Nelle ultime ore cinque unità navali della Marina militare turca si sono avvicinate alle coste libiche: alcune hanno scortato almeno una nave cargo che era diretta al porto di Tripoli, mentre un’altra ha salvato 30 migranti che si trovavano su un barcone. Una volta recuperati i naufraghi, i militari turchi hanno offerto loro cure mediche ma subito dopo li hanno ricondotti in Libia e li hanno affidati alla cosiddetta "Guardia costiera libica", violando così le convenzioni internazionali del diritto del mare, dato che Tripoli è considerata dall’Onu un porto non sicuro. A confermare quanto accaduto al largo della Libia c'è anche Moonbird, l'aereo dell'ong SeaWatch che pattugliava la zona. "La Turchia, paese membro della Nato, firmatario della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e della Convenzione di Ginevra, si è resa complice di una ennesima grave violazione dei diritti dell'uomo. Un rifugiato, secondo il principio di non-refoulment, non può infatti essere deportato, espulso o trasferito verso territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate", ha commentato l'ong in un comunicato.
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