nervosa, fosse stata organizzata a Mosca la Conferenza sulla Libia la città non si sarebbe accorta probabilmente di nulla, osserva il giornalista Andrei Koleshnikov in un articolo sul quotidiano russo Kommersant. In mezzo a tanta preparazione, Vladimir Putin si muoveva tra i leader un po’ distratto, attento quasi più ai bilaterali che alla riuscita della Conferenza, si è abbandonato a dichiarazioni moderate sull'importanza di essere a Berlino con la cancelliera Angela Merkel e sul valore di risolvere tutti insieme un conflitto che preoccupa non soltanto l’Europa. Difficile fidarsi degli impegni e delle promesse del capo del Cremlino – alcuni analisti hanno fatto notare che mentre era a negoziare un cessate il fuoco in Libia i separatisti filorussi nel Donbass stavano violando la tregua discussa a Parigi e uccidevano con armi russe un soldato ucraino – ma al tavolo libico era importante ci fosse anche Putin, che ha cercato in ogni modo di ottenere un successo diplomatico che non c’è stato. Ieri è uscita la notizia che Haftar e Serraj non hanno firmato l’accordo per il cessate fuoco. Una fonte diplomatica di Mosca ha riferito all’agenzia Agi che il generale libico ha lasciato Berlino senza firmare e si sarebbe anche comportato in modo strano con i russi: ha spento il telefono e se ne è andato senza avvertire nessuno. E’ la seconda volta che i russi non riescono a ottenere dal generale libico una tregua. La prima volta una settimana fa, quando il Cremlino aveva convocato sia Fayez al Serraj sia Khalifa Haftar. I due leader libici non si erano voluti incontrare, erano rimasti nello stesso edificio, lasciando che i funzionari russi e turchi facessero la spola tra i due. Il ministro degli esteri russo Lavrov alla fine era stremato. Haftar, anche piccato per non essere stato ricevuto al Cremlino, se ne era andato, lasciando i mediatori con la bozza della tregua tra le mani e Vladimir Putin senza il successo diplomatico sperato e annunciato con eccessiva sicurezza. La sconfitta pesa molto sulla Russia, soprattutto perché Sergei Lavrov domenica aveva svelato che se sia Haftar sia Serraj si trovavano a Berlino il merito non poteva che essere di Mosca: “E’ stato grazie alla nostra insistenza”, ha detto il ministro degli Esteri specificando che le cinque ore di Conferenza sono state precedute da quattro mesi di sforzi diplomatici.
Sarà stato per non ritrovarsi di nuovo protagonista di un fallimento che domenica a Berlino Putin ha cercato di concentrarsi molto sui bilaterali. Ha avuto il suo primo incontro con il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, i due hanno parlato di un possibile accordo a tre che permetta di pacificare le regione orientali dell’Ucraina, un accordo che comprenda Bruxelles, Kiev e Mosca. Poi l’incontro con Boris Johnson, durante il quale il primo ministro britannico ha detto che Londra non si è dimenticata di Salisbury, dove l’ex spia Sergei Skripal e sua figlia sono stati avvelenati con un agente nervino, il Novichok. Johnson ha detto che non ci sarà nessun cambiamento rispetto alla linea tenuta da Theresa May nei riguardi del Cremlino, “i nostri rapporti non possono essere normalizzati”. Non saremo mai amici.
Il tuffo berlinese di Putin si è concluso in fretta, è stato il primo a lasciare la Conferenza e la capitale. Tanta era l’urgenza di allontanarsi da un nulla di fatto. Tra la distrazione, il presidente russo ha anche fatto tardi alla foto di gruppo. I leader erano tutti in posa, c’era un posto vuoto in prima fila. “Di chi è?”, domandano alla Merkel. “Di Vladimir Vladimirovich”, risponde lei. Cercano Putin, Macron, in piedi di fianco alla cancelliera e al centro della scena, lo vede in lontananza e gli fa cenno di avvicinarsi. Con Putin c’era anche un altro ritardatario, il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte che come il presidente russo ha alle sue spalle l’incontro fallito tra Haftar e Serraj.